Il PNRR tra opportunità e ritardi: a che punto siamo?

I circa 200 miliardi concessi all’Italia dall'UE sono un'importante opportunità per il rilancio del Paese, ma l’avvio del PNRR ha risentito delle complessità di gestione delle risorse e di lentezze burocratiche. Difficoltà che stanno portando a ritardi nell'esecuzione delle misure previste, con il rischio di non riuscire a spendere tutti i fondi a disposizione entro il 2026 

Bruno Bernasconi

Le risorse concesse all’Italia dall’Unione Europea rappresentano un’occasione fondamentale per il rilancio del Paese, attraverso una serie di riforme e investimenti mirati a migliorare la competitività e la produttività e, in ultima analisi, a dar vita a una crescita economica più robusta, sostenibile e inclusiva. L’importo complessivo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è di 191,5 miliardi di euro derivanti dal programma Recovery and Resilience Facility (RRF) della Commissione Europea, a cui si aggiungono 13 miliardi dal programma europeo Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe, un’integrazione delle dotazioni del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo, e 30,6 miliardi del Fondo Complementare stanziato dal governo italiano e finanziato dai mercati finanziari, per un totale di circa 235 miliardi di euro. 

Nel dettaglio, il piano è articolato su 6 diverse aree di intervento, denominate missioni, e che riguardano: 1 - Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, a cui sono destinati 40,29 miliardi (il 21,05% del totale); 2 - Rivoluzione verde e transizione ecologica, per le quali sono stanziati 59,46 miliardi (il 31,05% del totale); 3 - Infrastrutture per una mobilità sostenibile cui sono destinati 25,4 miliardi (il 13,26% del totale); 4 - Istruzione e ricerca per un ammontare di 30,88 miliardi (il 16,12% del totale); 5 - Inclusione e coesione a cui sono dedicati 19,85 miliardi (il 10,34% del totale); 6 - Salute pe la quale sono previsti 15,63 miliardi (l’8,16% del totale). 

Le linee di intervento del PNRR sono accompagnate da una strategia di riforme, 63 in totale, volte a potenziare equità, efficienza e competitività del Paese, suddivise in 3 tipologie: le riforme orizzontali (della Pubblica Amministrazione e della giustizia), trasversali a tutte le missioni del Piano e volte a migliorare anche il clima economico del Paese; le riforme abilitanti, funzionali a garantire l’attuazione del Piano e finalizzate alla promozione della concorrenza e alla semplificazione e razionalizzazione della legislazione; le riforme settoriali, che accompagnano gli investimenti delle singole missioni tramite innovazioni normative per introdurre regimi regolatori e procedurali più efficienti nei rispettivi ambiti.

 

Milestone e target: le difficoltà di attuazione

Detti quali sono i principi cardine del PNRR, resta da capire quali siano le modalità di attuazione e i criteri secondo cui potranno essere erogati, e quindi spesi, i fondi. Il programma Next Generation EU propone modalità innovative nei rapporti finanziari tra Unione Europea e Stati membri, tra cui la novità principale consiste nel fatto che i Piani Nazionali per la Ripresa e Resilienza sono contratti di performance incentrati su traguardi qualitativi (cosiddetti milestone), che generalmente descrivono fasi di natura amministrativa e procedurale, e quantitativi (cosiddetti target), che rappresentano i risultati attesi dagli interventi quantificati con indicatori misurabili, atti a misurare lo stato di avanzamento e i risultati delle riforme e degli investimenti che si propongono di attuare.

Proprio l’applicazione di queste condizioni ha evidenziato le difficoltà nella messa a terra degli interventi e i conseguenti ritardi, dato che, salvo l’anticipo di risorse per l’avvio dei piani nazionali, i successivi esborsi del RRF vengono effettuati in base al raggiungimento dei milestone e target concordati ex ante e temporalmente scadenzati. Se, da una parte, le risorse concesse dall’UE rappresentano un’occasione unica per il rilancio del sistema Paese italiano, dall’altra la realtà si è dovuta scontrare con difficoltà relative alle lunghe tempistiche degli investimenti pubblici, a una governance non sempre efficace, all’inefficienza nella pubblicazione e attuazione di bandi e gare.  

Al momento della sua partenza, il PNRR aveva fissato una spesa di 41 miliardi dal 2020 al 2022, scesa prima a 33,7 miliardi, per poi arrivare a spenderne effettivamente solo 20 miliardi. La nuova pianificazione del PNRR prevede, quindi, uno spostamento in avanti di oltre 20 miliardi di euro di spese originariamente previste per il triennio 2020-2022, con un ritardo che dovrà essere recuperato già quest’anno e un’accelerazione rispetto alla programmazione iniziale di oltre 5 miliardi di euro. Secondo quanto riporta la relazione sullo stato di attuazione del PNRR della Corte dei Conti, nonostante il recupero, alla fine del 2023 il livello della spesa cumulata dovrebbe rimanere comunque inferiore di quasi 15 miliardi rispetto al quadro finanziario iniziale, mentre nel biennio 2024- 2025 è poi stimato il picco di spesa, con valori annuali che supereranno i 45 miliardi. La Corte dei Conti specifica che la spesa sostenuta dalle amministrazioni a fine 2022 può essere stimata in oltre 23 miliardi, pari a circa il 12% delle dimensioni finanziarie complessive del Piano (191,5 miliardi), con un'accelerazione rispetto al cronoprogramma, che prevedeva nel triennio 2020-2022 un livello di spesa di 20,4 miliardi, dovuta sostanzialmente alla misura dei crediti d'imposta del piano Transizione 4.0 relativi ai beni strumentali innovativi e alle attività di formazione, nonché all'intervento di rafforzamento dell'Ecobonus-Sismabonus. Al netto di tali misure, il livello di attuazione finanziaria scende al 6%. Non solo, a esclusione della missione 3 "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" (con un rapporto tra spesa sostenuta e totale delle risorse del 16,4%), tutte le altre missioni si attestano ben al di sotto del 10%, con le missioni 4, 5 e 6 che non raggiungono nemmeno la soglia del 5%. Tale situazione, sottolinea la relazione, mette in evidenza l'importante sforzo finanziario richiesto nei prossimi anni per assicurare il pieno utilizzo delle risorse stanziate nel Piano. 

Entrando più nel dettaglio, Bruxelles ha posto al 2026 un totale di 527 traguardi intermedi scadenzati per trimestri, di cui 214 milestone e 313 target. In particolare, delle 100 misure previste per il 2022, 87 sono state completate, per quanto 6 non nei tempi originariamente previsti (2 riforme e 4 investimenti), mentre 13 sono in ritardo, di cui 4 nell’ambito delle riforme e 9 in quello degli investimenti. Per il 2023, invece, sono previste 96 scadenze, divise tra 31 riforme e 65 investimenti. Di queste 96, 27 sono riferite al primo semestre di cui 12 riguardavano il primo trimestre, con una percentuale di realizzazione del 42% dato che solo 5 sono state completate e 7 sono in ritardo (2 riforme e 5 investimenti), mentre 15 misure sono riferite al secondo trimestre, di cui al momento 12 sono ancora in corso e solo 3 risultano essere a buon punto. 

Altro angolo di visuale da cui valutare il progresso del PNRR è quello della sua attuazione finanziaria, guardando ai flussi che transitano sulle specifiche contabilità di tesoreria, prevalentemente per i nuovi progetti, e a quelli del bilancio, per gli investimenti “in essere”. Un confronto tra tali flussi, il cronoprogramma finanziario e il complesso delle risorse per nuovi progetti del PNRR evidenzia come oltre la metà delle misure interessate dai flussi mostri ritardi o sia ancora in una fase sostanzialmente iniziale. Per quanto concerne le iniziative “in essere”, invece, i dati ancora non definitivi di consuntivo mostrano un tasso di finalizzazione degli stanziamenti in crescita nel triennio, ma comunque fermo al 41% (dal 20,3% del 2020 e 30,5% del 2021). Particolarmente a rilento è l’avanzamento dei pagamenti nelle missioni legate alle politiche agricole, all’istruzione scolastica e agli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni.

 

Il capitolo energetico

L’Italia si trova, quindi, a dover accelerare l’esecuzione dei lavori dei complessivi 27 obiettivi del primo semestre 2023 per assicurarsi la quarta tranche di fondi di giugno da 16 miliardi, completando come prima cosa l’attuazione della riforma della giustizia civile e penale, il codice per gli appalti e la riforma del pubblico impiego. Il tutto in attesa della revisione del PNRR con l’integrazione del nuovo capitolo sull’energia, dapprima indicata per fine aprile e poi fissata al 31 agosto 2023. Il 18 maggio 2022 la Commissione europea, in risposta alle difficoltà e alle perturbazioni del mercato globale dell'energia causate dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, aveva presentato il suo piano RepowerEU, mirato sia a porre fine alla dipendenza dell'UE dai combustibili fossili russi sia a compiere ulteriori progressi nel conseguimento degli obiettivi climatici dell'UE, incentivando in primis l’impiego delle fonti rinnovabili per arrivare a una quota pari ad almeno il 40% nel 2030 nel consumo finale lordo dell’Unione. Al fine di favorire la transizione verso un’energia pulita e sostenibile, il Repower si basa su quatto pilastri fondamentali: il risparmio di energia; la diversificazione dell’approvvigionamento; la sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili; la combinazione di investimenti e riforme in modo strategico e mirato.

Al momento, il RepowerEU ha dedicato all’Italia circa 9 miliardi di euro, anche se comincia a farsi strada nei negoziati con Bruxelles l’ipotesi di una sorta di clausola che consenta di dirottare su questa parte del Piano i finanziamenti europei del PNRR che non si riuscirà a spendere entro il 2026, cercando così di correggere in qualche modo ritardi e difetti emersi finora nell’attuazione delle misure e di non rinunciare a nessuna delle risorse finora previste. 

 Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

15/6/2023 

 
 
 

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