Capital Markets Union: crescita e innovazione a vantaggio di imprese e risparmiatori

L'UE sta lavorando per rafforzare l'unione del mercato dei capitali, ponendo l'accento sul ruolo cruciale di una solida architettura finanziaria europea per attrarre investimenti duraturi, sostenere l'innovazione e accelerare le transizioni verde e digitale 

Bruno Bernasconi

L’avvicinarsi dell’appuntamento con le elezioni europee di giugno rappresenta un momento importante per definire alcune delle principali sfide che le nuove istituzioni continentali si troveranno ad affrontare nel prossimo futuro, chiamate a rafforzare la crescita e la competitività dell’Unione e a recuperare il gap con i mercati statunitense e cinese. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il Consiglio europeo ritiene che i mercati dei capitali dell’Unione non abbiano ancora raggiunto il proprio pieno potenziale, rimanendo ancora relativamente piccoli, specialmente se paragonati a quello americano, e fortemente dipendenti dal settore bancario che fornisce sia un’ampia parte dei finanziamenti alle imprese sia le principali possibilità di risparmio e investimenti ai cittadini. 

A tal proposito, in un recente comunicato la Banca Centrale europea ha ricordato l’importanza di proseguire nel processo di creazione di un mercato unico dei capitali, la Capital Markets Union (CMU), vista come un driver fondamentale per lo sviluppo dell’intera economia dell’area euro, in grado sia di facilitare gli investimenti transfrontalieri sia di attirare maggiori capitali extra-UE. Secondo l’Eurotower, infatti, un mercato dei capitali integrato sarà cruciale, oltre che per rafforzare la produttività e la competitività europea in un contesto di cambiamenti nel panorama geopolitico internazionale, anche per favorire gli investimenti necessari alla realizzazione delle transizioni ecologica e digitale, che ancora richiedono un ingente ammontare risorse.

Da qui, l’esigenza di cercare di veicolare maggiormente in questa direzione gli investimenti e il risparmio privato, rafforzando il sostegno della finanza all’economia reale grazie a una maggiore condivisione del rischio all’interno dell’area euro e aiutando a stabilizzare la crescita economica quando singoli Paesi dell’Unione vengono colpiti da choc locali. Un sistema finanziario più integrato contribuirebbe, inoltre, a mitigare la frammentazione finanziaria e a proteggere la trasmissione della politica monetaria a tutti i Paesi dell’area euro; quindi, rafforzerebbe il ruolo internazionale della moneta unica e favorirebbe il completamento dell’unione del settore bancario continentale. 

Sempre in tema di economia reale, la BCE sottolinea poi come la CMU favorirebbe la nascita e lo sviluppo di un maggior numero di imprese innovative europee, che a loro volta contribuirebbero a rafforzare la crescita tecnologica e della produttività. Per far sì che ciò avvenga occorre appunto un mercato più ampio e integrato che permetta alle aziende un più facile accesso a capitale di rischio e ricorso all’equity, consentendo una maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento

Le difficoltà di reperire fonti di finanziamento e il problema della sottodimensione delle imprese sono ben esemplificati dal caso italiano, in cui il sistema produttivo è caratterizzato da un’ampia diffusione delle PMI che raramente ricorrono al mercato e dove una governance per lo più familiare limita l’apertura verso i capitali di terzi, spesso necessari per compiere un salto dimensionale, lasciando il canale bancario quale via privilegiata per finanziare la crescita. La scarsa diversificazione delle fonti di finanziamento e l’eccessivo ricorso al debito rappresenta però un freno allo sviluppo delle imprese, diminuendone la capacità di investire in progetti più rischiosi o con tempi di rientro più lunghi, come quelli relativi alle sopra citate transizioni o quelli legati a processi di innovazione e internazionalizzazione. In linea generale, infatti, il canale bancario è meno adatto a finanziarie imprese innovative, dato che start-up e PMI che investono fortemente in ricerca e sviluppo sono spesso più rischiose e possiedono meno asset tangibili da offrire come garanzia, limitando quindi il loro accesso al debito bancario. 

L’obiettivo del Consiglio europeo è quindi quello di assicurarsi che le aziende abbiano a disposizione un ampio ventaglio di opportunità di finanziamento, soprattutto per quanto riguarda le fasi di start-up e di scale-up, con quest’ultima in particolare che allo stato attuale vede gli investimenti stranieri dominare la scena. Attività dinamiche e innovative in Europa, infatti, spesso non hanno risorse sufficienti per competere a livello globale e sono obbligate a rivolgersi all’estero per trovare fonti di finanziamento o, addirittura, a trasferirsi overseas. Per fare un esempio, accade molto più di frequente che le start-up tecnologiche europee vengano acquisite da imprese statunitensi piuttosto che il contrario, in un fenomeno spiegato anche dal sottodimensionamento del mercato del venture capital del Vecchio Continente rispetto a quello USA, dove nel 2022 questo tipo di investimenti sono stati dieci volte più alti. 

Tesi condivisa anche da uno studio del Fondo Monetario Internazionale, che nota inoltre come facilitare gli investimenti al di fuori dei confini nazionali possa aiutare a diminuire le differenze nei costi di finanziamento che molto spesso imprese simili si trovano ad affrontare in base a dove sono localizzate. Agevolare l’accesso al mercato dei capitali e attrarre investitori di altri Paesi favorirebbe a ridurre tale dispersione dei costi, aumentando al contempo i rendimenti dei risparmiatori che beneficerebbero della partecipazione di una platea più ampia ai mercati finanziari. Complice un sistema previdenziale meno generoso, i piccole investitori americani detengono più asset finanziari, come azioni, fondi di investimento e schemi pensionistici privati, rispetto agli europei, aumentando le risorse disponibili per le imprese. Allocare una più ampia parte del proprio risparmio in asset negoziabili sui mercati consente di ottenere performance finanziarie migliori rispetto ai bassi rendimenti dei depositi bancari, aumentando al tempo stesso le opzioni di finanziamento per le aziende. Non solo. Secondo il FMI, la CMU contribuirebbe alla resilienza e alla condivisione del rischio: investire solo in aziende domestiche lascia i risparmiatori maggiormente esposti a choc locali, mentre aumentare l’esposizione anche in altri Paesi contribuisce a migliorare la diversificazione e a proteggere da crisi nazionali. 

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

23/4/2024 

 
 

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