Giovani e risparmio: una questione di consapevolezza, educazione e responsabilità

I giovani italiani mostrano una certa attenzione nei confronti dei temi del risparmio ma, nel passaggio dalla teoria alla pratica, si scontrano con livelli di alfabetizzazione (purtroppo) non all'altezza delle loro ambizioni. Come migliorarne l'educazione finanziaria?

Mara Guarino e Melania Turconi

Malgrado le difficoltà derivanti da un quadro geopolitico e finanziario più che mai complesso, gli italiani continuano a registrare una forte propensione al risparmio. Una “vocazione parsimoniosa”, come l’ha ad esempio definita il Ministro Giorgetti in occasione della 99esima Giornata Mondiale del Risparmio promossa da Acri lo scorso ottobre, che indubbiamente contribuisce alla solidità del Paese anche in momenti di incertezza come quello attuale ma che, al contempo, è spesso (anche frettolosamente) considerata la spia di un certo ritardo culturale.

Risparmiatori eccellenti, gli italiani scontano infatti una cultura finanziaria e un’attitudine all’investimento non all’altezza delle risorse accumulate. Tanto che quello dell’alfabetizzazione finanziaria (e, per estensione, anche assicurativa e previdenziale) da avviare fin da giovanissimi, a cominciare dalle scuole, è un tema finito al centro dell’attenzione dei decisori politici anche in occasione della discussione sul cosiddetto DDL Capitali. Risparmio e investimenti sono del resto fattori fondamentali a livello individuale e per lo sviluppo del Paese stesso, da cui l’importanza di formare cittadini attivi e consapevoli delle proprie scelte.

Posto dunque questo come obiettivo a tendere, quale al momento l’approccio dei giovani italiani alle diverse forme di risparmio e investimento? 

 

Il caso emblematico del risparmio previdenziale

Alcuni spunti utili a rispondere a questa domanda arrivano proprio dall’indagine Acri-Ipsos "Gli italiani e il risparmio”, nella sua ultima edizione caratterizzata da un focus specificatamente dedicato alle nuove generazioni. Indagine dalla quale emerge che, a fronte di un 72% di intervistati preoccupati per il proprio futuro economico dopo il pensionamento, solo il 20% dichiara di aver già sottoscritto forme di previdenza integrativa: al di sotto della media, proprio le adesioni nella fascia di rispondenti tra i 18-30 anni che, da una parte, vivono la pensione come un evento ancora molto lontano e dunque non particolarmente prioritario e, dall’altra, anche quando interessati o comunque informati sulla previdenza complementare, lamentano scarse risorse da dedicare a fondi pensione e affini. Scendendo maggiormente nel dettaglio dei valori percentuali, il 64% degli under 30 si mostra più propenso ad aderire non prima di 4-5 anni, in attesa di raggiungere maggiore stabilità lavorativa ed economica, ma non manca anche chi pone ancora più avanti la possibile asticella.

Come dimostrano anche gli stessi dati COVIP, che evidenziano coperture integrative sì in aumento ma non a sufficienza tra quelle categorie che, proprio come giovani e donne, ne avrebbero maggiormente bisogno, il quadro è insomma in chiaroscuro: con un terzo di giovani occupati che ha già approfondito il tema, si può infatti dire che l’interesse non manca ma, al contempo, tra le principali barriere all’adesione sono molteplici le ragioni che evidenziano una non adeguata comprensione delle logiche di funzionamento della previdenza, pubblica e integrativa, tout court. Non solo fino ai 44 anni la pensione non è vissuta come un’urgenza cui pensare (ecco perché, invece, sarebbe il caso di farlo da subito) ma una certa mancanza di fiducia e familiarità incide a propria volta sulla scelta di procrastinare la sottoscrizione. 

Figura 1 - Le ragioni alla base delle mancate adesioni alla previdenza complementare

Figura 1 - Le ragioni alla base delle mancate adesioni alla previdenza complementare

Fonte: indagine Acri-Ipsos "Gli italiani e il risparmio"

Eppure, uscendo dal solo perimetro previdenziale, l’interesse per i temi relativi alla gestione del denaro si conferma sì una questione di età, ma con esiti imprevisti. Sono infatti proprio i 18-30enni la fascia anagrafica che mostra maggiore sensibilità nei confronti del risparmio, pur non sentendosi poi sufficientemente preparati a riguardo, con scelte di riflesso limitate anche dalla scarsa fiducia nelle proprie competenze. Un meccanismo alimentato da una lacuna di competenze che potrebbe, più o meno inconsciamente, incidere anche sulla decisione di aderire o meno a forme pensionistiche integrative. 

 

Giovani consapevoli ma non abbastanza preparati? 

Ancora una volta, dunque, l’indagine Acri-Ipsos manda segnali positivi da inserire tuttavia in un contesto piuttosto contraddittorio. I giovani 18-30enni sono appunto maggiormente interessati degli adulti (45-64enni) ai principali temi di gestione del denaro ma lamentano carenze informative e, di riflesso, la necessità di sentirsi più preparati sulle principali forme di investimento per il futuro (33% vs 22% tra i 45-64enni), sugli strumenti di gestione del risparmio (22% vs 13%) e sul funzionamento dei fondi previdenziali (24% vs 17%). Valutata leggermente meglio, invece, la propria conoscenza di prodotti assicurativi. 

Figura 2 - La propensione al risparmio degli italiani

Figura 2 - La propensione al risparmio degli italiani

Fonte: indagine Acri-Ipsos "Gli italiani e il risparmio"

I giovani sembrano, di fatto, del tutto consapevoli dell’importanza della formazione finanziaria per gestire in modo responsabile le proprie risorse nel breve e nel lungo periodo, con l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza economica. Obiettivo però che pare configurarsi più che aspirazionale che reale, tanto che solo il 25% degli interessati riconosce di sentirsi pienamente autonomo. 

Interessante oltretutto notare anche il loro coinvolgimento in attività benefiche o dai risvolti sociali. Se è vero che aumenta in generale la quota di italiani che fa donazioni o impegnata in azioni di volontariato, lo è altrettanto che tra i più coinvolti ci sono proprio le fasce più giovani della popolazione, favoriti in questo senso rispetto al passato anche della possibilità di accedere più facilmente alle informazioni necessarie a sviluppare una propria sensibilità. Ma anche dalla maggiore inclusività di associazioni, enti e aziende che, vista la partecipazione attiva delle nuove generazioni, si impegnano sempre più a spronarli a essere propositivi per il miglioramento della società.

 

Come avvicinare le nuove generazioni all’educazione finanziaria?

Nuove generazioni che – come emerso anche dalla ricerca – si sentono quindi pronte a investire nel proprio futuro, nonostante scenari economici ancora poco stabili. A patto di una condizione lavorativa complessivamente migliore (sia in termini di accesso alla professione sia di livello salariale) e di individuare strumenti capaci di aiutarli a colmare le proprie mancanze in materia di risparmi e investimenti. 

Con la scuola che dovrebbe indicare la via maestra, ci sono comunque anche altre strade che potrebbero però essere percorse: dalla valorizzazione del ruolo della consulenza finanziaria fino all’utilizzo dei new media e di quelle nuove tecnologie che proprio tra Millenials e Gen Z raccolgono i maggiori consensi. Senza trascurare infine anche le iniziative promosse dal territorio,  con Fondazioni di origine Bancaria e Casse di Risparmio in prima linea attraverso incentivi ad attività di formazione e promozione dell’educazione finanziaria.  Indipendentemente dai sentieri da percorrere, mettere i giovani al centro dell’attenzione resta una missione dalla quale il nostro Paese di risparmiatore non può sottrarsi.

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

Melania Turconi, Itinerari Previdenziali

23/1/2024 

 
 
 

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