La definizione "corretta" di distribuzione

Con il decreto legislativo 187/2020, l'Italia ha compiuto un altro buon passo in avanti nell'adeguamento del sistema distributivo del Paese alla IDD. Il percorso di recepimento della direttiva è però ancora lungo e tortuoso: alcune considerazioni su come sta evolvendo il concetto stesso di distribuzione e sui possibili riflessi per operatori e consulenti

Alessandro Bugli

Con d.lgs 187/2020 (datato 30 dicembre 2020, in GU del 25 gennaio 2021 e in vigore dal 9 febbraio 2021) si compie un altro passo in avanti nell’adeguare il sistema distributivo italiano al modello europeo di riferimento di cui alla direttiva 2016/97/UE, più comunemente nota agli operatori come IDD. Il decreto di cui si discute si è reso necessario, a titolo di “correttivo”, per emendare alcuni passi del precedente d.lgs. 68/2018 che aveva a sua volta modificato il Codice delle Assicurazioni e, per quel che qui interessa, dato delega a IVASS (l’Authority di settore), di emanare il regolamento n. 40 (Regolamento sulla distribuzione di prodotti assicurativi).

Il percorso di adeguamento alla IDD è tutt’altro che semplice e all’indomani del termine di recepimento in Italia della stessa ci siamo trovati (anno 2018) al cospetto di una monumentale normazione, ancora non del tutto digerita dagli operatori e dai loro consulenti. Nel frattempo, certi che la corsa ad adeguarsi dell’estate 2018 avrebbe dato frutti in parte acerbi, si è dovuto ricorrere ai necessari correttivi, sia a livello di norma primaria sia a livello regolamentare. Mentre si scrive, le imprese e gli intermediari stanno infatti adeguando la loro attività e i processi al provvedimento 97 IVASS di modifica del Regolamento 40 citato in precedenza e al Regolamento 45 IVASS in materia di product governance. A questo si affianca il “correttivo” in commento che interviene su diversi aspetti della distribuzione assicurativa, primo fra tutti la definizione di distribuzione stessa. 

L’innovazione della definizione, tesa ad avvicinarci all’Europa, è passata un poco sotto traccia, ma non pare trascurabile per comprendere oggi cosa sia attività riservata (la distribuzione) e cosa no. Sapendo che l’esercizio abusivo di attività riservata (qui, la distribuzione) è punita anche a livello penale. Circostanza che impone la massima attenzione. Nella tabella che segue, si riportano in raffronto la definizione europea (IDD), quella italiana valida fino al 9 febbraio 2021 e la successiva. Stesso esercizio è stato fatto per la definizione di distribuzione che è resa anche a livello regolamentare IVASS e che, da fine marzo 2021, conoscerà anch’essa un “correttivo”.

Tabella 1 - Le diverse definizioni di distribuzione a confronto

Tabella 1 - Le diverse definizioni di distribuzione a confronto

Per IDD l’attività distributiva consiste nel:

  • fornire consulenza al cliente; 
  • proporre contratti assicurativi; 
  • compiere atti preparatori alla conclusione dei contratti; 
  • collaborare alla loro gestione, segnatamente in caso di sinistro; 
  • fornire informazioni su contratti assicurativi tramite sito internet o altro mezzo, sulla base di criteri scelti dal cliente, e (“e” congiuntiva?) fare attività di comparazione online, se il cliente è in grado di stipulare direttamente o indirettamente un contratto di assicurazione tramite un sito Internet o altri mezzi.

Ci concentriamo qui sul primo e sull’ultimo bullet (consulenza e distribuzione online), oggi toccato dal “correttivo”, cercando di capire cosa cambia (se qualcosa cambia). Partiamo dal primo recepimento di IDD nel 2018 (per mezzo del d.lgs. 68). Secondo la definizione 2018 erano da intendersi per distribuzione:

  • il proporre contratti; 
  • il fornire consulenza (senza rinvio diretto alla definizione inserita contestualmente nel Codice e da intendersi come “raccomandazione personalizzata” al cliente su un determinato prodotto assicurativo, come si vedrà meglio seguito) e assistenza al cliente; 
  • il compiere atti preparatori alla conclusione dei contratti; 
  • il collaborare alla loro gestione, segnatamente in caso di sinistro; 
  • la fornitura, tramite un sito internet o altri mezzi, di informazioni, relativamente  a  uno  o  più  contratti  di  assicurazione, anche confrontati o ordinati, sulla base di  criteri eventualmente  scelti dal cliente, in termini di premi ed eventuali sconti applicati  o  di ulteriori caratteristiche del contratto, se il cliente è in grado di concludere direttamente o indirettamente lo stesso (dizione più ampia di quella europea, vedi seguito).

La differenza era segnata anche a livello regolamentare IVASS. Veniamo al merito del “correttivo”.

 

1) La consulenza al cliente riferita direttamente all’art. 1.1.m-ter del Codice delle Assicurazioni (CAP)

La prima cosa che si nota è che l’attività di consulenza al cliente sale al primo posto dell’elenco. Il “correttivo” specifica che la consulenza di cui si discute (nel gioco dei richiami, all’art. 1.1.m-ter CAP) è da intendersi come: “l'attività consistente nel fornire raccomandazioni personalizzate ad  un  cliente,  su  richiesta  dello stesso o su iniziativa del distributore, in relazione ad uno  o  più contratti di assicurazione”. Insomma, il più generico riferimento alla consulenza di cui alla precedente versione dell’art. 106 CAP viene oggi circostanziato e riferito all’attività di “raccomandazione”, meglio declinata nell’art. 119 -ter CAP. L’articolo citato prevede che quando si presti consulenza: 

  • il distributore (compagnie e intermediari) deve fornire al contraente una raccomandazione personalizzata contenente i motivi per cui un particolare contratto è ritenuto più indicato a soddisfare le richieste e le esigenze del contraente medesimo; 
     
  • l’intermediario (il riferimento esclude le compagnie), quando l’attività stessa di consulenza sia imparziale e personale (non ho mai capito come possa una raccomandazione personalizzata non essere personale), deve  fondare  tali consulenze sull'analisi di un  numero  sufficiente  di  contratti  di assicurazione disponibili sul mercato, che gli consenta di  formulare una raccomandazione personalizzata, secondo criteri professionali, in merito al contratto assicurativo adeguato a  soddisfare  le  esigenze del contraente. 

In questo senso, l’attività di consulenza di cui al “correttivo” parrebbe solo quella che si sostanzi in una raccomandazione personalizzata su un determinato prodotto da rendere (parrebbe per iscritto, dovendola documentare) al cliente. Attività di “raccomandazione” che peraltro dovrebbe essere a valle della relazione con il cliente e che è logicamente successiva alla proposizione del contratto (da intendersi, in primis, come presentazione dello stesso). Non si capisce quindi perché inserirla in testa, letta in questi termini stringenti.

Sino alla IDD (e all’inserimento della definizione di “consulenza” nel CAP), il concetto di consulenza nel mondo assicurativo era inflazionato e finiva per assumere mille valenze (ad esempio, la definizione originaria di intermediazione, datata 2005, ben prima dell’IDD, faceva già espresso richiamo all’attività di consulenza non altrimenti circostanziata. Lo stesso lemma era utilizzato nell’art. 120, ma senza che si dovesse presumere una necessaria corrispondenza dei due concetti). A dire il vero, anche dopo il recepimento della direttiva si è proceduto negli stessi termini, ma la novella di oggi sembra rimarcare espressamente che la “consulenza” è quella definita come sopra, e solo quella.

Una riprova che il lemma “consulenza”, anche in ambito IDD (che riporta una definizione analoga a quella del Codice delle Assicurazioni), possa essere letto in termini non vincolati alla “raccomandazione” lo si ricava qua e là, es. nel considerando 14 della stessa dove l’utilizzo del lemma non sembrerebbe compresso nel ristretto ambito definitorio. Considerando 14: “La presente direttiva non dovrebbe applicarsi ai soggetti che svolgono un’altra attività professionale, quali ad esempio consulenti fiscali, contabili o avvocati, che forniscono consulenze in materia di assicurazione a titolo accessorio nell’ambito di detta altra attività professionale”. Limitare la consulenza dell’avvocato in materia assicurativa alla mera “raccomandazione personalizzata” di stipulare una polizza sembra forse troppo. E se questo è vero, allora il considerando può anche essere letto in modo tale da chiarire che la consulenza (non necessariamente “raccomandazione”) se resa da soggetti diversi da quelli citati, deve essere considerata attività distributiva, non capendosi diversamente la precisazione.

Tuttavia, attenendosi alla nuova lettura, secondo cui la “consulenza” di cui all’art. 106 è oggi da leggersi solo come “raccomandazione personalizzata” su uno o più contratti, questa si differenzierebbe dall’altra accezione di consulenza, intesa – ad esempio – come assistenza professionale, a monte, che il distributore può prestare per identificare e rappresentare (anche tramite specifico dossier) i rischi cui è genericamente esposto il potenziale assicurato salvo poi, successivamente, deciso di assicurarsi per questi (o alcuni di questi) cominciare a proporre la stipula di una polizza (non necessariamente, a sua volta, raccomandata). 

Questo cosa comporta? Ovviamente, il rischio che la consulenza descritta poc’anzi non sia considerabile quale attività di distribuzione e come tale non potrebbe essere gestita in termini di attività riservata, anche a fini fiscali (il pensiero va al fenomeno delle cosiddette fatture di consulenza, quando ad esempio si tratti di svolgere un’attività di assistenza e analisi del rischio prima di comprendere se sia possibile procedere alla contraenza di una polizza cauzioni, indipendentemente dal giudizio se quella proposta sia la migliore in assoluto e comunque da “raccomandare” rispetto alle altre distribuibili). Nonostante la nuova formulazione dell’art. 106 del CAP, ci pare che le attività di consulenza sul rischio da assicurare che non si sostanzino in una “raccomandazione” (da giustificare) di uno specifico prodotto per rispondere all’esigenza rientrino sempre nella attività distributiva e riservata.

Infatti, un conto è una consulenza sul rischio non finalizzata alla proposizione di prodotti assicurativi (ad esempio, un risk assessment fatto da una società che operi nel settore del risk management e che non sia distributore) altro è un’attività “preparatoria” alla possibile conclusione di un contratto di assicurazione, si ripete, non necessariamente “raccomandato” rispetto ad altri di cui il distributore dispone, ma presentato chiaramente come perfettamente coerente con l’analisi di rischio svolta.

Sulla base dell’esperienza e della necessità di leggere la norma nel senso più orientato alla tutela del cliente, ci verrebbe dunque da dire che l’attività di consulenza sul rischio che sia intesa in logica successione alla proposizione di contratti debba rimanere attività riservata e non finire in mano a soggetti non periti in tal senso. Così, l’interpretazione finalistica e orientata di questo ventaglio definitorio, sembra dover far salva l’impostazione per cui se l’attività che il distributore pone in essere in termini di consulenza sia orientata alla successiva proposizione di uno o più contratti (anche comparati e liberamente opzionabili dal cliente) non necessariamente “raccomandati”, questa attività debba essere ricondotta necessariamente nello spettro della definizione di distribuzione e rimanere attività riservata, anche a fini fiscali. Il tutto riconducendo questa attività nello spettro degli “atti preparatori” alla conclusione del contratto.

 

2) La presentazione di informazioni su siti web o mediante altri mezzi

Vengo ora al secondo punto di analisi, quello relativo alla rimodulazione della parte finale del comma in commento (è da ritenersi distribuzione “la fornitura di  informazioni  relativamente  a  uno  o  più contratti di assicurazione sulla base di criteri scelti  dal  cliente tramite un sito internet o altri mezzi e la  predisposizione  di  una classifica di prodotti assicurativi, compreso il confronto tra prezzi e  tra  prodotti  o  lo  sconto  sul  premio  di  un   contratto   di assicurazione, se il cliente è in grado di stipulare direttamente  o indirettamente un contratto di assicurazione tramite un sito internet o altri mezzi”). Cadono oggi, invece, i lemmi “anche” e “eventualmente”, precedentemente contemplati nella definizione.

La presenza di quelle due paroline lasciava intendere che fosse attività di distribuzione ogni fornitura di informazioni online su prodotti assicurativi, indipendentemente dal fatto che il cliente potesse interagire con il sito e indicare criteri di confronto. Si leggeva, infatti: “Rientra nell'attività di  distribuzione   assicurativa  la fornitura, tramite un sito internet o altri mezzi,  di  informazioni, relativamente  a  uno  o  più contratti  di  assicurazione, anche confrontati o ordinati, sulla base di  criteri  eventualmente  scelti dal cliente, in termini di premi ed eventuali sconti applicati  o  di ulteriori caratteristiche del contratto, se il cliente è in grado di concludere direttamente o indirettamente lo stesso”.

Quei “anche” ed “eventualmente” sembravano infatti legittimare una lettura estesa della definizione per cui rientrava nell'attività di distribuzione ogni: “fornitura, tramite un sito internet o altri mezzi,  di  informazioni, relativamente  a  uno  o  più contratti  di  assicurazione … se il cliente è in grado di concludere direttamente o indirettamente lo stesso”.

Insomma anche la semplice pubblicità di un prodotto su sito, con ponte telematico al distributore, poteva essere considerata distribuzione, comportando la fornitura di informazioni e consentendo al cliente di direttamente o indirettamente procedere alla stipula. Circostanza questa che veniva a configurarsi come deroga alla regola più generale (art. 107 del Codice delle Assicurazioni) per cui non è attività di distribuzione: “la mera fornitura a potenziali assicurati di informazioni  su prodotti  assicurativi o riassicurativi, se il fornitore non intraprende ulteriori iniziative di assistenza nella conclusione del contratto

Oggi la definizione sembra invece restringere il suo perimetro, dovendosi considerare distribuzione solo “la fornitura di  informazioni  relativamente a uno o più contratti di assicurazione sulla base di criteri scelti  dal  cliente tramite un sito internet o altri mezzi e la  predisposizione  di  una classifica di prodotti assicurativi, compreso il confronto tra prezzi e  tra  prodotti  o  lo  sconto  sul  premio  di  un   contratto   di assicurazione, se il cliente è in grado di stipulare direttamente  o indirettamente un contratto di assicurazione tramite un sito internet o altri mezzi”.

E così, la mera pubblicità sembrerebbe quindi tornare a essere attività estranea alla distribuzione, anche a fini fiscali. Con la necessità per i più prudenti che abbiano deciso di iscriversi (o farsi iscrivere dal proprio intermediario principale di riferimento) al Registro intermediari, di riclassificare la natura della propria attività (anche a fini IVA) ovvero di rimodularla per ricondurla nello spettro definitorio.

Nel senso del chiarimento, si pone poi anche la modifica di chiusa del comma definitorio, per cui la presentazione su sito (o altro mezzo) di prodotti assicurativi non è attività distribuzione se il cliente non sia in grado “di stipulare direttamente o indirettamente un contratto di assicurazione tramite un sito internet o altri mezzi”. La dizione precedente (“se il cliente è in grado di concludere direttamente o indirettamente lo stesso”, senza specifica a siti web o altri mezzi) finiva, al pari di quanto detto in precedenza, per poter essere letta in termini troppo estensivi; il tutto, si ripete, con evidente contraddizione – almeno per quanto riguarda la pura pubblicità e attività di vetrina (ad esempio, locazione di spazi per compagnie e intermediari che intendano utilizzarli per presentare i loro prodotti) - con quanto espresso dall’art. 107 poc’anzi richiamato.

La nuova definizione, allineata alla IDD, pur non completamente risolutiva, sembrerebbe invece poter essere letta in termini tali da ricondurre all’attività di distribuzione solo quelle realtà in cui a fronte della presentazione del prodotto (ad esempio, tramite sito) sia possibile concludere “direttamente” (sempre per esempio, sullo stesso sito) il contratto ovvero “indirettamente” su altro portale a cui accedere, tramite link telematico. Ferme in ogni caso le considerazioni di avvio sull’esclusione della mera pubblicità “vetrina” su web, senza che il cliente possa interagire con singolo provider, potendo – al massimo – essere traghettato sul portale del vero e proprio distributore.

Alessandro Bugli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Socio Studio Legale Taurini&Hazan ​

24/3/2021

 
 
 

Ti potrebbe interessare anche