La discussa riforma del bonus malus RCA post conversione DL Fisco: quali novità?

Con la legge di conversione del Decreto Fisco, la disciplina italiana dell'RC Auto è chiamata a fare i conti con alcune importanti novità riguardanti la formula del bonus malus: novità che prestano il fianco a non pochi dubbi e perplessità, di natura sia tecnica sia etica 

Alessandro Bugli e Maurizio Hazan

Con l’art. 55 – bis del cosiddetto Decreto Fisco, la disciplina del bonus malus italiana conosce un’ulteriore evoluzione. La legge di conversione del Decreto (il n. 124/2019), nella dichiarata speranza di completare la disciplina della classe di merito familiare (di bersaniana memoria, si veda il d.l. 7/2007), ha scatenato aspre polemiche tra gli operatori e le associazioni dei consumatori.

La disposizione si presta, infatti, a serie critiche, da vari punti di vista. Da un lato, per alcune incongruenze tecniche, di cui diremo tra breve. Dall’altro, per gli intenti propagandistici che la sorreggono e che ne inquinano, e molto, la portata etica: cancellare migliaia di storie assicurative e “ripulire” indiscriminatamente la storia sinistri di “bravi” e “meno bravi” cozza, in modo stridente, con i principi che ispirano da sempre la RC auto e che mirano alla responsabilizzazione, e non al troppo facile disimpegno, degli assicurati alla guida.  E, come se non bastasse, questo continuo e largo “condono” degli assicurati viene a cadere, per sua sfortuna, in un momento nero di tragedie stradali. 

Presentata come una riforma virtuosa, che dovrebbe portare a sensibili vantaggi per le tasche dei consumatori, la nuova regola potrebbe in realtà produrre effetti antinomici. E comunque fatica ad integrarsi nell’attuale sistema dell’assicurazione RCA e a raccordarsi con le precedenti riforme. Vediamo perché. 

 

Le regole dell’assicurazione RCA in Italia

Formule tariffarie

Per meglio orientarci, dobbiamo fare un passo indietro e partire dalla regola generale di cui all’art. 133 del Codice delle Assicurazioni (d.lgs. 209/2005), che fissa la regola secondo la quale le assicurazioni RCA devono essere pensate e strutturate per prevedere una compartecipazione dell’assicurato (normalmente, il proprietario del veicolo, assieme al conducente ex art. 2054 c.c.) al danno cagionato a terzi.

E, infatti, secondo l’art. 133 CAP: “Per i ciclomotori, i motocicli, le autovetture e per altre categorie di veicoli a motore … i contratti di assicurazione debbono essere stipulati in base a condizioni di polizza che prevedano ad ogni scadenza annuale la variazione in aumento od in diminuzione del premio applicato all'atto della stipulazione o del rinnovo, in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo, oppure in base a clausole di franchigia che prevedano un contributo dell'assicurato al risarcimento del danno o in base a formule miste fra le due tipologie…”.

E dunque la formula bonus/malus, lungi dall’essere un puntiglio degli assicuratori “vampiri”, è – oltre che il modello di maggior contrasto a fenomeni di moral hazard (opportunismo post contrattuale) – una soluzione voluta dal legislatore per garantire la responsabilizzazione del conducente.

Secoli di storia ci insegnano, infatti, che l’assicurazione di responsabilità non può e non deve trasformarsi in un troppo facile scudo per l’assicurato, il quale non deve essere mai indotto ad abbassare la sua soglia di attenzione, e quindi aumentare le possibilità che si verifichino eventi di sinistro, nella convinzione di aver ormai trasferito ogni rischio di responsabilità al suo assicuratore.  Ciò a maggior ragione nel settore della RC auto, socialmente rilevante, dove - per semplificare -  il sapere di non dover rispondere patrimonialmente in caso di incidente può condurre a condotte di guida non sempre responsabili. Ed è proprio per questa ragione che il legislatore ha previsto che l’assicurato debba sapere che, in caso di incidente con colpa, dovrà pagare in proprio una franchigia oppure borsare maggiori importi per assicurarsi nell’annualità successiva. In principio, fu solo malus (o, formule assimilate, tipo il peius); poi arrivò anche il bonus, cioè il premio a scadenza per i conducenti virtuosi, quale incentivazione a condotte di guida più prudenti. E dunque, nella formula bonus/malus, “guidar bene significa - alla fine - non soltanto contribuire alla sicurezza delle strade ma anche risparmiare sul premio di polizza rendendo più sostenibile l’assicurazione della RC auto. 

 

I tanti interventi legislativi di questi anni, in vista di un solo obiettivo. La necessità di una riforma organica

Il rapporto tra guida virtuosa e abbassamento del livello dei premi pare esser stato negli ultimi anni una sorta di mantra per il legislatore. Allargando l’angolo visuale, sono infatti decine le disposizioni di legge e regolamentari che, in questi anni, hanno tentato di stimolare condotte di guida sempre più virtuose (tanto più in tempi in cui sembrano tornare alla luce fenomeni di cui avremmo volentieri fatto a meno, quali le stragi del sabato sera). Trattasi delle regole sugli sconti per scatola nera, sullo sconto obbligatorio a favore dei conducenti virtuosi che risiedano in province maggiormente rischiose in termini di sinistri, dello sconto trasparente in preventivo per l’anno successivo, in caso di assenza di sinistri con responsabilità, …

Provando a ricondurre tutto a un’unità (pur precaria) di pensiero, l’ambito risultato – almeno dal lato tariffario – avrebbe dovuto essere quello di garantire un accesso di favore all’assicurazione per i conducenti virtuosi, indipendentemente dal luogo di residenza e circolazione. Ciò, in una logica di corretto bilanciamento di diritti e doveri e di mutualizzazione delle risorse necessarie per pagare i sinistri tramite raccolta premi, a danno dei conducenti meno virtuosi che dovrebbero invece responsabilmente rispondere delle proprie azioni.

Ma non vi è dubbio che tutta questa serie di provvedimenti sparpagliati, spesso sostenuti da intenzioni neppur velatamente demagogiche, integra un quadro ordinamentale disordinato e, soprattutto, scoordinato.

Al di là di interventi estemporanei e a spot, come quello che ci occupa, sarebbe stato di gran lunga preferibile un ripensamento organico dell’intera materia e una riscrittura ordinata del corpo contrattuale dell’assicurazione auto e del danno risarcibile. Ciò per rendere l’operazione assicurativa ben calibrata ed effettivamente sostenibile, sia per i consumatori che per le imprese.

 

L’importanza di un buon sistema di bonus malus per assolvere l’obbligo di contrarre da parte delle imprese di assicurazione

Tornando al bonus malus e alle regole di corretta valutazione del rischio da assumere da parte delle imprese, un secondo punto fermo del nostro ragionamento è dato dalla peculiare natura dell’assicurazione RCA in Italia. Si è infatti al cospetto di un modello di responsabilità obbligatoriamente assicurata (per il suo elevato rischio e per l’importanza cardinale di garantire la libera circolazione) per cui, a fronte di un obbligo di assicurarsi per poter immettere in circolazione un veicolo, esiste un obbligo per le imprese di assicurazione di contrarre, senza possibilità di rifiutare la copertura a nessuno (il cosiddetto obbligo “a” contrarre di cui all’art. 132 del Codice delle Assicurazioni).

L’obbligo di assicurare impone però – ovviamente – la necessità di ponderare con la massima attenzione il grado effettivo di rischio che si va ad assumere, per evitare di sottostimare alcuni profili che finirebbero per alterare, ove non adeguatamente valorizzati, il buon andamento tecnico del ramo e, con esso, la sostenibilità generale del sistema (in questo senso, si vedano anche le finalità cardinali fatte proprie dall’art. 3 del Codice delle Assicurazioni). Alla base, dunque, vi è il principio della sana e prudente gestione dell’impresa assicurativa, quale primo presidio di tutela per la stessa collettività assicurata, che finirebbe per esser danneggiata, nel suo complesso, dall’entrata in crisi di un’impresa o dell’intero mercato.

Conciliando il primo e secondo punto del nostro ragionamento, non si può quindi non cogliere l’importanza delle verifiche preassuntive (anche a fini antifrode) da parte delle imprese di assicurazione. Recita l’art. 132 del Codice delle Assicurazioni in materia di obbligo di contrarre che: “Le imprese di assicurazione stabiliscono preventivamente le condizioni di polizza e le tariffe relative all’assicurazione obbligatoria, comprensive di ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. 1-bis. Le imprese di assicurazione sono tenute ad accettare le proposte che sono loro presentate secondo le condizioni e le tariffe di cui al comma 1, fatta salva la necessaria verifica della correttezza dei dati risultanti dall’attestato di rischio, nonché dell’identità del contraente e dell’intestatario del veicolo, se persona diversa…”.

Il tutto senza dimenticarsi l’esigenza di garantire, in caso di sinistri, una pronta e piena liquidazione degli aventi diritto, senza per questo favorire condotte speculative o, peggio, fraudolente.

Insomma, pur nella precarietà di un impianto normativo frastagliato, la regola di fondo che sta al centro dell’assicurazione della RC auto può riassumersi nel seguente principio: la sostenibilità del sistema, da tutti noi sovvenzionato con il pagamento del premio (e chi di noi non ha un veicolo...?)  passa attraverso il contenimento dei prezzi che, a sua volta, dipende dalla serietà delle imprese di assicurazione e dalla moralizzazione delle condotte (contrattuali, di guida e in caso di sinistro) dei cittadini, siano essi assicurati o vittime di incidenti.

 

Obbligo di contrarre e bonus malus: il sistema delle classi di merito e il ruolo dell’attestato di rischio, come pagella dell’assicurato. Il rischio di perdita significativa della sua vera utilità a fini assuntivi

Pur nella chiarezza della sua ratio, il principio di cui sopra si sviluppa e realizza attraverso una serie di strumenti tecnici spesso non facilmente compresi dall’”uomo della strada” : tra questi l’attestato di rischio e le classi di merito, su cui ci soffermeremo un attimo.

L’attestato di rischio è il documento, oramai completamente digitalizzato e gestito tramite banca dati, che consente di conoscere la storia sinistri del singolo interessato e la sua classe “di merito” di appartenenza. Insomma, trattasi della vera e propria pagella dell’assicurato. Pagella da esibire in caso di stipula della polizza e sulle cui risultanze l’impresa dovrà necessariamente compiere le sue valutazioni per individuare la corretta misura di premio da applicare.

Senza che ciò sposti il nostro ragionamento, avendo ogni compagnia un proprio modello di classi di merito in cui inserire e gestire in termini tariffari i propri assicurati, esiste un secondo modello di classi cosiddette “universali” (di matrice regolamentare) che consentono di tradurre in regola generale il modo di classificare i singoli assicurati. Trattasi di una scala di 18 classi, con ingresso a partire dalla n. 14 in caso di avvio della propria storia di guida, per cui ad ogni singola scadenza di polizza, se non avrò cagionato sinistri diminuirò di un’unità (passando dalla 14 alla 13, e così via) o, in caso contrario, salirò di 2 classi per il primo sinistro (dalla 14 alla 16) e ancor di più in caso di più sinistri in corso di periodo assicurativo. La classe 1 è ovviamente la più ambita.

Perché tutta questa sofisticazione? Lo si ripete, per le finalità descritte in avvio e provare ad attribuire a ciascuno il giusto premio di tariffa da applicargli a fronte del suo contributo, in termini di buona condotta di guida, alla sicurezza delle strade e, con essa, alla gestione in economia del sistema “sociale” dell’assicurazione automobilistica. Così secondo logica, più il “cliente” si collocherà in una classe “bassa”, meno dovrà pagare; viceversa più si sarà prossimi alla classe 18, maggiore sarà il costo dell’assicurazione. È bene ricordare però - e questo è certamente uno dei punti di debolezza del modello bonus/malus – che la classe di riferimento non è legata alla singola patente assicurata, bensì al connubio proprietario/singolo veicolo; con la conseguenza che il proprietario di più veicoli, potrebbe riposare in diverse classi di merito, a seconda del singolo mezzo che intenda assicurare.

Ora, va da sé che la tariffa RCA terrà conto (ex art. 35 del Codice delle Assicurazioni) anche di altri fattori – ad esempio, età del conducente, modello di veicolo da assicurare, territorio di prevalente circolazione … – ma la storia sinistri, per quel che si è detto, dovrebbe essere il primario punto di attenzione nel fissare la tariffa da applicare.

In questa impostazione, è quindi l’attestato di rischio, secondo il legislatore, a fungere da primario elemento di garanzia per il funzionamento del sistema dell’assicurazione RCA italiana. 

 

Il primo attentato alla tenuta del modello. La riforma “Bersani 2” del 2007

Questo modello (non necessariamente il migliore, ma coerente con le altre esperienze europee) era da tempo consolidato all’interno dei nostri assetti normativi quando, nel corso del 2007,  è stato messo in seria discussione dal noto decreto legge n. 7 (convertito), a molti noto come la cosiddetta seconda “lenzuolata” Bersani.

Il legislatore del tempo, nella convinzione che si potesse dare risposta al lamentato caro premi RCA, insieme ad altri interventi, aveva immaginato di mutare lo scenario di partenza, introducendo un concetto di classe di merito “familiare” e consentire al proprietario di più veicoli della stessa tipologia (auto con auto, motociclo con motociclo, …) di valersi della classe più favorevole anche per i nuovi veicoli acquistati. Il pensiero corre all’art. 134, comma 4 bis, del Codice delle Assicurazioni, introdotto proprio dalla riforma Bersani: “4-bis. L'impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contrattorelativo a un ulteriore veicolo della medesima tipologia, acquistato dalla persona fisica gia' titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare, non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già "assicurato”.

Il motivo di un simile stravolgimento traeva linfa, oltre che dalla volontà di intervenire sul fenomeno del caro premi, anche dalla seguente constatazione: se in famiglia si hanno più veicoli, e tutti li guidano tutti, non ha senso distinguere in termini di classi di merito a seconda del singolo familiare proprietario del mezzo. E tantomeno avrebbe senso farlo nel caso del proprietario di più veicoli (equipollenti), in relazione al quale non si comprenderebbe perché dover far conviver più e diverse classi di merito.

Entrambe le considerazioni risultano suggestive, ma mentre sulla seconda si poteva essere d’accordo, a rigor di logica e in termini di risultato, sulla prima si potevano già all’epoca nutrire severi dubbi e svariate critiche; e gli esiti della riforma, col senno di poi, li hanno confermati.

Guardando al beneficio di classe unica familiare, riprendendo l’indicazione di IVASS, all’esito della novella “Bersani” si può usufruire della classe di merito del familiare solo:

  • fra membri dello stesso nucleo familiare, con identica residenza; 
  • per le polizze assicurative di veicoli dello stesso tipo (autovetture, motoveicoli, ecc.); 
  • per un veicolo assicurato per la prima volta nel nucleo familiare di riferimento, anche se usato; 
  • fra le persone fisiche, non giuridiche (sono quindi escluse dal beneficio le società). 

Alla fine del “gioco”, il sistema Bersani consente al neo-patentato di accedere all’assicurazione alle stesse condizioni di classe di merito del padre o della madre. Nonni e nipoti sono classificati alla stessa maniera. Anche in caso di unioni familiari di breve respiro, il componente più sinistroso può ripulire la sua storia sinistri, e avvantaggiarsi della classe di merito più favorevole. Con buona pace dei meccanismi responsabilizzanti che, comunque, stanno alla base delle regole tariffarie dell’assicurazione della RC auto. 

 

Il quadro italiano, prima della riforma 2019 ( DL Fisco) 

Nel giro di qualche anno, il modello di partenza - che voleva un’entrata in classe 14, e 13 anni senza sinistri per andare in massima classe – è stato travolto come da un colpo di spugna, con attestati largamente ripuliti dalla storia sinistri e il collocamento di buona parte degli assicurati italiani in classe 1. Secondo ANIA, ogni anno circa il 95% degli assicurati risulterebbe esente da sinistri e, quindi, proprio per l’effetto scivolamento, migliora (senza alcun merito effettivo) la propria posizione. L’80% starebbe già riposando in classe 1.

Insomma, a guardare la banca dati sugli attestati di rischio, si dovrebbe dire che questo è un Paese di virtuosi alla guida; se non fosse che i dati sui risarcimenti, il livello di contenzioso (anche se in discesa) e le “nuove” stragi del sabato sera non sembrano confermare il dato. Anzi. 

E ancora, se tutti sono “bravi”, allora tutti dovrebbero pagare – su per giù – lo stesso importo per assicurarsi. Ma così non è, perché – ancora una volta – sono i numeri a smentire tale conclusione. Sono infatti le altre variabili di tariffa, di cui si è detto in precedenza (età, modello di veicolo, ma soprattutto il territorio, …) a incidere sulla diversificazione dei premi, ovviando in qualche modo all’ “infedeltà” di un attestato di rischio che ormai “attesta” pochissimo e omologa moltissimo. Tra queste variabili è soprattutto quella sul “territorio” a risultare foriera di classificazioni non sempre etiche, non riuscendo a discriminare davvero tra assicurati virtuosi e non. 

L’impressione, dal punto di vista tecnico, è che, alla fine, più si indebolisce il modello di bonus malus, più si vengono a stabilire meccanismi di reazione o, quantomeno, di impropria compensazione, con l’effetto naturale di aumentare l’impatto e il peso di variabili tariffarie generali, a scapito delle più specifiche regole di osservazione dei fenomeni di maggiore incidenza: la condotta di guida e la sinistrosità. Il tutto rinunciando a premiare coloro che effettivamente lo meriterebbero, facendo loro pagar dazio per il comportamento meno virtuoso di altri.

E comunque la prima “contromisura” delle compagnie al primo indebolimento del bonus malus del 2007 fu quella di creare scale di progressione differenziate per clienti che rinnovino e nuovi clienti. Ovvero quella di allargare il perimetro delle prime classi (quelle dove riposano la maggior parte degli assicurati), sino a creare dei macrocontenitori all’interno dei quali, ad esempio, due soggetti, pur beneficiando entrambi della classe 1, finiscono per pagare premi sensibilmente diversi.

È in questo contesto che, nell’estate del 2017 la legge sulla concorrenza (legge n. 124/2017), ha provato ad introdurre alcuni interventi correttivi, senza però ottenere risultati di autentica portata. In questa direzione si poneva, in particolare, il nuovo art. 134, comma 4-bis, del Codice delle Assicurazioni), a mente del quale: “L'impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, relativo a un ulteriore veicolo della medesima tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare, non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato e non può discriminare in funzione della durata del rapporto garantendo, nell'ambito della classe di merito, le condizioni di premio assegnate agli assicurati aventi le stesse caratteristiche di rischio del soggetto che stipula il nuovo contratto”.

 

Il DL Fisco (o, meglio, la sua legge di conversione) e il secondo attentato al modello bonus malus

Insomma, il quadro generale in cui fino a ieri ci si muoveva era di per sé non armonico e non appagante (almeno sul piano del rispetto dei principi tariffari di base), salvo per la progressiva riduzione dei premi di questi anni (grazie all’impegno delle compagnie e dell’Autorità di vigilanza. E, mentre si immaginava che potesse finalmente vedere la luce una riforma organica dell’assicurazione RCA, che intervenisse anche sul bonus malus, ecco irrompere la novità del DL Fisco.

Ben lungi, per quel che si dirà, dal raggiungere il fine per cui è stata scritta (l’articolo è rubricato “Misure a favore della competitività delle imprese italiane del settore assicurativo e della produzione di veicoli a motore”), quest’ultimo, ennesimo, intervento normativo impatterebbe sulla precedente disciplina di legge nei termini di seguito schematizzati (almeno secondo quanto pare desumersi dalla volontà del legislatore):

  1. il beneficio Bersani sarebbe utilizzabile sia in caso di nuovi contratti RCA, sia in caso di rinnovi;
  2. lo stesso beneficio sarebbe applicabile anche per veicoli NON più necessariamente della stessa tipologia;
  3. si potrebbe utilizzare il beneficio solo nel caso in cui l’assicurato non abbia cagionato sinistri negli ultimi 5 anni.

Secondo la posizione del Senato, la norma “estende[rebbe] l’obbligo per l'impresa di assicurazione di assegnare al contratto relativo a un ulteriore veicolo, anche di diversa tipologia, la medesima classe di merito risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato, anche in tutti i casi di rinnovo di contratti già stipulati in precedenza (non solo per la stipula di un nuovo contratto)”. 

La conseguenza naturale sarebbe, quindi, un rafforzamento di un modello, e di un beneficio, che si è già detto essere poco vincente, estendendolo anche ai rinnovi di garanzia e non all’utilizzabilità del beneficio solo in caso di prima stipula di assicurazione a fronte dell’acquisto di un veicolo.

L’effetto sarebbe naturalmente quello di consentire una ripulitura dell’attestato di rischio su base quinquennale, oltre a qualche possibile escamotage di cui si dirà.

Verrebbe a cadere il limite sin qui insuperabile del trasferimento della storia sinistri tra due e quattro ruote (e, più generalmente, per veicoli non più della stessa tipologia). Il tutto sulla convinzione che la migliore classe di merito maturata sul un motociclo, di sporadico utilizzo, magari ricoverato nella casa delle vacanze, possa essere utilizzata per “azzerare” anche tutti gli altri attestati di rischio relativi a, ad esempio, auto sportive o SUV. 

I single e i nuclei familiari che non abbiano un ampio parco veicoli ne risulterebbero meno privilegiati, essendo l’apertura più utile nel caso di proprietario di miniflotte e famiglie (anche meno numerose rispetto ad altre), me proprietarie di più mezzi.

Se tutto quanto detto corrisponde in termini di effetti a quanto vorrebbe la novella, almeno nella sua dichiarata funzionalità (i.e. aprire il beneficio ai rinnovi e a veicoli di diversa tipologia), preme qui rilevare come, a una più attenta analisi, il testo della disposizione che va circolando si presti in realtà a letture diverse, persino paradossali e antinomiche.

Proviamo dunque a leggere il nuovo art. 134, comma 4-bis: "L’impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto e in tutti i casi di rinnovo di contratti già stipulati, purché in assenza di sinistri con responsabilità esclusiva o principale o paritaria negli ultimi 5 anni, sulla base delle risultanze dell’attestato di rischio, relativi a un ulteriore veicolo anche di diversa tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare, non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato e non può discriminare in funzione della durata del rapporto garantendo, nell’ambito della classe di merito, le condizioni di premio assegnate agli assicurati aventi le stesse caratteristiche di rischio del soggetto che stipula il nuovo contratto". 

E proviamo a vagliarne le possibili interpretazioni.

 

Le possibili interpretazioni della norma: quella restrittiva  (che la priverebbe ogni significato) e quella razionale

Volendo leggerla con attenzione, la disposizione prevederebbe testualmente come requisito principe per la concessione del beneficio che il veicolo debba entrare per la prima volta nel patrimonio del singolo o della famiglia. Il passaggio letterale che già in precedenza giustificava questa interpretazione condivisa anche da IVASS è il seguente: “contratto relativo a un ulteriore veicolo acquistato”; e continua a vivere anche nella vigente disposizione di legge. 

Così letta, però, la norma sarebbe quasi del tutto privata del suo significato, non cambiando nulla rispetto al passato. Infatti, ammesso che abbia senso parlare di rinnovi nella RCA, dopo la modifica del Codice delle Assicurazioni e l’introduzione dell’art. 170-bis per tramite del d.l. 179/2012 (conv.), non parrebbe proprio possibile rinnovare (prorogare) un contratto assicurativo in cui cambia il soggetto assicurato, in ragione dell’acquisto del veicolo stesso. Per chiarire, se la premessa per l’applicazione del beneficio fosse davvero che io o un mio familiare convivente si sia acquistato un veicolo (nuovo o usato) sarebbe evidente che in quell’anno la proprietà passerebbe di mano da un terzo a me o ad un mio parente; il che produrrebbe necessariamente la stipula di un nuovo contratto di assicurazione e non un suo rinnovo. Vuoi solo, si ripete, per il fatto che il portatore di rischio (l’assicurato) non è più lo stesso.

Accedendo a questa lettura, la disposizione vedrebbe fortemente limitato il suo impatto e l’unica novità sarebbe quella di utilizzare il beneficio anche per veicoli di diversa tipologia, ma a patto che si tratti sempre e comunque di “nuovi” acquisti.

Ora, rifacendosi all’art. 12 delle Preleggi (per privilegiare in un testo poco chiaro un’interpretazione aderente alla volontà del legislatore) si deve ritenere che l’introduzione del lemma rinnovo sia significativa della volontà di consentire l’utilizzo del beneficio anche per veicoli NON necessariamente di primo ingresso nel nucleo familiare. Questo potrebbe fornire la stura per una serie di comportamenti opportunistici e per nulla virtuosi quali, come fatto notare dai migliori interpreti di questa materia, la vendita fittizia infra nucleo familiare di un veicolo a favore di un convivente non sinistroso, per consentire a questo di evitare l’applicazione del malus sulla targa di riferimento. Si immagini il caso di un figlio che abbia un sinistro nel periodo di assicurazione in corso e che, a scadenza, ceda elusivamente la proprietà del mezzo al fratello (che non abbia avuto sinistri negli ultimi 5 anni) per consentire a quest’ultimo di utilizzare l’attestato di favore del genitore; cosa altrimenti non possibile per il figlio originario proprietario. Il tutto, magari, e quasi sicuramente, senza che l’effettivo utilizzo del mezzo di cui si discute sia passato effettivamente ad altro componente della famiglia, ma continui a essere condotto da un soggetto che avrebbe dovuto pagare le pene “educative” del malus.

 

La vera novità che sembra impattare veramente sull’applicazione del  beneficio “Bersani”

Tutto ciò premesso, quello che francamente lascia stupiti è che, letta per come scritta, la disposizione – pur aprendo ai rinnovi e ai veicoli della stessa tipologia – finisce in realtà per ridurre proprio l’utilizzo della Bersani in caso di acquisto di nuovo veicolo. Il beneficio scritto nel 2007 sarebbe oggi testualmente utilizzabile solo nel caso in cui l’assicurato  non abbia commesso sinistri negli ultimi 5 anni (la poca chiarezza della disposizione apre il dubbio circa il fatto che l’assenza di sinistri possa riferirsi al familiare – od anche al familiare - di cui si voglia utilizzare l’attestato; ma più ragionevolmente il requisito deve intendersi correlato all’assicurato). 

Questa regola, totalmente discontinua rispetto alla prassi sin qui in uso, non esisteva affatto in passato e potrebbe avere impatti davvero rilevanti sull’applicazione del beneficio, ponendo la necessità di verificare l’assenza di sinistri negli ultimi 5 anni in capo al proprietario del mezzo. Il tutto con riduzione dello spettro teorico di utilizzabilità del beneficio stesso.

 

Conclusioni

Sarà la prassi, e l’aiuto dell’Autorità di vigilanza (salve interpretazioni autentiche del legislatore), a dover chiarire quale di queste diverse letture andrà privilegiata e come. La disposizione di cui si discute, poi, dovrebbe essere immediatamente applicabile (almeno per i rinnovi di coperture in essere, ove in famiglia vi sia un miglior attestato di rischio per veicoli della medesima categoria; stante il dettato della norma transitoria), ma non pare credibile che possa trovare concreto utilizzo da subito.

Ciò anche per l’impatto sui meccanismi assuntivi delle compagnie (soprattutto quelle online, che dovrebbero cambiare i propri processi IT), con costi di intervento non trascurabili, e difficoltà a dare attuazione alla regolamentazione esistente. Si pensi alle regole di alimentazione e gestione delle banca dati degli attestati di rischio, alla luce del nuovo attestato di rischio cosiddetto “dinamico” che consente di rettificare la classe di merito e l’attestato di rischio anche in un momento successivo alla stipula di un nuovo contratto, ove si rilevi una responsabilità dell’assicurato nella causazione di un sinistro. Infatti, come potrebbe avvenire la rettifica post rinnovo di un rapporto assicurativo che, nel frattempo, ha visto cancellata la sua storia?

La sensazione, in definitiva, è nel senso che la riforma – quand’anche applicabile – non produrrà affatto alcun beneficio di sistema e i risparmi auspicati saranno più teorici che pratici.

Ed anche se è vero, per restar nell’intenzione del legislatore, che la famiglia può avere una sua unitarietà comportamentale, economica, etica e morale, non è altrettanto vero anche che tutti i familiari sono ugualmente attenti alla guida. Di conseguenza, trattare tutti alla stregua del conducente più attento in famiglia, fa torto al buon senso, prima ancora che alla tecnica assicurativa.

E se anche il risultato fosse, alla fine, quello di pervenire a una vera e propria classe unica familiare - senza “ma” e con pochi “se” – l’insidia prevedibile è che, a fronte di un fabbisogno tariffario invariato (e di un rischio della circolazione immutato) si assista all’ulteriore crescita del peso di altre variabili tariffarie, prima fra tutte quelle legate al territorio e alle caratteristiche soggettive del conducente (in primis, l’età). Una vera e proprie eterogenesi dei fini, con buona pace degli intenti di corretto bilanciamento delle tariffe, possibile innalzamento generale dei premi e, alla fine, annichilimento della regola di partenza, volta a premiare i conducenti davvero più virtuosi. 

Ci pare che il nostro sistema della RC auto, dalla vocazione sociale tanto spiccata e dall’impatto economico così sentito nelle tasche di tutti noi, meriti approcci meglio strutturati, più definitivi e maggiormente ponderati. L’invito, per quanto valga, non può che essere quello di sedersi e ripensare la materia in modo organico, tanto più in tempi in cui i premi non stanno salendo, ma sono in progressiva decrescita dal 2012 in avanti. È una questione di volontà e di seria applicazione. 

Alessandro Bugli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Studio Legale Taurini&Hazan

Maurizio Hazan, Comitato Tecnico Scientifico Itinerari Previdenziali e Socio Studio Legale Taurini&Hazan 

23/12/2019

 
 

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