Per il sesto anno consecutivo un outlook anticipato delle previsioni economiche per il 2013.
Gestire i patrimoni che hanno fini previdenziali o erogativi, come nel caso delle Fondazioni di origine Bancaria, sta diventando sempre più difficile in un mercato dove il "risk free" pare scomparso. L'investimento classico in titoli di stato è divenuto rischioso al pari, quasi, delle obbligazioni corporate, mentre i titoli di debito emessi dagli istituti bancari (spesso la loro raccolta) subiscono oscillazioni dovute ai rischi "titoli di stato" che detengono in portafoglio, e rischi di credito. D'altra parte le autorità di Governo del nostro Paese non hanno previsto modalità di finanziamento di particolari titoli, veicoli, progetti infrastrutturali, cambiali finanziarie e altro che possano generare positive ricadute sul tessuto economico e produttivo italiano; nonostante che un flusso consistente di contributi derivi addirittura dal TFR (circolante interno alle aziende: la loro linfa economica vitale) spesso investito in aziende estere (Robin Hood alla rovescia). L'investimento azionario in Italia rappresenta meno del 2% dei patrimoni mentre con titoli di stato e obbligazioni si arriva a malapena al 30%!
Il patrimonio di questi investitori istituzionali ammonta ad oltre 180 miliardi (con una previsione di 200 miliardi per il 2014) e i flussi netti contributivi da investire ogni anno superano i 10 miliardi. Considerando anche le scadenze titoli, le somme da investire ammontano alla ragguardevole cifra di 18 miliardi. Investire 5 miliardi l'anno in occasioni di sviluppo per il paese (oltre 50 miliardi in 10 anni) quanto PIL potrebbe generare? Fondi Pensione Complementari, Enti e Casse di previdenza professionale e Fondazioni Bancarie si trovano quindi a dover investire ingenti flussi di denaro in una situazione di incertezza ma con stringenti vincoli di rendimento.
Quali strategie adottare nei prossimi anni per difendere i patrimoni destinati a prestazioni previdenziali e sociali?
Quali i mercati o le attività reali più promettenti e con minor rischio? Nel 2012 è proseguita la divaricazione tra mercati maturi e emergenti; la crescita di questi paesi è di per se positiva poiché riduce le disuguaglianze e la povertà nel mondo ma con quali modalità approcciare questi difficili mercati? Occorre anche considerare che questi cosiddetti "emergenti" son in gran parte già "emersi" e che comunque rappresentano, almeno in termini di popolazione, quasi 4 miliardi di individui sui 7 che popolano la nostra terra. Infine non si può non evidenziare l'ottimo rendimento sia dei bond sia dell'equity di questi Paesi.
E il mercato interno? Come investire per contribuire allo sviluppo del Paese mantenendo però i tassi di rendimento obiettivo per queste gestioni; infrastrutture, partecipazioni miste pubblico - privato, private equity, energie rinnovabili, nuove "cambiali finanziarie", titoli corporate, azioni? Perché non creare opportunità attrattive per mantenere in Italia una parte più consistente di queste risorse creando opportunità di investimento in "beni reali".
Come ridurre la volatilità degli investimenti in un mondo in cui i cambiamenti geopolitici ed economici verificatesi a seguito della più grande crisi di questi ultimi 20 anni, stanno cambiando le strategie di asset allocation? Cosa farà lo Stato per aiutare questi investitori istituzionali, tropo spesso trascurati, per stabilizzare i rendimenti e creare nuove opportunità di sviluppo per il Paese?