Assicurazioni RCA e polizze accessorie: quanta confusione

Solo all'apparenza molto chiare, le 45 parole inserite nel 2017 nel Codice delle Assicurazioni a disciplinare la complessa relazione tra polizze RCA e coperture accessorie in fase di rinnovo contrattuale si prestano in realtà a un'esegesi particolarmente complessa: una delle tante ragioni per una riforma organica della legislazione in materia di assicurazione auto e moto

Alessandro Bugli

"La risoluzione di cui al comma 1 si applica anche alle assicurazioni dei rischi accessori al rischio principale della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, qualora lo stesso contratto, ovvero un altro contratto stipulato contestualmente, garantisca simultaneamente sia il rischio principale sia i rischi accessori”.

Cristallina, ma solo all’apparenza. Questa disposizione sembra nata sotto una “cattiva stella”. Dimenticata da tutti o volutamente trascurata.

Quarantacinque parole inserite nel Codice delle Assicurazioni nell’anno 2017 (con la nota legge concorrenza, l. n. 124/2017) ad aggiungersi a quelle del comma 1 (richiamato), introdotte nella cosiddetta riforma d’urgenza Crescita bis del 2012 (d.l. 179/2012).

Da qui il nuovo articolo 170- bis del Codice delle Assicurazioni, che così risulta se lo si legge in un sol fiato:

“Art. 170-bis (Durata del contratto) - 1. Il contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ha durata annuale o, su richiesta dell'assicurato, di anno più frazione, si risolve automaticamente alla sua scadenza naturale e non può essere tacitamente rinnovato, in deroga all'articolo 1899, primo e secondo comma, del codice civile. L'impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni e a mantenere operante, non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo fino all'effetto della nuova polizza. 

1-bis. La risoluzione di cui al comma 1 si applica anche alle assicurazioni dei rischi accessori al rischio principale della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, qualora lo stesso contratto, ovvero un altro contratto stipulato contestualmente, garantisca simultaneamente sia il rischio principale sia i rischi accessori”.

Citando un noto film di Luciano Salce del 1982, in cui viene spiegato a Lino Banfi quale sarà la sua attività in fabbrica e si parte dall’attivazione dell’interruttore al ricorrere del “cicalino”, potremmo dire: “Semplice? … Semplicissimo!!!...”. All’apparenza, lo si ripete, l’innesto normativo dell’agosto 2017 non sembra lasciare dubbi interpretativi:

  1. data per buona la regola per cui il contratto di assicurazione RCA non può avere durata superiore all’anno o all’anno più frazione (sino, quindi, ad un massimo di 364 giorni e 23 ore, 59 minuti e 59 secondi);
  2. che alla sua scadenza “naturale”, questo si risolve automaticamente;
  3. che non è possibile prevedere meccanismi di tacito rinnovo;
  4. che alla scadenza si risolveranno anche le assicurazioni accessorie al “rischio principale” RCA, qualora:
    1. lo stesso contratto garantisca “simultaneamente” il rischio principale (RCA) e quello accessorio;
    2. un contratto diverso, ma stipulato “contestualmente”, ottenga lo stesso effetto di cui alla superiore lettera a.

Prima di passare alle insidie interpretative delle 45 parole in commento, si ritiene sia utile esplicitare le motivazioni che hanno spinto il legislatore a inserire una disposizione particolare su: i) la durata del contratto di assicurazione RCA (2012); 2) il divieto di tacito rinnovo (2012) e; iii) l’estensione delle regole di durata e tacito rinnovo anche alle garanzie accessorie (2017).

Il senso, qui, è molto chiaro e commendevole: evitare che attraverso i meccanismi di “tacito rinnovo” capitasse spesso che (interessati da una pubblicità o dal consiglio di un amico o di un distributore di assicurazioni) il malcapitato che intendesse cambiare assicurazione RCA per l’annualità successiva dovesse scoprire di aver già superato il limite massimo temporale per dare disdetta, con obbligo di rinnovare con la compagnia di assicurazione che si voleva abbandonare.

Ora, il legislatore – cosciente dell’effetto “uncino” che si può ottenere lavorando con formule di collegamento contrattuale tra soluzioni RCA e coperture accessorie - ha deciso di porvi un freno. Potrebbe, infatti, ben accadere che a fronte di una polizza annuale della RCA, il distributore inviti il cliente a stipulare anche una garanzia per danni al veicolo (kasko) di durata poliennale, ottenendo l’effetto di “tirare per la giacchetta” il cliente e indurlo a rinnovare (espressamente), oramai vincolato con la compagnia (anche se solo per la garanzia accessoria) per più annualità. Si ricorda che il più generale divieto di abbinare obbligatoriamente soluzioni assicurative, bancarie e finanziarie alla RCA è targato 2005, essendo previsto ab origine dall’art. 170 del Codice delle Assicurazioni. Ma, una volta aperto alla facoltatività dell’abbinamento, nulla vietava che le soluzioni assicurative combinate potessero avere una durata diversa. E così le soluzioni accessorie potevano avere durata poliennale, ma con obbligo delle compagnie di concedere uno sconto e, se il contratto durava più di cinque anni, di consentire un’uscita del cliente ad ogni scadenza annuale successiva al quinto anno di garanzia (v. art. 1899 c.c.).

La questione del tacito rinnovo e della durata poliennale dei contratti potrebbe sembrare di nicchia, ma non lo è. Quando l’allora senatrice Puppato cercò di intervenire sul progetto di legge concorrenza, tentando di modificare l’assetto dell’art. 170 bis del Codice delle Assicurazioni, nella versione sin lì in vigore e limitata alla RCA, finì per subire minacce di morte.

Non si dimentichi che dietro queste poche righe di legge si giocano anche i destini di tanti intermediari di assicurazione, il cui vivere (o sopravvivere) è sempre stato legato – forse in alcuni casi troppo e con visione “miope” - alla vendita di soluzioni RCA. Mercato, quest’ultimo, infiltrato dal collocamento diretto di soluzioni assicurative via internet e telefono (vendita online che pare anch'essa in parabola discendente) e dai noti comparatori di assicurazione presso cui è possibile confrontare online numerose soluzioni di garanzia (ma, anche questi, oramai rivolti alla distribuzione tradizionale, in una sorta di ibridazione tra utilizzo di reti di vendita tramite persone fisiche e equipaggiamento delle stesse dei necessari strumenti di avanguardia tecnologica per svolgere il loro lavoro).

E così, l’art. 170 bis del Codice delle Assicurazioni, assieme a tutti i fenomeni detti, e al plurimandato di “bersaniana” memoria, avrebbero dovuto dare scacco all’immobilismo della clientela e aprire a una vera concorrenza.

Gli unici apparentemente non interessati al tema sembrano gli enti pubblici che, su avallo ANAC, continuano a stipulare contratti RCA di durata poliennale, sulla scorta (si immagina) di un principio di contenimento dei costi e pianificazione patrimoniale di medio corso; cosa che invece il singolo contraente non sembra poter fare (salvo per qualche modello negoziale di recente sviluppo che consente di preventivare l’andamento di premio della propria polizza RCA che rimane sempre annuale, ma con impegno della compagnia di non modificare il premio a rinnovo, se non entro limiti prefissati).

Per chi scrive, con la modestia del giurista (non economista), per quanto si tenti di orientare il mercato con logiche “paternalistiche”, sarà difficile venirne a capo. Non vi è chi non veda la pressoché totale riconducibilità del mercato assicurativo, nel suo complesso, a poche “fabbriche prodotto”. A fronte di decine di compagnie presenti sul mercato, i gruppi e assetti proprietari non superano le 6/7 unità. Chi si occupa della materia non può dimenticare i preziosi e noti salvataggi di qualche anno fa che hanno condotto, a mero titolo di esempio, alla creazione di un colosso felsineo dell’assicurazione auto.

La vera partita passa, quindi, per i distributori, che sarebbero i veri motori della scelta libera del cliente, ma anche loro non passano tempi d’oro, vista la forza negoziale delle compagnie preponenti o libere collaboratrici.

Descritto il quadro e individuata la ratio legis, torniamo alle nostre 45 parole, chiare (solo at a glance) nel dire no a meccanismi di abbinamento assicurativo che limitino la mobilità dell’assicurato RCA attraverso vincoli poliennali sulle polizze “accessorie”.

Abbiamo visto come la regola della risoluzione automatica riguardi:

  1. le polizze “accessorie” alla RCA;
  2. oggetto dello stesso contratto o stipulate “contestualmente”;
  3. al fine di garantire – nel complesso, assieme alla garanzia RCA – la “simultanea” copertura del rischio della circolazione e quelli “accessori”.

Il terzo requisito sembra il più semplice, cioè che la polizza o le polizze di cui si discute garantiscano nel complesso il rischio RCA e quelli accessori. Meno chiaro cosa si intenda per garanzia “simultanea”, ma il buon senso ci spingerebbe a dire che le garanzie indicate in polizza siano “attive”, parzialmente o totalmente, nello stesso periodo di copertura (ad esempio, 1/1/2020 – 1/1/2021).

Venendo al requisito della ricomprensione di tutte le garanzie in un unico contratto, anche qui non sembrano sorgere particolari complessità esegetiche. Se non fosse che da decenni si cerca di capire se un contratto assicurativo auto (ma il concetto vale in termini più generali per tutti i prodotti assicurativi, in primis quelli modulari) sia unitario, ovvero la somma di tanti contratti quante sono le garanzie all’interno. Nel primo caso, la risoluzione non potrebbe che essere unitaria, dovendosi invece indagare nella seconda – in assenza della previsione in commento (e quindi in altri ambiti assicurativi) – se possa rinvenirsi un collegamento volontario tra contratti con effetto risolutivo estensibile a tutte le garanzie in un sol colpo. Ma qui, lo si è detto,  dove si accendano le lucine degli altri requisiti, la risoluzione sarà certa e sicura alla scadenza annuale o di anno più frazione.

Le cose si fanno più complesse quando le garanzie non riposino in un unico testo contrattuale (potremmo dire nello stesso set informativo), ma si tratti di garanzie distinte anche a livello cartaceo e di imprese assicuratrici. Qui bisognerà indagare la cosiddetta “contestualità”.

La “contestualità” non dovrebbe essere vagliata in termini squisitamente temporali (anche se pare evidente che se l’acquisto delle garanzie accessorie avvenga 10 mesi dopo la stipula della RCA, il tema sembra porsi, pur in presenza di parziale simultanea copertura), ma in termini di unicità dell’operazione negoziale. Opinando diversamente, basterebbe offrire un caffè al cliente tra un contratto e l’altro per escludere il soddisfacimento del requisito. Detto questo, tutto bello a dirsi, ma se “contestuale” non è l’apposizione di due firme, una dopo l’altra, l’indagine sulla finalità complessiva dell’operazione diviene tremendamente soggettiva. Salvo in presenza di campagne conclamate di bundling contrattuale.

Più reale che assurda potrebbe essere l’ipotesi in cui il distributore – ad esempio, un concessionario - che abbia mandato per la vendita di RCA e di CVT (es. la kasko o la garanzia incendio, ma solo in formula finanziata e poliennale) venda contestualmente le due garanzie, senza però che le due siano state strutturate – anche in termini di POG – product governance – per essere collocate in bundling). Cosa accadrebbe in questo caso? Il distributore dovrebbe rifiutare la vendita del CVT oppure le compagnie dovrebbero sempre dare mandato per il CVT annuale e poliennale? Si ricorda che a fronte della CVT poliennale, ai sensi dell’art. 1899 c.c., il cliente ha diritto ad uno sconto; e, quindi, a spendere meno rispetto alla garanzia annuale. Perché imporre al consumatore di pagare di più in ossequio a logiche (a questo punto snaturate) di libera concorrenza? Cosa accadrebbe, poi, nel caso in cui il cliente si faccia finanziare, in una sola operazione, l’acquisto del veicolo e della polizza CVT poliennale e decida, poi, come è suo diritto di richiedere nel “punto vendita” di stipulare la RCA? Si revoca il finanziamento per la parte relativa al CVT poliennale?

La questione si fa ancora più seria quando il distributore abbia due o più mandati distinti. Uno dalla compagnia Alfa per la RCA e uno dalla compagnia Beta per il CVT. La regola si applica anche nel caso di attività spontanea del distributore che collochi contestualmente le due coperture?

La scelta di estendere al CVT la regola valida in termini di durata per la RCA sembra direttamente finalizzata a impedire che uno stesso assicuratore possa indurre un singolo a rinnovare l’acquisto della copertura della RCA con sé per il fatto che questi per un certo numero di annualità risulti essere la compagnia che presterà le garanzie CVT. Ma fuori da questo caso, che senso avrebbe fare applicazione di una simile regola ad un’impresa assicurativa diversa da quella che assicuri verso il cliente il rischio RCA? Opinare diversamente condurrebbe alla poco credibile circostanza per cui ogni impresa che offra soluzioni CVT stand alone sul mercato dovrebbe imporre ai propri distributori di adeguare la durata della garanzia a quella della RCA che questi dovessero distribuire per altre imprese. Per chiarire, la compagnia dovrebbe strutturare la propria offerta, quand’anche accessoria funzionalmente a soluzioni di finanziamento, in modo che il termine di garanzia sia pari a quella di una RCA eventualmente venduta contestualmente (durata che potrebbe essere sia annuale che di anno più frazione).

In questo senso si finirebbe per limitare l’operato commerciale di soggetti ben lungi dall’essere interessati a limitare la mobilità dell’assicurato nel passaggio da una compagnia all’altra per l’assicurazione della RCA.

Ma se la “contestualità” è argomento complesso, la questione si fa ancora più difficile quando si passi al primo requisito: l’“accessorietà”. Premesso quanto sopra sul concetto di unitarietà negoziale del contratto relativo alle diverse garanzie auto ovvero alla sua natura di “fascio” di coperture distinte, quando una copertura è accessoria a quella RCA?

Se non paiono porsi soverchi problemi nel distinguere tra garanzie principali e accessorie nell’ipotesi in cui ci si trovi al cospetto di un’unica polizza che assicuri sia il rischio della RCA che quelli, ad esempio, kasko, tutela legale, ecc., la vicenda si complica quando si tratti di comprendere quando sussista questo rapporto di accessorietà in caso di contratti diversi (e magari stipulati con distinte imprese di assicurazioni).

Parrebbe essere corretto affermare che una garanzia possa dirsi principale e l’altra accessoria quando:

1) la stipula delle polizze accessorie presupponga la stipula della garanzia principale;

2) fuori da questo caso, quando l’operazione si fondi su una proposizione commerciale per cui la garanzia RCA risulti trainante nella negoziazione e la polizza CVT venga ad essere distribuita come integrazione della prima copertura.

Proviamo a fare un esempio e torniamo al tema della vendita di garanzie RCA e CVT (in buona parte dei casi di matrice poliennale), i dati di alcuni operatori sembrano mostrare come la vendita della RCA sia un mero accidente nel più generale collocamento delle garanzie CVT a fronte della vendita di veicoli. Il rapporto, in alcuni casi, sfiora il 10 (per la CVT) a 2 (per la RCA).

L’operazione commerciale ruota spesso intorno all’operazione finanziaria e la polizza CVT risulta essere la prima garanzia oggetto di interesse nella proposizione commerciale. Si ricorda come nel caso di finanziamenti o di leasing, la polizza CVT assume anche una funzione double face di credit protection nell’interesse del finanziatore (l’evidenza è indiscutibile nei rapporti di leasing dove anche lo stesso TAR del Lazio in merito al giudizio sul provvedimento 2946 ISVAP ebbe a chiarire che nei rapporti di leasing la garanzia CVT assume una funzione di protezione double face sia per il locatore, proprietario del bene potenzialmente oggetto di futuro danneggiamento, sia per il locatario chiamato a rimborsare il danno patito dal mezzo a favore del locatore. In questo senso, si veda l’art. 55, comma 2, del Reg. 40 IVASS in tema di conflitto di interessi che ha escluso l’applicazione di tale divieto in materia di leasing, a recepimento delle indicazioni della giustizia amministrativa).

In conclusione, ove il legislatore avesse voluto limitare tout court la durata di alcune garanzie (asseritamente, ma non sempre) accessorie, quali quelle CVT e le altre del ramo danni, a un periodo di un anno o di un anno più frazione, avrebbe più semplicemente escluso l’applicazione dell’art. 1899 c.c., ad esempio, al ramo 3 danni, espungendo per queste dall’Ordinamento la possibilità di offrire polizze poliennali danni (a patto di concedere uno sconto), cosa che non è avvenuta, essendo ben più ristretto lo spettro applicativo dell’art. 170 – bis del Codice: cioè l’accessorietà della garanzia a quella RCA e la sua contestuale proposizione commerciale con quest’ultima.

Insomma, come spesso accade, per la fortuna degli interpreti e la sfortuna degli operatori, le 45 parole – chiare all’apparenza – aprono a innumerevoli complessità di esegesi.

Da qui, forse – come anticipato – l’apparente messa in naftalina della previsione e la necessità di regolare, anche sotto questo aspetto e in modo organico, la complessiva materia delle assicurazioni auto e moto.

Alessandro Bugli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Area Assicurativa e Welfare Studio Legale Taurini&Hazan 

19/6/2019

 
 
 

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