La carica dei fondi sanitari "non doc"

Gli ultimi dati dell'Anagrafe del Ministero della Salute confermano la netta prevalenza dei fondi sanitari "non doc", non solo integrativi del SSN, in termini di numero, iscritti e ammontare delle prestazioni erogate. Eppure, è in corso un'indagine conoscitiva che sembrerebbe proprio spingere nella direzione opposta…

Michaela Camilleri

Come risulta dagli ultimi dati pubblicati dall’Anagrafe dei fondi sanitari tenuta presso il Ministero della Salutenel 2020 si contano 318 fondi, di cui 306 "non doc" e 9 "doc". È bene ricordare fin da subito che l’iscrizione è annuale e volontaria e l’Anagrafe si limita ad attestare l’esistenza dei fondi, senza svolgere attività di controllo e vigilanza. Pertanto, il numero dei fondi sanitari può essere considerato rappresentativo per la sanità integrativa, ma non esaustivo.

A oggi, dunque, il 96% dei fondi sanitari iscritti all’Anagrafe è costituito da enti, Casse e società di mutuo soccorso "aventi finalità esclusivamente assistenziale" (i cosiddetti fondi "non doc" che, nell’Anagrafe, vengono identificati come tipologia "B") che possono erogare anche prestazioni sanitarie comprese nei LEA, quindi complementari e sostitutive al SSN. Tuttavia, per ricevere l’iscrizione all’Anagrafe ed essere ammessi ai benefici fiscali, tali fondi sono tenuti a dedicare almeno il 20% delle risorse per prestazioni, la cosiddetta "soglia delle risorse vincolate", a precisi ambiti di intervento: assistenza odontoiatrica, non autosufficienza e recupero di soggetti che si trovano temporaneamente inabili al lavoro a causa di infortunio o malattia. Tali enti hanno spesso un’origine di tipo contrattuale, sono rivolti ai lavoratori dipendenti di uno o più comparti e, in alcuni casi, l’adesione avviene automaticamente con la stipula del contatto di lavoro durante l’assunzione. Solo il restante 4% del totale dei fondi attestati è rappresentato da "fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale", istituiti ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 502/92 e successive modificazioni, che erogano esclusivamente prestazioni extra LEA e sono quindi solo integrativi del SSN (i cosiddetti fondi "doc" che, nell’Anagrafe, vengono identificati come fondi di tipologia “A”). Tali fondi non prevedono forme di selezione dei rischi per l’adesione al fondo e sono rivolti a tutti i cittadini e non a singole categorie.

Figura 1 – Numero di fondi per tipologia

Figura 1 – Numero di fondi per tipologia

Fonte: 2° Reporting System Anagrafe dei fondi sanitari

Dal punto di vista delle adesioni, poi, l’intero sistema dei fondi integrativi conta nel 2019 (anno fiscale di riferimento per i fondi attestati nel 2020) 14,715 milioni di iscritti, ma solo 38mila aderiscono a quelli di tipo A (lo 0,26% del totale). Le risorse destinate all’erogazione delle prestazioni sono state pari a 2,826 miliardi di euro per i fondi di tipo B e 2,688 milioni per i fondi di tipo A. Un altro dato estremamente significativo è che, per i fondi di tipo B, le risorse destinate all’erogazione delle prestazioni incluse nei LEA costituiscono il 67% delle risorse totali (1,9 miliardi di euro) contro il 33% di spesa per prestazioni extra LEA (925 milioni di euro). Dall’analisi delle prestazioni extra LEA, risulta inoltre una netta asimmetria tra quelle odontoiatriche e le prestazioni socio-sanitarie dedicate alla non autosufficienza e quelle finalizzate al recupero della salute in entrambe le tipologie di fondi: in particolare, per i fondi “non doc” le prime rappresentano il 68,5% del totale erogate al di fuori dei livelli essenziali di assistenza (633 milioni di euro), le seconde il 16,6% e le ultime solo il 14,9%.

Figura 2 – Andamento degli iscritti e dell’ammontare delle prestazioni erogate

Figura 2 – Andamento degli iscritti e dell’ammontare delle prestazioni erogate

Fonte: 2° Reporting System Anagrafe dei fondi sanitari

Proseguendo nell’analisi dei principali dati utili al fine di dimensionare e inquadrare il sistema, l’Anagrafe del Ministero della Salute non fornisce informazioni sui contributi raccolti dagli enti. Tuttavia, sulla base delle stime elaborate dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nell’ultimo Report sugli Investitori istituzionali italiani è possibile ipotizzare che le entrate contributive si attestino intorno ai 3 miliardi di euro. Neppure il dato aggregato sul patrimonio accumulato e sulle modalità di gestione è pubblicamente disponibile e procedere con una stima è piuttosto complesso, ma anche in questo caso sulla base dei dati raccolti su un campione di 50 fondi, nel citato Report è stato stimato un patrimonio complessivo pari a 4,75 miliardi di euro.

Nonostante il quadro di sistema che emerge dai dati dell’Anagrafe e che conferma una chiara prevalenza dei fondi "non doc", è ancora in corso un’indagine conoscitiva che sembra spingere nella direzione opposta e che, citando le testuali parole del System Reporting si pone "l’obiettivo di comprendere meglio il ruolo che la sanità integrativa svolge rispetto ad alcuni bisogni assistenziali non completamente coperti dal SSN" e "per orientare i fondi sanitari a erogare o a implementare l’erogazione di prestazioni extra LEA integrative rispetto alla sanità pubblica di maggiore necessità”. Permane, inoltre, una certa diffidenza nei confronti del ruolo della sanità integrativa da parte di una parte della politica che ne limita lo sviluppo. Ciononostante, siamo in presenza di investitori istituzionali che hanno raggiunto i 14,7 milioni di iscritti, più della previdenza complementare, che non hanno ancora una legge quadro di riferimento e un’autorità di vigilanza. Ancora oggi non c’è l’obbligo di pubblicare i bilanci e i dati statistici caratteristici e, salvo casi eccellenti, permane una scarsa trasparenza anche nei confronti degli iscritti.

Eppure, l’esperienza della pandemia dovrebbe aver evidenziato la necessità di una più efficace integrazione tra pubblico e privato

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

20/4/2022

 
 

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