Vacanze estive troppo lunghe? Il caso dell'Italia nel confronto europeo
Nel confronto con l'Europa, l'Italia spicca sia per il maggior numero di giorni scolastici l'anno sia per la sosta estiva più lunga nella scuola primaria e secondaria: una strategia efficiente oppure penalizzante per giovani e famiglie?
Secondo il report The organisation of school time in Europe realizzato da Euryidce per la Commissione Europea, e relativo allanno scolastico 2023/2024, lItalia è uno degli otto Paesi europei, tra i 37 analizzati, nei quali la sosta estiva nella scuola primaria e secondaria supera le 12 settimane. Oltre allItalia, anche Portogallo, Irlanda, Islanda, Malta, Grecia, Albania e Lettonia presentano una pausa estiva così lunga. La maggioranza degli altri Paesi, invece, adotta una pausa compresa tra le 8 e le 12 settimane.
Allo stesso tempo, lItalia è il Paese europeo con il maggior numero di giorni scolastici allanno, pari a 200, un numero che la pone al pari della Danimarca. La maggior parte degli altri Paesi europei, invece, si attesta tra i 170 e i 180 giorni. La differenza principale, quindi, non sta tanto nel numero complessivo di giorni di scuola, quanto piuttosto nella loro distribuzione: molti Stati europei scelgono di suddividere lanno scolastico con pause più frequenti e regolari, evitando la lunga interruzione estiva tipica del calendario italiano.
Limpatto delle vacanze sullapprendimento
Numerose ricerche, a cominciare dagli anni Settanta, hanno indagato leffetto delle vacanze estive sullapprendimento. Il fenomeno è noto come summer learning loss, ovvero la perdita di competenze scolastiche durante le lunghe pause. Sino a poco tempo fa, la quasi totalità degli studi indicava un calo generalizzato delle performance, soprattutto tra gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati, rafforzando lidea che le vacanze estive potessero amplificare le disuguaglianze sociali. Negli ultimi anni, tuttavia, questa certezza è stata messa in discussione da lavori più recenti che hanno mostrato risultati contrastanti: mentre alcuni studenti continuavano ad apprendere anche durante la pausa estiva, altri mostravano un calo nelle competenze. Tuttavia, la componente individuale sembrava incidere in modo rilevante, mentre il contesto socio-economico o etnico spiegava solo marginalmente le differenze nei risultati.
In Italia, un contributo importante alla discussione è arrivato da uno studio empirico della Fondazione Agnelli, che ha coinvolto 1.038 alunni. Gli studenti sono stati sottoposti a un test iniziale di italiano e matematica, poi sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha frequentato una scuola estiva, laltro no (lavrebbe poi recuperata nel periodo autunnale). Al termine dellesperienza, il primo gruppo, che aveva frequentato la scuola estiva, aveva migliorato i propri risultati, mentre il secondo gruppo ha evidenziato una perdita significativa di competenze in entrambe le materie.
Altri problemi legati alla lunga pausa estiva
Oltre allimpatto educativo, una pausa estiva così lunga crea anche problemi organizzativi e sociali per le famiglie. La gestione dei figli durante i tre mesi di stop scolastico può rappresentare un ostacolo, specialmente per le famiglie con entrambi i genitori lavoratori. Questo può costringere molte famiglie a rivolgersi a centri estivi privati o a ridurre lattività lavorativa del secondo percettore di reddito, generalmente donna; elemento che aiuta a spiegare perché lItalia sia ultima nellUE per occupazione femminile, con un tasso pari al 57,4%. In tutto questo quadro emerge un grande assente: lo Stato. Anziché investire in servizi concreti e strutturati a supporto delle famiglie come asili nido accessibili o spazi di aggregazione per bambini e ragazzi durante lestate si continua a privilegiare lerogazione di bonus monetari, come il recente incentivo una tantum di 1.000 euro per ogni nuovo nato, destinato ai nuclei familiari con ISEE inferiore a 40.000 euro. Tuttavia, queste misure occasionali non affrontano le criticità strutturali, lasciando molte famiglie prive di un supporto concreto e stabile. Un impegno pubblico più incisivo, focalizzato sul potenziamento dei servizi piuttosto che su trasferimenti monetari episodici, sarebbe un passo fondamentale per garantire una reale conciliazione tra vita lavorativa e familiare.
Dallaltra parte, modificare il calendario scolastico implicherebbe anche importanti interventi infrastrutturali. Sempre secondo la Fondazione Agnelli, circa 40mila edifici scolastici italiani necessiterebbero di ristrutturazioni, con un investimento stimato di circa 200 miliardi di euro. Questi costi non riguarderebbero solo linstallazione di impianti di climatizzazione, ma anche interventi su illuminazione, sicurezza e struttura edilizia complessiva. Sono quindi investimenti importanti, da considerare con attenzione nel dibattito sul futuro del sistema scolastico.
Conclusioni: ripensare il calendario scolastico?
Lorigine di una pausa estiva così prolungata in Italia ha radici storiche e culturali: in passato, durante i mesi estivi, gli alunni aiutavano la famiglia nei lavori agricoli e nella raccolta. Tuttavia, oggi il contesto sociale ed economico è profondamente mutato. Alla luce di questi dati, è lecito chiedersi se il modello italiano, con vacanze estive molto lunghe e pochi intervalli intermedi, sia ancora efficace. Sebbene non ci siano evidenze definitive sul summer learning loss, la flessibilità e una migliore distribuzione delle vacanze scolastiche potrebbero favorire una maggiore continuità educativa, riducendo le disuguaglianze e sostenendo gli studenti più fragili. Il dibattito resta aperto, ma i dati suggeriscono che ripensare il calendario scolastico italiano non solo potrebbe migliorare lapprendimento, ma anche favorire un migliore equilibrio sociale e lavorativo.
Francesco Scinetti, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
17/7/2026