Istruzione e interessi sul debito, quando il passato rischia di soffocare il futuro

Ormai da quasi 15 anni in Italia la spesa per interessi sul debito è maggiore di quella per istruzione: un Paese dove si spende più per il passato che per il futuro mostra tutte le sue fragilità e vulnerabilità

Lorenzo Vaiani

Se qualcuno vi mostrasse il grafico riportato di seguito e vi dicesse che una delle due curve indica la spesa per interessi sul debito in percentuale sul Prodotto Interno Lordo mentre l’altra la spesa, sempre in percentuale del PIL, per istruzione, voi quale attribuireste a ciascuna delle due categorie? Forse, ancor prima di rispondere, verrebbe in mente una considerazione preliminare: “Strano, la differenza tra queste due voci di spesa è così contenuta? Avrei immaginato che per finanziare l’intero sistema scolastico di un Paese (e ripeto, l’intero percorso di istruzione, tutti i cicli di studi dalla primaria fino all’università) potessero servire molti più soldi rispetto a quelli che uno Stato (dovrebbe) spendere per gli interessi sul proprio debito”.

Figura 1 – Andamento della spesa per interessi sul debito e per istruzione in % del PIL, anni 2010-2022

Figura 1 – Andamento della spesa per interessi sul debito e per istruzione in % del PIL, anni 2010-2022

Fonte: elaborazioni a cura dell'autore su dati Eurostat

Superata questa prima osservazione, almeno ci si aspetterebbe che l’istruzione fosse rappresentata dalla curva blu, quasi sempre al di sopra di quella arancione, invece, purtroppo, è l’esatto opposto.

La spesa per la scuola in Italia dal 2010 a oggi è raffigurata dalla curva arancione, sistematicamente posizionata, ad eccezione del triennio 2019-2021, al di sotto di quella blu che indica la spesa per interessi sul debito. Il nostro Paese non è riuscito a invertire questa (malsana) tendenza nemmeno durante il periodo di Quantitative Easing messo in campo dalla Banca Centrale Europea. Il programma di politica monetaria espansiva, che ha portato i tassi sostanzialmente a zero, ci ha permesso di risparmiare nel solo triennio 2015-201717 35 miliardi di euro sugli interessi per finanziare il debito, risorse che evidentemente sono stati spese per altro.

Gli effetti dell’azione dell’Euro Tower sono ben visibili sul grafico e coincidono con la discesa della curva blu, la quale, dopo aver raggiunto il picco nel 2012, anno nel quale abbiamo speso il 5,3% del nostro PIL per ripagare gli interessi, è sistematicamente calata fino al 2019. E l’istruzione? La spesa per la scuola è rimasta praticamente pressoché costante, e anzi è lievemente diminuita, passando dall’incidere il 4,3% del PIL nel 2010 al 3,9% del 2019. Proprio tra il 2019 e il 2021 si è registrata l’auspicata inversione di tendenza (non vi preoccupate, già oggi la situazione è rientrata alla “normalità”). In questo breve arco temporale la spesa per l’istruzione ha visto tornare la sua incidenza ai tempi del 2010, mentre la spesa per interessi è scesa fino al 3,7%. 

Si diceva che l’inversione è già finita, e difatti è così, nel corso del 2022 la spesa per la scuola è scesa al 4,1%, mentre quella per interessi sul debito è salita al 4,4%.

Ma negli altri Paesi come stanno le cose?

Purtroppo, come spesso accade, il confronto è abbastanza impietoso. Innanzitutto, dalla tabella sottostante si osserva come in media in Europa la spesa per interessi sul debito sia stata sostanzialmente sempre assai inferiore rispetto a quella per istruzione. Nel 2012, prima dell’inizio del QE, in media nell’UE a 27 si spendeva il 3% del PIL per interessi e il 4,9% per la scuola (da noi, giusto per ricordare, le percentuali erano rispettivamente 5,3% e 4,1%). Prendendo poi in esame i nostri due principali termini di paragone, ovvero Francia e Germania, il confronto, se possibile, diventa ancora più sconfortante.

La spesa francese per istruzione è sempre stata superiore al 5% del PIL mentre quella per interessi sul debito, dopo il picco del decennio scorso, è progressivamente scesa fino all’1,5% del 2021 (ultimo dato disponibile). Situazione analoga nel contesto tedesco, dove la spesa per la scuola, seppur inferiore rispetto alla Francia, si è aggirata mediamente intorno al 4,3%, mentre quella sul debito è diminuita dall'apice del 2012, pari al 2,6%, fino allo 0,6% del 2021.

Tabella 1 – Spesa per istruzione e interessi sul debito in Europa, in % del corrispettivo PIL

Tabella 1 – Spesa per istruzione e interessi sul debito in Europa, in % del corrispettivo PIL

Fonte: elaborazioni a cura dell'autore su dati Eurostat

Purtroppo non è possibile tornare indietro per correggere gli errori del passato, le possibilità offerte dal Quantitative Easing per contenere la spesa per il debito (e quindi per gli interessi) e destinare parte delle risorse risparmiate su altri ambiti sono passate, e anzi nei prossimi anni si configura uno scenario quantomeno complicato per l’Italia, chiamata a rifinanziare diverse centinaia di miliardi di debito senza più poter far affidamento sulle condizioni favorevoli offerte dalla Banca Centrale. Tuttavia, al nostro Paese è stata data un’ulteriore possibilità grazie ai fondi del PNRR.

È dunque imprescindibile che Futura, ovvero la parte del Piano di Ripresa e Resilienza rivolta all’istruzione sia ben spesa e che tanto i progetti infrastrutturali quanto quelli in competenze ricevano la massima attenzione e priorità dalla politica. Le risorse destinate superano i 17 miliardi di euro e si ripartiscono in tre linee di intervento: l’edilizia scolastica e, più in generale, progetti infrastrutturali con una dotazione di 12,1 miliardi di euro, lo sviluppo e la costruzione di competenze con un ammontare di 5,5 miliardi e, infine, 34 milioni destinati a finanziare le riforme normative per gli istituti tecnici e professionali, gli ITS, l’orientamento, il reclutamento di docenti e la riorganizzazione del sistema scolastico. La parte relativa alle riforme normative doveva esse terminata entra il 2023, e alla fine del primo trimestre 2024 il tasso di completamento è intorno al 90%. Invece, gli investimetni infrastrutturale e di competenze, che per natura richiedono tempi di attuazione e implementazione più lunghi, sarebbero dovuti arrivare al 50% del livello di completamento entro la fine dello scorso anno e, a oggi, sono appena sopra il 34%.

La strada da recuperare è molta e, soprattutto, non sono più concessi passi falsi. Quando il Piano giungerà al termine sarà importante continuare a investire sull’istruzione e fare in modo che l’inevitabile aumento di spesa per finanziare il nostro debito non vada a discapito del futuro delle ragazze, dei ragazzi e, quindi, di tutti noi (e di questo troppo spesso ci si dimentica), perché un Paese che spende più per quello che è stato che per quello che sarà è un Paese assai privo di prospettive.

Lorenzo Vaiani, Evaluation LAB FSVGDA

20/3/2024 

 
 
 

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