Fondi pensione, obiettivo adeguatezza delle prestazioni

Incentivare non solo l'adesione alla previdenza complementare ma anche la contribuzione: la sfida dei fondi pensione per garantire l'adeguatezza delle prestazioni tra interruzioni contributive e posizioni multiple

Michaela Camilleri

Si discute ormai da tempo su come incentivare le adesioni alla previdenza complementare, tra proposte di un nuovo semestre di silenzio-assenso e introduzione di un meccanismo di iscrizione automatica sul modello britannico. Ciò di cui forse non si discute abbastanza è come incentivare la contribuzione: il tema è fondamentale perché dall’importo dei versamenti contributivi dipende inevitabilmente l’ammontare della prestazione pensionistica integrativa che verrà poi erogata dall'ente di riferimento. Analizzando le ultime evidenze rilasciate dalla COVIPuna delle sfide più importanti per i fondi pensione sembra essere in effetti propria quella di centrare quest’obiettivo (favorire un risparmio previdenziale adeguato) facendo i conti con almeno due fenomeni che sono all’attenzione dell’Autorità di Vigilanza già da diversi anni e che possono compromettere l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche complementari: le interruzioni contributive e le posizioni multiple non tutte coperte da contribuzione.

 

Gli iscritti non versanti: il "caso" delle interruzioni contributive 

Il fenomeno delle interruzioni contributive riguarda quella parte di iscritti che, per diverse ragioni, non partecipa con continuità a una forma di previdenza complementare e, di conseguenza, corre il rischio di non poter accedere a una prestazione pensionistica correlata ai propri bisogni.

Escludendo dal computo i PIP “vecchi”, per i quali non sono disponibili dati a livello individuale, gli iscritti che nel corso del 2021 non hanno versato contributi sono 2,3 milioni, pari al 26,8% del totale (nel 2017 erano il 23,5%). L’incidenza degli iscritti non versanti è diversa tra le tipologie di forma pensionistica: più elevata nei fondi aperti e nei PIP (rispettivamente 37,3% e 33,6%); minore nei fondi negoziali e preesistenti (21,5% e 16,7%), nei quali confluisce anche il contributo dei datori di lavoro. Rispetto al 2017, la quota di iscritti non versanti è stabile nei fondi aperti e preesistenti e in aumento di 4 punti percentuali nei PIP; nei fondi negoziali invece i non versanti sono cresciuti del 50%, soprattutto per effetto della diffusione del meccanismo di adesione contrattuale. È utile sottolineare che sul totale degli attuali iscritti ai fondi negoziali (3,37 milioni) circa il 40% è entrato a far parte del sistema tramite questo meccanismo automatico, introdotto a partire dal 2015 e oggi applicato in 13 fondi, che prevede un versamento “minimo” a carico del datore di lavoro sulla base di quanto stabilito dal contratto di riferimento con conseguente adesione automatica dei lavoratori a cui si applica tale contratto. Alla fine del 2021, gli iscritti contrattuali risultano superiori a 1,3 milioni (circa un milione riconducibili al fondo Prevedi) ma in termine pro capite l’importo della contribuzione media derivante dall’adesione contrattuale è modesto e pari a 140 euro su base annua.

Per una quota rilevante di iscritti la condizione di non versante ha assunto dunque una natura strutturale e diventa più complicato immaginare una soluzione per ripristinare una partecipazione attiva alla previdenza complementare: il 41% degli iscritti non versanti - 1,1 milioni di soggetti - non versa infatti contributi da almeno 5 anni. Questa quota di iscritti non versanti di più lungo corso è per il 78% concentrata nei fondi aperti e nei PIP; il 62% è costituito da uomini e l’età media, 49,6 anni, è superiore a quella generale. Per area geografica, sono sovrarappresentate rispetto alla media le regioni del Sud Italia, con il 28,1%. Sono inoltre non versanti da almeno 5 anni l’8,2% dei dipendenti, il 27,3 degli autonomi e il 24,4 degli altri iscritti. 

Figura 1 – Iscritti versanti e non versanti per genere ed età

Figura 1 – Iscritti versanti e non versanti per genere ed età

Fonte: Relazione COVIP per l’anno 2021 
 

Le posizioni individuali accumulate: gli iscritti con posizioni doppie o multiple

Al totale iscritti non versanti corrispondono 2,424 milioni di posizioni non alimentate. Alla crescita delle posizioni prive di versamenti ha contribuito anche il fenomeno delle posizioni doppie o multiple in capo allo stesso soggetto e che non sono tutte contemporaneamente alimentate

In totale nel 2021 gli iscritti con posizione multiple sono 886.000 (per la maggior parte doppie), con un’incidenza ancora una volta diversa a seconda della tipologia di forma pensionistica ma anche all’interno dello stesso settore. Le sovrapposizioni più rilevanti si riscontrano con fondi negoziali-PIP (un terzo del totali iscritti titolari di posizioni doppie), PIP-PIP e fondi aperti-negoziali: nei fondi negoziali 478.600 iscritti hanno posizioni doppie, 274.800 dei quali hanno aperto contemporaneamente anche una posizione presso un PIP, anche se quelli che versano su entrambe le forme sono solo circa 154.000; nei PIP “nuovi” gli iscritti con posizioni doppie sono circa 531.100, di cui 126.200 interni allo stesso settore per la prassi di alcune Compagnie di Assicurazione di istituire un nuovo prodotto piuttosto che modificare le caratteristiche di un prodotto già commercializzato, aprendo così più posizioni in capo allo stesso individuo. Segue in graduatoria per numero di duplicazioni la sovrapposizione  tra fondi negoziali e aperti che interessa 117.600 iscritti.

Figura 2 – Iscritti con posizioni doppie

Figura 2 – Iscritti con posizioni doppie

Fonte: Relazione COVIP per l’anno 2021

 

Come incentivare la contribuzione? 

Il fenomeno della mancata contribuzione potrebbe dipendere dalla discontinuità delle carriere professionali che caratterizza l’attuale mercato del lavoro e che, di conseguenza, si riflette sulla "capacità contributiva" degli iscritti alla previdenza complementare. D’altra parte, dall’analisi di questi dati risulta necessario immaginare alcune possibili soluzioni per incentivare, da un lato, una partecipazione attiva da parte dei lavoratori iscritti ai fondi negoziali tramite meccanismo di adesione automatica, e, dall’altro, la ripresa dei versamenti da parte degli iscritti che hanno interrotto la contribuzione. Per quanto riguarda il fenomeno delle posizioni multiple, sarebbe invece quantomeno auspicabile una maggior informazione da parte dei fondi pensione rivolta agli iscritti non versanti, ancora una volta al fine di stimonare una partecipazione attiva.

Come più volte proposto dal Presidente COVIP, Professor Mario Padula, una proposta in questa direzione potrebbe essere quella di valorizzare schemi di incentivazione fiscale dei contributi che prevedano la possibilità di riportare ad anni di imposta successivi i benefici che non si sono utilizzati in una fase di incapienza fiscale, rivedendo le disposizioni già presenti nell’art. 8 del Decreto lgs. 252/2005 ed estendendone l’ambito di applicazione attualmente limitato soltanto ai lavoratori di prima occupazione. In particolare, il riferimento è alla possibilità prevista per i lavoratori di prima occupazione, limitatamente ai primi 5 anni di partecipazione al sistema di previdenza complementare, di dedurre dal reddito nei 20 anni successivi al quinto di adesione i contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, per un importo pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro (5.164,57 euro x 5 anni) e i contributi effettivamente versati nei primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

1/8/2022

 
 

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