TFR al fondo pensione o in azienda? La variabile rivalutazione

Nel 2022 il Trattamento di Fine Rapporto si è rivalutato dell'8,3% mentre i fondi pensione hanno registrato rendimenti negativi: dati che hanno alimentato qualche dubbio sulla convenienza di destinare il TFR alla previdenza complementare. Ma ha davvero senso valutare la performance di strumenti con un orizzonte di lungo termine alla luce dei risultati di un singolo anno?

Michaela Camilleri

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla COVIP, nel 2022 i risultati dei fondi pensione hanno risentito del calo dei corsi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse nominali, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari. I rendimenti netti sono pertanto risultati negativi e pari, in media tra tutti i comparti, a -9,8% per i fondi negoziali, -10,7% per gli aperti e -11,5% per i PIP di ramo III. Fanno storia a sé le gestioni separate di ramo I che, contabilizzando le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, hanno registrato un risultato pari all’1,1%. La rivalutazione del TFR è ammontata invece all’8,3%.

Questi dati hanno alimentato da più parti i dubbi circa la convenienza di conferire il TFR al fondo pensione, ma la domanda da porsi è: giusto valutare l’andamento del fondo pensione (e di conseguenza la convenienza di aderirvi) dal risultato di un singolo anno?

La risposta è senza dubbio no. Posto che il rendimento finanziario non è l’unico aspetto da considerare nella scelta di conferire o meno il proprio TFR al fondo pensione, occorre valutare i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale. Nei dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2% per i fondi negoziali, al 2,5% per i fondi aperti, al 2,9% per i PIP di ramo III e al 2% per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4% annuo. Dunque, in una prospettiva di lungo periodo i risultati dei fondi pensione si confermano in linea con uno dei più importanti rendimenti obiettivo (oltre a inflazione e media quinquennale del PIL). Osservando poi la distribuzione dei rendimenti dei singoli comparti tra le diverse tipologie di fondi e le diverse linee di investimento, i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al TFR: il rendimento netto delle linee azionarie a 10 anni per i fondi negoziali è pari al 4,7%, per i fondi aperti al 4,9% e per i PIP al 4,7%.

Figura 1 – Rendimenti netti fondi pensione vs rivalutazione TFR

Figura 1 – Rendimenti netti fondi pensione vs rivalutazione TFR

Elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati COVIP aggiornati a dicembre 2022

Come viene rivalutato il TFR se scelgo di lasciarlo in azienda o se invece decido di destinarlo alla previdenza complementare?  Il TFR, se lasciato in azienda, viene rivalutato in misura prestabilita al tasso del 1,5% + il 75% del tasso di inflazione al dicembre dell’anno precedente. In questo primo caso, il Trattamento di Fine Rapporto beneficia pertanto di una forma di “remunerazione” garantita (l’1,5%) e da una variabile (il 75% dell’inflazione).

Aderendo alla previdenza complementare, il TFR conferito sarà invece rivalutato in base all’andamento dei mercati finanziari. Su un orizzonte temporale molto lungo (come l’intera carriera lavorativa se si decide di aderire fin da subito) si ha così la possibilità di partecipare al rialzo dei mercati finanziari e compensare eventuali ribassi registrati, proprio come è accaduto nel 2022. Vien da sé l’importanza di scegliere la linea di investimento più adeguata spostandosi verso comparti meno rischiosi all’avvicinarsi dell’età di pensionamento. 

Sulla base di questa semplice regola un giovane dovrebbe optare per un comparto di investimento che presenti un profilo di rischio più elevato, come quello azionario. Viceversa, un lavoratore che si avvicina alla quiescenza avrà l’esigenza di ridurre la propria esposizione al rischio per consolidare la propria posizione e non intaccare il capitale accumulato. 

 Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

21/2/2023

 
 

Ti potrebbe interessare anche