Fondi pensione e PIP, i rendimenti attesi e la sfida con il TFR

Nel corso dell'ultimo decennio, fondi pensione e PIP hanno saputo offrire agli aderenti alla previdenza complementare rendimenti superiori alla rivalutazione del TFR: considerate le tensioni geopolitiche in corso e la recente impennata inflattiva, cosa aspettarsi invece dai prossimi 10 anni?

Leo Campagna

I fondi pensione sono per antonomasia un investimento di lungo periodo. Quello che occorre sapientemente adeguare è il profilo di rischio del comparto in funzione degli anni di vita lavorativa residua. Tuttavia, il nuovo quadro macroeconomico che si è delineato è profondamente diverso a quello degli ultimi decenni e richiede una riflessione. Due aspetti, in particolare, meritano attenzione: i tassi di interesse in forte rialzo, per contrastare un’inflazione persistente, e la sfida del TFR.

Cominciamo dalla portata dei movimenti della parte a breve delle curve dei tassi d'interesse USA. Il Treasury a due anni è l'asset liquido e quasi privo di rischio più scambiato: rappresenta pertanto il punto di riferimento degli altri rendimenti degli investimenti. Un anno fa rendeva soltanto lo 0,20%, mentre oggi paga il 4,3% annuo. Finché questo tasso non si stabilizzerà, nessun asset di rischio potrà salire. Dai dividendi azionari agli strumenti a reddito fisso, fino all'acquisto di un immobile, tutto in finanza viene necessariamente confrontato con quel rendimento privo di rischio. Tradotto in pratica: finchè il rendimento del Treasury USA a due anni sale o, perlomeno, non si stabilizza per poi ritracciare al ribasso, i rendimenti prospettici di tutti gli altri asset devono essere ricalibrati.

In ottica di più medio e lungo termine, invece, occorre considerare l’insidia del TFR Negli ultimi 10 anni, dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2021 la rivalutazione media annua del Trattamento di Fine Rapporto si è attestata all’1,90% con un’inflazione media annua dello 0,90%, secondo le rilevazioni Istat. In questo decennio, i fondi negoziali (+4,1% di rendimento medio annuo), quelli aperti (+4,6%) e le unit linked collegate ai PIP (+5,0%) hanno saputo registrare un extra rendimento rispetto al TFR. 

Ipotizzando per quest’anno un’inflazione all’8%, al 3,5% nel 2023, al 2,5% nel 2024 (e successivamente), sulla scia del trend del decennio precedente, il TFR registrerebbe una rivalutazione annua del 3% medio nei prossimi 10 anni. Se, invece, dal 2025 al 2031 l’inflazione oscillasse intorno al 2%, il rendimento medio annuo del TFR nello stesso arco temporale si posizionerebbe al 3,55%. L’asticella di confronto tende pertanto ad alzarsi e per i fondi pensione e le unit linked collegate ai PIP non sarà semplice riuscire a garantire anche nel prossimo decennio un rendimento extra rispetto alla rivalutazione della "vecchia liquidazione". 

Leo Campagna 

13/10/2022

 
 
 

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