Asset allocation delle Compagnie di Assicurazione: lo stato dell'arte

L’attuale contesto macroeconomico, le scelte di politica monetaria dei principali Paesi e le recenti revisioni normative in ambito assicurativo hanno favorito una maggiore diversificazione degli investimenti effettuati dalle imprese di assicurazione. Quali sono le attuali sfide del settore?

Edoardo Marullo Reedtz

L’era dei tassi di interesse bassi non è ancora terminata, nonostante le generalizzate favorevoli condizioni macroeconomiche, l’annuncio della conclusione del Quantitative Easing (QE) in Europa, le scelte di politica monetaria della Federal Reserve e i cambiamenti negli assetti politici dell’Unione. Negli Stati Uniti la robusta crescita economica consente il proseguimento dell’aggiustamento progressivo dei tassi ufficiali: nel mese di marzo scorso la Riserva Federale ha aumentato di 25 punti base i tassi ufficiali (collocando il costo del denaro in un corridoio pari all’1,5 – 1,75%). Nell’area dell’euro, sebbene si sia verificata una decelerazione nella crescita dell’economia nel primo trimestre di quest’anno, il trend ha continuato a essere positivo e a sostenere il processo graduale di normalizzazione della politica monetaria: lo scorso ottobre il Consiglio direttivo della BCE ha comunicato il termine, non perentorio, del QE (previsto per settembre 2018) e una riduzione del volume di acquisti mensili di titoli (da 60 a 30 miliardi); tuttavia, la politica monetaria dell’area resterà – secondo le indicazioni dell’Istituto – ancora a lungo espansiva, in quanto i tassi di interesse verranno aumentati e i reinvestimenti interrotti solo dopo la fine degli acquisti netti di titoli. 

In tale contesto, continuano a permanere le esigenze di diversificazione degli attivi e la ricerca di opportunità di investimento caratterizzate da un adeguato profilo rischio-rendimento; ricerca che ha già contribuito a incrementare negli ultimi anni l’interesse delle imprese di assicurazione in asset class alternative a quelle tradizionali. Nel 2017 la quota di titoli obbligazionari pubblici si è ulteriormente ridotta rispetto all’anno precedente, a fronte di un aumento di obbligazioni private, quote di fondi comuni di investimento, azioni e taluni investimenti infrastrutturali.

Con riferimento agli investimenti infrastrutturali, le recenti novità in campo regolamentare sembrano aver sortito effetti benefici; hanno consolidato infatti l’interesse da parte delle imprese di assicurazione in tale asset class e contribuito a stimolare la preferenza delle compagnie per investimenti infrastrutturali caratterizzati da flussi di cassa e framework contrattuali più sicuri. Dallo scorso anno, infatti, le Compagnie di Assicurazione che decidono di investire nello sviluppo infrastrutturale del Paese possono beneficiare di un trattamento regolamentare ad hoc e di agevolazioni in termini di requisito di capitale; tali agevolazioni sussistono solo qualora gli investimenti infrastrutturali (c.d. infrastructure qualifying) rispettino specifici criteri. Godono di requisiti di capitale ridotti rispetto alle obbligazioni/azioni tradizionali anche gli investimenti che, pur non rispettando i criteri di ammissibilità, sono dotati di garanzie del Governo o rientrano in specifiche iniziative di public finance. A dicembre 2017 l’ammontare complessivo di investimenti infrastrutturali nei bilanci delle Compagnie di Assicurazione era pari a circa 7 miliardi (l’1% circa del totale investimenti), pressoché in linea con il dato del 2016. Seppur l’ammontare di investimenti ammissibile al trattamento agevolato risulti di importo ancora contenuto, si riscontra una parziale migrazione verso tali investimenti, realizzato principalmente tramite fondi. 

L’interesse del settore assicurativo verso gli investimenti infrastrutturali è motivato da caratteristiche quali duration di lungo periodo, bassa correlazione con le altre classi di attivi, rendimenti maggiori rispetto a quelli generati da investimenti più tradizionali e rischio di default e tasso di recupero legati principalmente a fattori di natura fisica o tecnica. Le compagnie sono interessate, in particolare, a quegli investimenti che presentano flussi di cassa prevedibili e che risentono meno dei movimenti dei mercati finanziari e che siano, ovviamente, economicamente “attuabili” e dotati di misure di protezione del credito soprattutto in presenza di rischi più elevati.

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In tale contesto, ANIA si è prefissa l’obiettivo di approfondire il ruolo del settore assicurativo a supporto dello sviluppo infrastrutturale del Paese promuovendo un’iniziativa in collaborazione con ASTRID, la Fondazione per l’Analisi, gli Studi e le Ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche e avvalendosi dell’opinione di alcuni esperti provenienti dal settore assicurativo e dal mondo accademico. L’obiettivo ultimo dell’analisi, svolta nel corso del 2017, è stato quello di valutare il potenziale contributo delle imprese di assicurazione in siffatta tipologia di investimenti alla luce delle recenti modifiche regolamentari. Dallo studio è emerso che, nonostante la presenza di alcune barriere di natura tecnica, una quota non trascurabile di investimenti in progetti/società infrastrutturali potrebbe essere resa Solvency II compliant e, pertanto, ammissibile al trattamento agevolato. Tra le principali barriere figurano l’assenza di un modello strategico di investimento a supporto dello Stato, la peculiarità del business model assicurativo generalmente avverso all’assunzione di rischio elevato, la presenza di strutture di analisi interne spesso non adeguate e la scarsa interazione tra Solvency II e i progetti del piano Juncker.

Nel raccogliere tale sfida, l’Associazione sta analizzando, mediante l’istituzione di uno specifico Gruppo di lavoro, eventuali soluzioni in grado di dare vita a iniziative di investimento di settore per contribuire, in tal modo, al processo di rilancio del sistema infrastrutturale italiano e alla crescita del Paese soddisfacendo, nel contempo, esigenze di rendimento e diversificazione dei portafogli assicurativi. Infine, ma non da ultimo, il processo di revisione in corso della regolamentazione del settore sembra offrire differenti incentivi all’investimento in asset alternativi. Un nuovo trattamento prudenziale per il debito privo di rating e le azioni non quotate potrebbe favorire un più ampio ricorso al private placement. 

Edoardo Marullo Reedz, Research Department ANIA

12/6/2018

 
 

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