Direct lending: 5 motivi per cui può sostituire il reddito fisso nei portafogli istituzionali

Il direct lending è una forma di finanziamento alternativa e flessibile, oltre che immediata, in grado di supportare le PMI, soprattutto in fasi di incertezza economica (come l'attuale): uno strumento destinato ad aumentare l'alpha e la diversificazione dei portafogli istituzionali

a cura di Pictet Asset Management

Con l’avvio di un ciclo di politica monetaria restrittiva da parte delle Banche Centrali, il mondo – e i portafogli istituzionali – sono cambiati. Nel decennio precedente la presenza di bassi tassi di interesse che appariva ormai permanente aveva spinto molti investitori a cercare un sostituto per i titoli a reddito fisso, soprattutto per quelli governativi che presentavano in larga parte rendimenti pari a zero o negativi. Per sopperire a questo elemento di stabilizzazione e protezione del portafoglio, molti istituzionali hanno virato sul direct lending, strumenti di debito emessi da società non quotate, che hanno offerto rendimenti straordinariamente più elevati con una volatilità inferiore rispetto ai titoli di Stato.

Secondo Preqin, il direct lending è stata una delle asset class in più rapida crescita nei mercati privati, con un Irr medio del 9,6% a fronte di una volatilità contenuta. E se fino a qualche anno fa si trattava di un investimento di nicchia, oggi l’appetito per il private debt è in continuo aumento, anche in presenza di un contesto di tassi oggi del tutto diverso, con i titoli di Stato tornati in territorio positivo. In prospettiva, si prevede che le masse in gestione del mercato del private debt globale raddoppieranno dal 2022 al 2028, a quota 2,8mila miliardi di dollari. Una domanda che resta solida anche nel breve periodo: da qui a fine anno ci si aspetta infatti una progressiva crescita di questo mercato anche a fronte di un contesto macroeconomico maggiormente incerto.  Dall’altra vediamo comunque come il profondo divario di rendimento registrato nel decennio precedente fino al 2022 tra obbligazionario tradizionale e private debt si stia oggi assottigliando. Se, infatti, a inizio 2022 il reddito fisso con rendimento negativo su scala globale ammontava a 10.700 miliardi di dollari, già a fine marzo era calato a 2.900 miliardi. 

 

Perché il direct lending batte il reddito fisso anche con i tassi di interesse ai massimi

Ci sono diverse ragioni per cui riteniamo che il direct lending sia più convincente degli investimenti tradizionali nel reddito fisso, anche nel contesto attuale. Le cedole del direct lending, infatti, aumentano con l’incremento dei tassi di interesse, generando un reddito corrente più elevato e fornendo un cuscinetto più ampio contro le perdite in conto capitale, che accompagnano solitamente tassi più elevati. Si tratta di cedole che tendono a resettarsi ogni tre mesi, il che riduce il rischio associato al tasso di interesse e consente un più rapido adeguamento al tasso d’inflazione. Dall’altra parte, qualora i tassi di interesse dovessero ridursi, il reddito generato dal direct lending è protetto da livelli minimi prestabiliti sotto i quali le cedole non possono scendere. Il direct lending beneficia inoltre del suo status “first lien loan” (prestito di primo grado), che lo rende sostanzialmente un prestito garantito da un sottostante, rappresentato tipicamente dagli asset dell’azienda debitrice – reale e intangibili - che lo colloca al vertice della struttura del capitale. Inoltre, a differenza delle obbligazioni ad alto rendimento e investment grade, i contratti di direct lending di solito includono anche clausole finanziarie, che vengono generalmente testate trimestralmente in base alla performance finanziaria del debitore. Queste clausole tutelano i finanziatori imponendo determinati limiti alla leva finanziaria massima, di EBITDA o di copertura finanziaria.

 

I rischi di rifinanziamento (a tassi più elevati) per il reddito fisso nel 2024-25

Nonostante il recente aumento dei rendimenti dei titoli a reddito fisso pubblici, il valore relativo del private debt rimane comunque attraente. La componente a tasso variabile dei rendimenti del direct lending offre un vantaggio unico, proteggendo i coupon dal rischio di durata e offendo al contempo un cuscinetto contro potenziali aumenti dei tassi di default. Inoltre, la posizione senior propria dei prestiti di primo grado all’interno della struttura del capitale combinata con i covenant offre una vantaggiosa protezione contro il rischio di credito. Infine, c’è un ulteriore elemento da considerare: l’enorme quantità di debito che andrà in scadenza nel 2024/2025 e che dovrà essere rifinanziato, con costi decisamente più elevati rispetto ai precedenti, sarà motivo di forte stress per tutti i mercati obbligazionari. 

 

Cinque vantaggi (e cinque rischi) del direct lending

Come detto, sono diversi i motivi per cui il direct lending potrà continuare a crescere in termini di masse in gestione e rendimento, rappresentando sempre di più un elemento di grande rilievo nella componente del debito all’interno di un portafoglio di investitori istituzionali. Prima di elencare quelle che, a nostro avviso, rappresentano le 5 caratteristiche che costituiranno i driver di crescita del private debt nel futuro più prossimo e in quello di lungo periodo, vogliamo evidenziare i principali rischi. Il primo è il rischio di credito, in quanto le imprese che ricorrono a questa forma di finanziamento potrebbero avere una maggiore probabilità di inadempienza (si tratta di PMI non quotate e quindi non soggette a obblighi di rendicontazione). Esiste certamente anche un rischio di liquidità, che rende più difficile per gli investitori vendere la loro quota, e un rischio operativo, poiché il direct lending è tipicamente gestito da operatori non bancari che potrebbero non essere sufficientemente strutturati a fronte di eventuali default. Ancora, il settore del direct lending è comunque soggetto a regolamentazione, sebbene quest’ultima possa variare da Paese a Paese e influenzare sia le opportunità che i rischi per gli investitori. Ad esempio, la regolamentazione può limitare la quantità di prestiti che un operatore non bancario può erogare o richiedere che sia mantenuto un certo livello di capitale. E infine, come tutte le forme di investimento, anche il private debt è influenzato dai cicli economici e durante un periodo di recessione il rischio di insolvenza può aumentare.

Nonostante ciò, riteniamo più solidi gli elementi positivi e a favore di questa asset class, tra cui

1. L’accesso al capitale: il direct lending offre alle imprese un’alternativa ai prestiti bancari tradizionali, fornendo una possibile maggior diversificazione. Uno strumento alternativo particolarmente utile per le piccole e medie imprese che potrebbero avere difficoltà a ottenere finanziamenti dalle banche tradizionali soprattutto, come sempre accade, in momenti di difficoltà economica che si accompagnano solitamente a fasi di credit crunch.

2. La flessibilità del capitale: sempre a favore delle imprese, gli operatori non bancari possono offrire termini di prestito più flessibili, adattandosi meglio alle esigenze specifiche. Questa flessibilità può includere termini di rimborso personalizzati, tassi di interesse variabili e warrant sul valore dell’azienda.

3. La velocità del processo decisionale: un altro fattore a favore del potenziale incremento degli investimenti attraverso il direct lending è data dal fatto che questa tipologia di prestito alle imprese è soggetta tipicamente a un processo decisionale più snello e dunque più rapido rispetto a quello proprio dei prestiti bancari tradizionali. La velocità, infatti, è spesse volte un elemento discriminante per i processi decisionali delle imprese.

4. La presenza di rendimenti potenzialmente più elevati: passando al fronte degli investitori, il direct lending può offrire rendimenti potenzialmente più elevati rispetto ad altre forme di investimento, con un rischio controllato in presenza di portafogli diversificati.

5. La diversificazione del portafoglio: infine, investire in fondi di private debt rappresenta uno strumento oggi sempre più cruciale per la diversificazione del portafoglio di un investitore istituzionale.

Giambattista Chiarelli, Head of Institutional Pictet Asset Management 

15/1/2024 

 
 
 

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