La surrogazione dell'assicuratore (sociale o privato) che abbia erogato prestazioni al danneggiato

L'assicuratore sociale può esercitare la surrogazione quando dimostri che la vittima abbia effettivamente subito un danno civilistico consistito nella perdita della capacità lavorativa 

a cura dello Studio Legale Associato THMR

La pronuncia n. 29787 del 26 ottobre 2023 affronta in modo chiaro e lineare la tematica della surrogazione dell’assicuratore (sociale o privato) che abbia erogato prestazioni al danneggiato. La fattispecie concerne l’azione surrogatoria esperita dall’INPS nei confronti del responsabile civile e del suo assicuratore per la RCA per la refusione delle somme versate alla vittima.

La domanda, la cui fondatezza venne contestata dall’assicuratore per la RCA per mancanza dei presupposti della surrogazione, venne accolta sia in primo, che in secondo grado. A detta della Corte d’Appello l’INPS doveva infatti solamente dare prova del pagamento dell’indennizzo alla vittima e della manifestazione di volersi surrogare nei confronti del responsabile civile. Ricorre dunque in Cassazione l’assicuratore RCA del responsabile civile lamentando che era onere dell'assicuratore sociale dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che avevano legittimato l'erogazione dell'indennizzo all’assistito, ovvero nel caso di specie, la sussistenza di un’effettiva riduzione della capacità lavorativa della vittima, da accertare con gli ordinari criteri civilistici.

La Suprema Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso ha l’occasione di ripercorrere i presupposti della azione surrogatoria dell’assicuratore sociale. Richiamati i presupposti della surrogazione (ovvero un’azione che è una species del generale istituto previsto dall’art. 1203 c.c. che può essere esercitata dall’assicuratore che abbia effettivamente un diritto di credito nei confronti del terzo responsabile e al quale saranno opponibili tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al danneggiato), la Corte precisa come detta azione incontri due limiti: uno qualitativo e uno quantitativo.

Limite qualitativo: trattasi della tipologia di danno indennizzato. Se l’assicuratore per legge ha dovuto indennizzare pregiudizi che la legislazione di settore presume esistenti juris et de jure, ma che in realtà l’assicurato non ha sofferto, nessuna surrogazione potrà essere esercitata.

Limite quantitativo: trattasi di un limite duplice secondo il quale l’assicuratore non potrà mai pretendere: a) somme eccedenti il danno effettivamente causato dal responsabile, stimato con i criteri del diritto civile; b) somme eccedenti gli importi effettivamente versati all’assicurato.

Nel caso di specie l’INPS erogò un assegno che andava a indennizzare il pregiudizio consistente nella riduzione della capacità di svolgere un “lavoro confacente alle proprie attitudini”, dunque, un pregiudizio patrimoniale da lucro cessante.

Ma, rileva la Suprema Corte, il suo accertamento avviene con criteri diversi da quelli dei danni civili.

Invero nel diritto civile il danno da perdita della capacità di lavoro si liquida capitalizzando l’aliquota di reddito perduto dalla vittima, o che presumibilmente perderà in futuro, secondo un giudizio largamente equitativo (art. 2056 c.c.), mentre l’assegno ordinario di invalidità è liquidato con i medesimi criteri  stabiliti dalla legge per il calcolo della pensione di invalidità o vecchiaia per i lavoratori e dunque tenendo conto, quanto al reddito da porre a base del calcolo, ai contributi versati dall’assicurato e quanto alla percentuale di riduzione della capacità di lavoro, a una tabella delle menomazioni stabilita da una fonte normativa.

Sussistono quindi delle differenze sostanziali poste alla base del ristoro del pregiudizio patrimoniale in ambito previdenziale e civilistico puro. In particolare:

a. il danno civilistico deve essere accertato in concreto, mentre la legislazione previdenziale presume juris et de jure che in presenza delle menomazioni previste dalla tabella esista sempre e comunque una riduzione del reddito;

b. il danno civilistico prescinde dalle contribuzioni del danneggiato e spetta anche a chi non ha un reddito in atto (l’assegno ordinario di invalidità è erogato solo ai lavoratori e dipende dall’entità dei contributi versati);

c. il danno civilistico da riduzione della capacità di guadagno non si misura in punti percentuali, ma si liquida in base all’entità del reddito (reale, presunto o figurativo) perduto dalla vittima (l’assegno ordinario di invalidità invece si liquida in base alla percentuale prevista dalla tabella sopra ricordata).

Pertanto, nel caso di specie,  l’INPS doveva dimostrare che: 

a. l'assicurato aveva subito un danno della medesima natura di quello indennizzato dall’assicuratore;

b. la stima di tale danno, compiuta con le regole del diritto civile, era pari o superiore all’indennizzo pagato all’assicurato.

Non avendo assolto a tale onere la pronuncia è stata cassata con rimessione alla Corte di merito per l’applicazione dei sopra esposti principi.

Avv. Mauro De Filippis, Studio Legale THMR

29/4/2024
 

 
 
 

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