La riforma del reddito di cittadinanza: aspetti positivi, critiche infondate e problemi aperti
La recente riforma del reddito di cittadinanza rappresenta senza dubbio un passo in avanti nella direzione di focalizzare in modo più adeguato gli interventi in favore di cittadini e famiglie in difficoltà: se alcune delle critiche al provvedimento risultano infondate, altri nodi restano invece ancora da sciogliere...
Con l'approvazione da parte della Camera dei Deputati diventa legge la riforma del reddito di cittadinanza, che conferma nelle linee fondamentali il D.L. n.48 approvato dal Consiglio dei Ministri, basato su due nuove misure: 1) gli interventi finalizzati a sostenere il reddito delle persone e delle famiglie in condizioni di povertà assoluta con l'Assegno di Inclusione (ADI) per i nuclei che hanno in carico persone fragili; 2) l'indennità di Supporto alla Formazione e al Lavoro (SFL) per le persone in età tra i 18 ei 59 anni attivabili al lavoro. Entrambe destinate ai nuclei familiari con redditi ISEE inferiori ai 9.360 euro anno, di cui 6.000 euro derivanti da prestazioni lavorative.
Addio al reddito di cittadinanza: le nuove misure
L'ADI entrerà in vigore l'1 gennaio 2024 e prevede l'erogazione di un contributo al reddito delle famiglie povere con la presenza di persone disabili, con gravi problemi psico-fisici, anziani di età superiore ai 60 anni o con figli minori. L'integrazione viene calcolata sulla base di una scala di equivalenza che prevede un contributo di solidarietà per l'intero nucleo familiare (il parametro 1 equivalente a un massimo di 500 euro mensili) integrato da ulteriori maggiorazioni in relazione al numero e alle caratteristiche dei soggetti fragili citati in precedenza e di una persona per il lavoro di cura dei familiari disabili e figli minori. Fino a un incremento massimo di 2,3 volte il valore base (1.150 euro mensili). Viene previsto anche un contributo per le famiglie in affitto rapportato alla spesa sostenuta fino a un massimo di 3.360 euro anno. La durata del sostegno è prevista per 18 mesi, rinnovabili successivamente per 12 mesi, previa la sospensione di un mese della prestazione.
Le persone in età di lavoro appartenenti ai nuclei ADI possono accedere alla seconda misura definita Supporto per la Formazione e per il Lavoro (SFL) destinata a tutte le persone con età tra i 18 e i 59 anni, attivabili al lavoro inoltrando una specifica domanda all’INPS a partire dall'1 settembre 2023. Questa misura prevede l'erogazione di una indennità di 350 euro mensili, per un numero massimo di 12 mesi, condizionata alla partecipazione attiva a tutte le iniziative finalizzate all'inserimento lavorativo, formazione compresa, o a progetti di utilità collettiva e di servizio civile promossi da enti locali o da organismi del Terzo Settore. Per entrambe le misure sono previste delle condizionalità di partecipazione attiva ai programmi personalizzati di inclusione sociale predisposti dai servizi sociali comunali, o di inserimento lavorativo messi a punto dai servizi per l'impiego. Per i beneficiari del SFL è previsto l'obbligo della accettazione di tutte le offerte di lavoro contrattualmente regolari superiori a 1 mese, la possibilità di sospendere il sussidio e di riprenderlo successivamente se inferiori ai 6 mesi, e di cumulare il sostegno al reddito con importi salariali fino a 3.000 euro annui. La mancata partecipazione alle attività contenute nei progetti personalizzati, o il rifiuto delle proposte di lavoro, comportano la perdita del sostegno al reddito.
Le critiche infondate alla riforma
Al decreto in questione, a partire dalla prima stesura, sono state rivolte diverse contestazioni. La critica più importante riguarda il presunto abbandono dell'obiettivo primario, oggetto peraltro di una recente Raccomandazione del Consiglio Europeo, di garantire un reddito minimo alle persone e ai nuclei in condizioni di povertà assoluta (con redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale) abbandonando la strada intrapresa con il reddito di cittadinanza.
Sulla materia, l'approccio della Raccomandazione è sostanziale. Prende a riferimento il complesso delle misure di natura finanziaria rivolte a sostenere i redditi delle famiglie, le prestazioni e i servizi, comprese quelle in natura, rivolte a contrastare la povertà, le politiche attive rivolte a facilitare l'inserimento lavorativo. Consiglia di evitare un utilizzo eccessivo dei sussidi finanziari che possono scoraggiare la ricerca attiva del lavoro. L'attuazione di questi indirizzi nei Paesi europei è tutt'altro che uniforme. In nessun caso assume la formula del reddito minimo incondizionato. L'importo del sussidio italiano rispetto alla soglia di povertà risulta tra i più elevati (5° posto), ma il grado di copertura effettiva dei poveri stimati secondo le metodologie Eurostat/Istat rimane sotto la media europea.
La seconda critica si concentra sulla riduzione della spesa dedicata al sostegno delle famiglie povere. Ma la riduzione della platea dei percettori del reddito di cittadinanza e della spesa è in corso da due anni come conseguenza di più fattori: la massa di sostegni erogati dallo Stato verso le famiglie con bassi redditi per contenere gli effetti negativi della pandemia e della crescita dei prezzi energetici; l'introduzione dell'Assegno Unico Universale con una spesa pubblica aggiuntiva di 7 miliardi di euro per estendere la partecipazione alle famiglie fiscalmente incapienti, a quelle dei lavoratori autonomi e a una quota significativa di minori stranieri. Secondo l'Istat, il contributo offerto dall'AUU per ridurre il rischio di impoverimento e l'intensità della condizione di povertà dei nuclei familiari è risultato superiore a quello del reddito di cittadinanza. La spesa dedicata alle famiglie con redditi ISEE inferiori ai 15mila euro risulta aumentata rispetto a quella in essere alla data del varo del RdC (aprile 2019). L'attuale numero dei percettori, poco più di 1,26 milioni di nuclei e 2,7 milioni di persone, è equivalente a quello dei potenziali beneficiari stimati sul complesso delle due nuove misure.
I punti di forza dei nuovi provvedimenti
Non sono nemmeno fondate le critiche relative alla riduzione dell'importo medio per l'integrazione del reddito per via della sottrazione degli adulti tra i 18 e i 59 anni dalla scala di equivalenza e del coefficiente attribuito ai minori per il calcolo. Per ogni minore viene prevista una integrazione mensile fino a 75 euro. Sulla base delle stime effettuate dall'INPS, dovrebbero comportare un incremento dell'importo dell'integrazione mensile a parità di nuclei familiari con uno spostamento favorevole per le famiglie numerose.
Cifre che potrebbero essere incrementate dai membri del nucleo in età di lavoro che possono partecipare alla misura SFL e cumulare l'indennità di sostegno con gli introiti da prestazioni lavorative fino a 3000 euro annui. Il valore dell'indennità di sostegno SFL, 350 euro mensili, risulta superiore a quello della scala di equivalenza per gli adulti (0,40 pari a un massimo di 240 euro). L'accettazione delle offerte di lavoro inferiori ai 6 mesi consente di sospendere il sussidio e di ripristinarlo per il periodo rimanente nel caso di mancata conferma del rapporto di lavoro. Alcune delle criticità evidenziate dal Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza nel novembre 2021, e trascurate dall'esecutivo pro tempore trovano riscontro nella riforma. In particolare: l'esigenza di rivedere il meccanismo della scala di equivalenza eccessivamente sbilanciato a favore dei nuclei monocomposti, o composti da soli adulti, rispetto alle famiglie numerose; la richiesta di dimezzare il requisito dei 10 anni di residenza per allargare la partecipazione degli immigrati (che rappresentano ⅓ delle persone povere residenti in Italia); l'opportunità di rivedere le condizionalità vincolano i beneficiari all'accettazione di tutte le offerte di lavoro; la possibilità di cumulare entro certi limiti il sostegno pubblico con il salario.
La selezione dei beneficiari sulla base dei criteri di fragilità del nucleo riduce i margini per i comportamenti opportunistici sin dalla presentazione delle domande. Nell'insieme le due misure consentono di rafforzare le prestazioni assistenziali verso i nuclei che presentano fabbisogni di sostegno di medio-lungo periodo e di offrire la possibilità di fuoriuscire dalle condizioni di povertà per le persone attive.
Gli aspetti critici della riforma
La riforma rappresenta un passo in avanti nella direzione di focalizzare in modo più adeguato i fabbisogni di intervento, valorizzando anche il contributo già offerto dall'AUU, ma continua a mantenere in essere alcune criticità. Risulta poco accessibile per una quota significativa delle persone povere, per motivi che vanno dalla mancata conoscenza alla carenza di relazioni. Mentre, sul versante opposto, una buona parte dei beneficiari che non rientrano nelle stime dell'Istat accedono in modo abbondante alle prestazioni introdotte dalle amministrazioni centrali e locali. Una tendenza favorita da diversi fattori: le sotto-dichiarazioni dei redditi legata, in particolare alle prestazioni di lavoro sommerso; l’assenza di un monitoraggio efficace sui flussi di spesa e sugli esiti delle prestazioni. La sopravvivenza della pensione di cittadinanza, con livelli di reddito ISEE agevolati per la partecipazione e per il calcolo dell'integrazione del reddito, risulta incomprensibile. Dato che vengono già previste nel sistema previdenziale delle misure specifiche di integrazione alle rendite pensionistiche. L'attenzione esasperata sulla quantità dei sussidi finanziari destinati alle persone povere, o presunte tali, ha portato a trascurare la valutazione dell'efficacia del complesso delle misure finalizzate a recuperare le condizioni di svantaggio delle persone povere.
Per le politiche attive del lavoro il cambiamento di approccio - dalla condizione di poter rifiutare le offerte di lavoro a tempo indeterminato, senza pagare dazio, all'obbligo di accettare qualsiasi offerta sul territorio nazionale - risulta repentino. E comporterà problemi di gestione nella fase di transizione verso le nuove misure. Ma la domanda di lavoro, anche per i profili di bassa qualificazione risulta superiore all'offerta e con uno sforzo collettivo, che mobilita anche gli intermediari della domanda e offerta di lavoro, è possibile ottenere buoni risultati.
Natale Forlani, Componente Comitato Tecnico Scientifico Itinerari Previdenziali
3/7/2023