Fondi pensione aperti, su cosa dovrebbero puntare i gestori nei prossimi mesi

Elezioni presidenziali USA, evoluzione degli scenari geopolitici e taglio dei tassi di interessi da parte delle principali Banche Centrali sono solo alcuni dei fattori che potrebbero condizionare le scelte dei gestori nei prossimi mesi: quali prospettive per i fondi pensione aperti?

Leo Campagna

I fondi pensione aperti hanno chiuso i primi nove mesi dell’anno con un rialzo medio del +4,9%: è quanto emerge dalle performance, ricavate in base ai NAV del 30/9/2024, dei 315 comparti dei fondi pensione aperti disponibili nel Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali. I fondi pensione aperti azionari guidano la graduatoria in base ai rendimenti da inizio anno (+9,3% in media);  seguono i bilanciati (+5,4%), quelli bilanciati obbligazionari (+4,3%), gli obbligazionari (+2,5%) e i comparti garantiti (+2,3%).

Guardando all’ultimo trimestre dell’anno, dovrebbero crearsi delle interessanti opportunità che i gestori dei fondi pensione potrebbero capitalizzare. Dopo il taglio dei tassi di 25 punti base da parte della BCE nell’ultimo meeting dello scorso 17 ottobre (che ha portato il tasso sui depositi dell’area euro al 3,25%) sono in molti a delineare un possibile aumento della divergenza tra USA e zona Euro. In Europa, infatti, il processo disinflattivo è ben avviato, mentre la fase congiunturale resta quantomeno anemica (con l’economia tedesca, ex motore della crescita, che continua a soffrire). Al contrario degli Stati Uniti, dove a settembre sia le vendite al dettaglio che il mercato del lavoro hanno pubblicato dati molto solidi, mentre l’inflazione continua a essere più persistente. Alla luce di queste dinamiche risulta più che evidente come la BCE abbia maggiori margini di manovra per ridurre i tassi rispetto alla Federal Reserve statunitense.

In prospettiva, tale divergenza potrebbe comportare un rafforzamento del dollaro USA che dovrebbe portare il cambio Eur/Usd in area 1,05/1,07. In parallelo, il Treasury USA potrebbe arrivare fino al 4,50%, soprattutto sulla scia della ripresa significativa delle emissioni governative USA prima del 5 novembre. Uno scenario ancora più valido se Trump dovesse risultare vittorioso nelle elezioni presidenziali.

Un’altra asset class che continua a salire è l’oro, nonostante due fattori tecnici avversi (il rialzo dei tassi reali Usa e il rafforzamento del dollaro). Una forza, quella del metallo prezioso che trova spiegazione nella costante e robusta fase di acquisti delle Banche Centrali globali che si propongono di diversificare le riserve valutarie prevalentemente in dollari. A favorire ulteriormente l’oro, anche le tensioni geopolitiche che alimentano la domanda di beni rifugio di cui il metallo prezioso è la massima rappresentazione.

Per quanto riguarda infine il mercato azionario, la buona tenuta dell'economia statunitense, il contesto di ampia liquidità globale e la fase di taglio dei tassi da parte delle FED e della BCE rappresentano ancora fattori di supporto.

Leo Campagna

31/10/2024 

 
 

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