Manufacturer de facto, intermediari a titolo accessorio e MGA

Sono passati quattro anni dal recepimento della direttiva 2016/97/UE: forte di un progressivo sedimentarsi delle novità, il mercato italiano già registra le prime buona pratiche. Quale però, nel complesso, lo stato della distribuzione assicurativa post IDD?

Alessandro Bugli

La Insurance Distribution Directive - IDD (2016/97/UE) ha introdotto nel mondo degli operatori di assicurazione diverse novità, ben note al mercato, e che come tali non meritano richiamo. Termini come POG (Product Oversight Governance), D&N (demands and needs), il manufacturer de facto (qui per comodità, MDF) e MGA (Managing General Agency) – non tutti di derivazione IDD - sono diventati espressioni di uso comune e necessari per gestire e comprendere la moderna distribuzione assicurativa di questi anni.

Il 2018, anno di recepimento in Italia della direttiva IDD, si fa lontano. Gli operatori di mercato stanno, con più o meno perizia, facendo proprie queste novità e hanno compreso (almeno in parte) le potenzialità – e non solo i maggiori oneri burocratici – di cotanta innovazione.

L’impatto della nuova regolamentazione, tra cui, modifiche al Codice delle Assicurazioni (CAP), un tris di regolamenti IVASS nn. 39, 40 e 41 del 2018, un doppio correttivo a livello primario e regolamentare (si veda il Correttivo IDD – d.lgs. 187/2020 e provv. IVASS n. 97/2020) con in aggiunta una lunga serie di FAQ (qui, qui e qui altri link per la consultazione) non sembra avere comportato uno stravolgimento dell’assetto preesistente, ma si può ritenere che si stiano definendo delle linee di sviluppo per il mercato e, quindi, per primi, per gli operatori di settore.

 

Intermediari e tecnologia

Il mercato della distribuzione italiano, infatti, ha veicolato in questo primo ventennio del nuovo millennio la propria produzione tramite reti tradizionali e fisiche di agenti, broker e canali alternativi (banche, società Poste Italiane - Divisione servizi di bancoposta e altro). A questi canali (principali e con capacità diversa di intermediazioni nel settore vita e danni), si è via via aggiunto – almeno per alcuni rami amministrativi – il canale diretto (internet e telefono), che ha raggiunto un livello non trascurabile di distribuzione. Si pensi, per esempio, alle Compagnie cosiddette “dirette” (presso cui il cliente può acquistare a distanza) e ai comparatori di assicurazione (entrambi riconosciuti a titolo proprio come distributori e ragione della nuova ampia definizione data dalla IDD e conseguentemente dell’art. 106 CAP [1]).

Questa giovane distinzione tra “tradizionale” e “a distanza” sembra tuttavia essere già obsoleta. Infatti, le reti di intermediari fisici (anche alla luce del distanziamento imposto dalla pandemia COVID) hanno dovuto modificare le modalità di contatto con la clientela, aprendo al telefonico e al telematico. E prima ancora della pandemia, gli operatori della distribuzione a distanza si erano - di converso - aperti a modalità di vendita tradizionale tramite ingaggio di operatori fisici sul territorio. Siamo, quindi, già al cospetto di un'ibridazione di modello che non consente più agilmente di segnare la linea tra operatori di un mondo e quelli dell’altro. Lasciando presagire, probabilmente, l’apertura a una logica di un potenziamento reciproco dell’uomo e della macchina, almeno per i prodotti a maggiore “complessità” o che richiedano consulenza (ma, forse, non solo per questi; stante la difficoltà di avvicinare i singoli ad un corretto approccio al rischio, anche per aspetti semplici e che dovrebbero essere di immediata comune intuizione).

Ovviamente, per la distribuzione a distanza sono ancora vivi tutta una serie di temi che attengono al corretto tracciamento di tutte le attività. Uno dei temi aperti è ancora, dopo anni, quello della firma del contratto e della negoziazione a distanza. L’assicurazione e soprattutto la velocità di negoziazione di alcune polizze (definite, non a caso, instant) richiederebbe un intervento dedicato del legislatore per garantire la certezza degli impegni assunti, sia per l’assicurato sia per l’assicuratore che spesso è vittima di comportamenti opportunistici di disconoscimento degli impegni assunti, sulla base di una non sicura imputabilità della scelta al singolo contraente.

 

Gli intermediari a titolo accessorio

In questo mercato, proprio alla luce di IDD, si è aggiunta la categoria dei canali di distribuzione “a titolo accessorio” (v. art. 1, cc – septies del CAP [2]). Trattasi – almeno a livello definitorio – di soggetti o società che svolgono una attività principale diversa dalla intermediazione assicurativa, e che nell’ambito della produzione di beni o prestazione di servizi non assicurativi si trovino comunque a distribuire soluzioni assicurative direttamente per conto di una compagnia (da iscrivere in sez. F del Registro Unico degli Intermediari - RUI) o per altro intermediario (di cui alle sezz. RUI A, B, D e F e da iscrivere nella sez. E “a titolo accessorio” dello stesso RUI). Almeno negli auspici, sarebbero dovuti finire in questa definizione (e quindi sotto la riserva di attività del CAP e la vigilanza IVASS) proprio coloro che, non operando a tempo pieno e primario quali intermediari, avrebbero potuto limitarsi a formarsi e aggiornarsi relativamente ai prodotti concretamente distribuiti (a differenza dei loro colleghi agenti e broker). Sappiamo non essere andata del tutto in questi termini.

I benefici in termini di minori oneri burocratici e di formazione/aggiornamento rispetto agli agenti “a pieno titolo” esistono, ma non in termini tali da indurre gli operatori a operare sotto tale veste e non a titolo “pieno e professionale”. Il beneficio per le sez. F consiste nel non dover sostenere l’esame di abilitazione a Roma (come per agenti e broker) e per i collaboratori “a titolo accessorio” di altri intermediari (le sezioni E “a titolo accessorio) vi è un dimezzamento dei minimi orari di aggiornamento annuale (15 e non 30 ore). Detto questo, come anticipato, il ricorso allo strumento ci sembra (salvo inganni) ancora contenuto.

Ciò probabilmente anche – e soprattutto - per la limitazione di prodotti distribuibili che vale per tali intermediari. Questi, infatti, possono distribuire solo prodotti complementari a beni e servizi non assicurativi, con ulteriori limiti per la distribuzione del vita e della RC [3]. Da qui un apparente approccio conservatore che privilegia, nell’opzione tra iscrizione in sez. E ordinaria o “a titolo accessorio”, l'iscrizione in sezione E a titolo ordinario (con obblighi di aggiornamento pieni e non dimidiati) o, per coloro che vogliano operare direttamente con le compagnie, la creazione di newco agenziali, eventualmente a oggetto sociale misto. 

In questo contesto, si registra poi la diffusione difficilmente controllabile (ma da monitorare attentamente a livello contrattuale e di relazione dai diversi preponenti) delle doppie iscrizioni in sez. E e sez. E a titolo accessorio in ragione delle diverse scelte svolte dagli intermediari principali con cui tali distributori lavorano. Al di là del divieto di doppia iscrizione, la stessa logica esclude la possibilità (per mero titolo di esempio) di essere un dealer “a titolo principale” e “accessorio” nello stesso momento. Ciò significherebbe dichiarare nello stesso momento di esercitare la distribuzione assicurativa come attività principale e come attività secondaria nell’ambito di un’unica attività imprenditoriale. Queste anomalie e doppie iscrizioni, se non attentamente monitorate, possono poi divenire cartina di tornasole di un distratto approccio e controllo della rete da parte degli stessi intermediari preponenti (o di alcuni di questi) che dovrebbero sapere e monitorare nel tempo se si stanno valendo di un distributore “principale”, iscritto come tale, o di un soggetto che dichiari ad altri (consapevolmente “?”) di svolgere tale attività “a titolo accessorio”, con le ricadute che questo comporta in termini di aggiornamento professionale e di diverso monitor sulla sua attività da parte degli stessi preponenti.

Un intervento interpretativo di EIOPA o, meglio ancora, normativo del legislatore europeo e nazionale si rende quindi auspicabile per meglio gestire questa partita, a tutela di tutti gli operatori e soprattutto della clientela finale.

 

Manufacturer de facto 

Ma se al mondo sempre più “ibridato” (tra tradizione e telematica) della distribuzione si aggiunge – almeno in potenza - questo vasto mondo di intermediari “accessori”, un altro fenomeno si pensava avrebbe potuto prendere parallelamente piede, stante la novella della direttiva IDD. Il riferimento è alla figura dell’intermediario co-produttore con la Compagnia di soluzioni assicurative (il cosiddetto manufacturer de facto, MDF [4]). Forse solo nella fantasia di chi scrive, lo strumento avrebbe dovuto consentire al mercato dei distributori (almeno per quelli più strutturati) di assurgere al ruolo di creatori di linee di prodotto white label dedicate alla loro platea di utenti (magari in esclusiva). Se infatti l’intermediario è il termometro delle esigenze della clientela, magari in settori di rischio particolari, il suo ruolo non è più solo quello di mero “distributore” di soluzioni assicurative, ma si eleva a guidare il mercato nella creazione di soluzioni nuove e dedicate.

Ciò premesso, il mercato sembra anche qui avere assunto un atteggiamento conservativo, arrivandosi a relegare il ruolo del MDF a casi veramente eccezionali. Ciò secondo una lettura restrittiva per cui si abbia tale ruolo non quando si finisca – come spesso accade – per sottoporre alla Compagnia un prodotto fatto e finito (in termini di tecnica, wording e tariffa) per la sua semplice approvazione e messa in commercio, bensì solo quando l’intermediario disponga di poteri pressoché sostitutivi di quelli della Compagnia e autonomi nell’approvazione del prodotto (concetto questo difficile da prendere in concreto, almeno per chi scrive). 

Compagnie e intermediari sembrano infatti preferire il vecchio caro approccio per cui l’intermediario rimane un proponente o si limita a dare l’idea e la Compagnia crea e approva autonomamente una linea di prodotto, rifuggendo così dal MDF nei termini detti. Questo, forse, lato Compagnie, per evitare l’ingerenza nel processo decisionale da parte dell’intermediario ed evitare di vincolare il prodotto alla sorte della relazione con l’intermediario. Ma anche, secondo quanto spesso si sente, sulla base della non condivisibile considerazione per cui assumere il ruolo di MDF comporterebbe l’esposizione a rischi di vigilanza; quasi che una riqualificazione postuma dell’operato del distributore in termini di MDF non fosse possibile e per superare il rischio fosse sufficiente scrivere nel mandato o nell’accordo con la Compagnia di non essere dei manufacturer.

 

Le sempre più diffuse MGA (Managing General Agency)

Per queste, e altre ragioni, si affaccia sempre più al mercato un acronimo oramai noto agli operatori: la MGA (Managing General Agency). Questa figura, di storica memoria (si pensi al tardo 1800 statunitense in cui le Compagnie dell’East Coast utilizzavano le MGA per operare nel west, senza dover sopportare i costi di aprire uffici locali), non è normata puntualmente nell’ordinamento italiano e viene normalmente ricondotta alla figura del broker e dell’agente che oltre al titolo di poter distribuire, abbia un potere di sottoscrizione dei rischi per conto della Compagnia.

Le MGA, dal nostro punto di osservazione, sembrano diffondersi così rapidamente in Italia per perseguire due ordini di obiettivi non necessariamente alternativi tra loro: a) arrivare in modo diverso al concetto di MDF, creando realtà imprenditoriali di grande presenza e legame fiduciario con il cliente e che tendano a creare un diaframma commerciale con le Compagnie, operanti a monte il ruolo di mere fabbriche prodotto per l'assicurazione di rischi assunti tramite garanzie white label della MGA (quindi, con testi, colori sociali e tecniche di vendita tutte riferibili alla stessa MGA, se non per quegli aspetti per cui la legge impone il richiamo diretto della denominazione della Compagnia); b) agire quale vero e proprio ufficio assuntivo e owner dell’operazione distributiva, spesso per compagnie estere (non essendo esternalizzabile da parte delle compagnie italiane tout court la funzione assuntiva; si veda l'art. 60, c. 2, del Reg. 38 IVASS). In questi casi la MGA assume a tutti gli effetti il ruolo di fronter e “assicuratore” (si perdoni l’utilizzo improprio del termine) per il mercato italiano, e assorbendo l’operatività negoziale della compagnia o delle Compagnie mandanti che, come nel caso precedente, si limitano a mettere a disposizione la loro forza economica, qui estraniandosi anche dalla gestione – neppure mediata – della relazione assuntiva. Questa operatività, è chiaro, comporta di muoversi con attenzione primariamente sotto l’aspetto amministrativo, visti i dettami europei in tema di libera prestazione di servizi o di stabilimento (volendo quindi operare nel primo modo, ma finendo per trovarsi nel secondo scenario, con i rischi che questo può comportare). Anche in questo secondo scenario, è tipico rinvenire soluzioni assicurative dedicate ai clienti della MGA che ricordano da vicino la figura del MDF, ma gestite in altra maniera, tramite convenzioni prodotto dedicate alla stessa MGA da parte della Compagnia o coperture collettive a contraenza della stessa MGA ai sensi dell’art. 3.3 [5] del Reg. 40 IVASS.

Anche su quest’ultimo aspetto sarebbe forse opportuna una presa atto dell’esistenza del fenomeno da parte del nostro legislatore, al fine di definirne un set di regole (anche minime). Ciò - anche qui - nell’interesse del mercato, della concorrenza e degli interessi della clientela.

 

In conclusione...

Sono passati quattro anni dal recepimento della direttiva IDD e tanto si è visto e, non tutto, si è fatto. Il mercato degli operatori deve, forte di un progressivo sedimentarsi delle novità, aprirsi a questa nuova visione della distribuzione e al ruolo che la normativa europea vuole per Compagnie e intermediari. Già si registrano prime buone pratiche ma, soprattutto, si tratta di aiutare gli operatori più piccoli o con più complessità di recepire la mole di oneri e presidi per poter proseguire nella loro attività (magari lavorando su sinergie tra operatori o razionalizzazioni) ed evitare che i nuovi trend, alcuni dei quali qui accennati, possano finire per travolgerli o creare fenomeni concorrenziali non sempre leali.

Restano tuttavia delle zone grigie, alcune qui segnalate, che il legislatore dovrebbe meglio trattare e chiarire nell’interesse di tutti (operatori e clienti). L’occasione di questo intervento dovrebbe tuttavia consentire di giungere a un riassetto organico e a un'attualizzazione delle regole della distribuzione datate 2005 (IDD è stato l’inizio, ma molto c’è da fare). In questo senso, bisognerà necessariamente anche tentare di semplificare il più possibile le regole, facendo salvi i soli presidi utili per i clienti e il mercato. Il tutto per consentire la tenuta e il rafforzamento di un settore tanto importante, quanto nodale per l’economia nazionale: settore capace di offrire protezione, welfare mix, tutela della persona. Temi questi che i transiti pandemici, bellici e di crisi economica ci dovrebbero aver insegnato a presidiare e valorizzare.

Alessandro Bugli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
e partner Studio legale THMR

2/5/2022


[1] Secondo il primo comma dell’art. 106 CAP (“attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa): “Le attività di distribuzione assicurativa consistono nel fornire consulenza, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera m-ter), in materia di contratti di assicurazione, proporre contratti di assicurazione o compiere altri atti preparatori relativi alla loro conclusione, concludere tali contratti ovvero collaborare, segnatamente in caso di sinistri, alla loro gestione ed esecuzione, inclusa la fornitura di informazioni relativamente a uno o più contratti di assicurazione sulla base di criteri scelti dal cliente tramite un sito internet o altri mezzi e la predisposizione di una classifica di prodotti assicurativi, compreso il confronto tra prezzi e tra prodotti o lo sconto sul premio di un contratto di assicurazione, se il cliente è in grado di stipulare direttamente o indirettamente un contratto di assicurazione tramite un sito internet o altri mezzi”.

[2] Art. 1, lett. cc-septies, CAP: “intermediario assicurativo a titolo accessorio: qualsiasi persona fisica o giuridica, diversa da uno dei soggetti di cui alla lettera d), comma 2, dell'articolo 109, che avvii o svolga a titolo oneroso l'attività di distribuzione assicurativa a titolo accessorio, nel rispetto delle seguenti condizioni:
1) l'attività professionale principale di tale persona fisica o giuridica è diversa dalla distribuzione assicurativa;
2) la persona fisica o giuridica distribuisce soltanto determinati prodotti assicurativi, complementari rispetto ad un bene o servizio;
3) i prodotti assicurativi in questione non coprono il ramo vita o la responsabilità civile, a meno che tale copertura non integri il bene o il servizio che l'intermediario fornisce nell'ambito della sua attività professionale principale”.

[3] Soluzioni (vita e RC) che per essere vendute dall’intermediario a titolo accessorio devono, testualmente, “integrare” il bene o servizio non assicurativo che questo “fornisce”; ergo – leggendo anche le FAQ IVASS n. 1.12 – vanno vendute dall’intermediario a titolo accessorio in abbinata con un bene o un servizio non assicurativo.

[4] Art. 3 del Reg. Delegato (UE) 2358/2017 della Commissione Europea (“Realizzazione di prodotti assicurativi”): 1. Ai fini dell'articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2016/97, gli intermediari assicurativi sono considerati soggetti che realizzano prodotti assicurativi laddove un'analisi globale della loro attività̀ mostri che gli stessi svolgono un ruolo decisionale nella progettazione e nello sviluppo di un prodotto assicurativo per il mercato. 2. Un ruolo decisionale viene assunto in particolare laddove gli intermediari assicurativi determinino in modo autonomo le caratteristiche essenziali e gli elementi principali di un prodotto assicurativo, compresa la relativa copertura, le tariffe, i costi, il mercato di riferimento, i diritti di risarcimento e di garanzia, che non sono sostanzialmente modificati dall'impresa di assicurazione che fornisce la copertura per il prodotto assicurativo. 3. La personalizzazione e l'adeguamento dei prodotti assicurativi esistenti nell'ambito delle attività̀ di distribuzione assicurativa per i clienti individuali, nonché la progettazione di contratti su misura sulla base delle richieste di un singolo cliente, non rientrano nella definizione di realizzazione di prodotti assicurativi. 4. Un intermediario assicurativo e un'impresa di assicurazione che siano entrambi soggetti che realizzano prodotti assicurativi ai sensi dell'articolo 2 del presente regolamento delegato firmano un accordo scritto che specifica la loro collaborazione nel rispettare i requisiti previsti per detti soggetti di cui all'articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2016/97, le procedure tramite cui gli stessi concordano l'individuazione del mercato di riferimento e i loro ruoli rispettivi nel processo di approvazione del prodotto”. 

[5] Art. 3, comma 3, del Reg. IVASS n. 40/2018: “Costituisce, inoltre, attività di distribuzione assicurativa la stipulazione di contratti o convenzioni assicurative in forma collettiva per conto di singoli assicurati, qualora questi ultimi sostengano, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, l’onere economico connesso al pagamento dei premi e il soggetto che stipula il contratto o la convenzione percepisca un compenso”.                                                     

 

 
 
 

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