Dall'inflazione alla crisi energetica, l'anno che voleva essere ma non è stato

L'anno della ripresa dal biennio pandemico si è trasformato in una lunga serie di sfide per gli investitori: guerra in Ucraina, crisi energetica e difficile riperimento delle materie prime hanno comportato livelli inflattivi a doppia cifra e il deciso intervento da parte delle Banche Centrali sul fronte dei tassi di interesse

Lorenzo Vaiani

Il 2022 è iniziato con l’auspicio generale della definitiva ripresa e superamento del biennio pandemico. In realtà, nel giro di poche settimane hanno iniziato a prospettarsi scenari sempre più foschi, mentre all’orizzonte si cominciava a intravedere quella che poi si è rivelata essere una tempesta perfetta. 

Proviamo dunque ad analizzare l’anno che sta per volgere al termine ripercorrendo alcuni dei passaggi chiave che lo hanno caratterizzato e tenendo sullo sfondo l’andamento degli indici globali azionario e obbligazionario. 

Il 2022 - come mostra la figura 1 che riporta l’andamento delle due asset class nel corso dei primi 9 mesi dell’anno, fatto 100 i rispettivi valori al 31 dicembre 2021 - inizia con un leggera crescita sul lato azionario e una lieve flessione dell’obbligazionario, a cui però segue nella seconda metà del mese di gennaio una repentina caduta della prima asset class. In questa fase iniziale cominciano a mostrarsi i primi segnali inflattivi legati alla forte ripresa della domanda globale rispetto al “periodo COVID”; domanda a cui fatica a rispondere l’offerta, soprattutto per via delle restrizioni ancora presenti in gran parte dei Paesi asiatici, con conseguente rallentamento della supply chain a livello globale. Il mese di febbraio, nel corso del quale iniziano a mostrarsi sui mercati globali i primi segnali di volatilità e a cui si affianca la continua discesa di entrambi gli indici, è segnato dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina con l’invasione della prima ai danni della seconda. A marzo, da un lato si registra il primo rialzo dei tassi di interesse da parte della FED di 25 punti base e, dall’altro, la prima folata verso l’alto dei prezzi dell’energia legata al conflitto russo-ucraino e le prime diminuzioni nelle forniture energetiche. Sullo sfondo, rispetto all’andamento dei mercati globali, si osserva una forte ripresa della componente azionaria.

Facendo un balzo in avanti di due mesi si arriva a maggio 2022, mese nel quale la FED aumenta ulteriormente i tassi di interesse di altri 50 punti base e i BTP decennali salgono a un tasso di interesse del 3,1% dallo 0,64% di inizio anno. A cavallo di maggio e giugno sia sul lato bond che quello delle azioni si osserva una flebile ripresa che però sarà seguita, nella seconda metà del mese di giugno, da una rapida caduta per entrambe le asset class; infatti, nel corso di quel mese l’inflazione americana raggiunge il suo picco massimo superando il 9% e la FED decide di intervenire con un nuovo aumento dei tassi di 75 punti base. 

Figura 1 - Andamento delle asset class azionaria e obbligazionaria globali, fatto 100 il 31/12/2021

Figura 1 - Andamento delle asset class azionaria e obbligazionaria globali, fatto 100 il 31/12/2021

Fonte: Ambrosetti Asset Management SIM

Il mese di luglio inizia con l’annuncio da parte della BCE della fine del programma di acquisti di attività (PAA) e si conclude con le dimissioni del Governo Draghi e il primo rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale pari a 50 punti base. Tra luglio e agosto, come mostra la figura, sul fronte azionario si osserva un'importante ripresa, mentre sul lato obbligazionario la situazione rimane pressoché stabile oscillando tra gli 85 e i 90 punti. Con la fine dell’estate arriva anche un'importante caduta della curva bianca, e nello stesso periodo in Italia si rileva il livello più elevato dei prezzi dell’energia, che arrivano a superare i 500 euro per Mw/h nelle ore di punta. Salvo un isolato aumento sul lato azionario a metà del mese di settembre, è poi continuata la caduta verso il basso per entrambe le asset class in esame; caduta alla quale si sono accompagnati da una parte i progressivi aumenti dei tassi di interesse da parte della BCE (+75 punti base a settembre e nuovamente +75 a ottobre) e, dall’altra, il progressivo e costante incremento dell’inflazione a causa del perdurare degli elevati prezzi della componente energetica e dell’impossibilità lato offerta di far fronte alla domanda globale per via delle restrizioni ancora presenti nei Paesi dell’Asia, Cina in primis. 

Volendo sintetizzare, l’anno che volge al termine si è rivelato insomma assai lontano dagli auspici e dalle aspettative che lo avevano caratterizzato all’inizio. Una guerra da molti ritenuta non possibile e che invece si è materializzata nel cuore dell’Europa, un'offerta globale di beni che non riesce a far fronte alle richieste per via della scarsità di materie prime e dei continui lockdown che rallentano, se non addirittura bloccano, le varie catene di approvvigionamento. A ciò occorre aggiungere il prezzo dell’energia che in Europa, e nel nostro Paese in particolare, in alcuni momenti è persino decuplicato rispetto agli anni scorsi per via della totale dipendenza dalle forniture russe. Tutto questo ha spinto l’inflazione a livelli secondi solo a quanto registrato nel corso degli anni Settanta e che hanno portato le Banche Centrali occidentali ad aumentare in modo deciso e costante i tassi di interesse. 

Se il 2022 vorrà verosimilmente essere presto dimenticato, quello che si appresta a iniziare porta con sé scenari incerti dovuti alle criticità appena descritte. A guardia del 2023 pare dunque esserci il celebre mostro a tre teste della mitologia greca, il cerbero. La prima testa è identificabile con le tensioni geopolitiche e geoeconomiche, in atto non solo in Europa, e che hanno riportato la guerra nel Vecchio Continente dopo oltre 78 anni di pace; la seconda è l’aumento dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali, con una serie di incrementi che, con ogni probabilità, sono destinati a continuare. La terza è costituita dagli aumenti dei prezzi del gas, dell’energia elettrica e del petrolio con la decisione dello scorso ottobre da parte dell’OPEC+ di ridurre la produzione di greggio a livello mondiale di 2 milioni di barili al giorno, con conseguente ulteriore impennata dell'inflazione, la quale per fine anno dovrebbe superare il 12%. Uno scenario complicato cui occorre aggiungere le previsioni contenute all’interno della NADEF, che rivedono il PIL 2023 dal +2,6% previsto ad aprile 2022 al +0,6%: previsione che potrebbe ulteriormente ridursi al +0,1% in caso di completo stop delle forniture di gas provenienti dalla Russia.

  Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

12/12/2022

 
 

Ti potrebbe interessare anche