Fondi pensione, perché sono scettici verso le criptovalute

Al momento, l'esposizione dei portafogli istituzionali nei confronti dei bitcoin e delle criptovalute in generale appare piuttosto limitata: per il futuro è lecito aspettarsi una maggiore attenzione da parte dei gestori oppure no? 

Leo Campagna

Nel mese di maggio i fondi pensione hanno evidenziato un rialzo medio dello 0,8%: è quanto emerge dall’analisi dei dati resi disponibili dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali. Leggermente migliori le performance dei fondi bilanciati (+0,9%). Stessa dinamica da inizio anno (+2,1% media generale contro +2,5% dei fondi bilanciati) e anche da fine 2022 (rispettivamente +11% e +12,3%).

Nel frattempo, la ricerca di diversificazione o, meglio ancora, di decorrelazione è sempre più accentuataanche tra i gestori di patrimoni previdenziale e, in qualche caso, acuita dallo scetticismo nei confronti di alcune asset class. Si prenda ad esempio il caso dei bitcoin: quali le caratteristiche che i gestori multi-asset dovrebbero tenere in considerazione? Si tratta di un’asset class che, in 9 degli ultimi 12 anni, ha battuto le azioni large cap e small cap, i titoli di Stato, le obbligazioni investment-grade e quelle high yield, così come l'oro, i REIT o le infrastrutture (fonte: Bloomberg, WisdomTree. Dal 31 dicembre 2013 al 30 aprile 2024, in dollari USA). La sua correlazione, calcolata negli ultimi 11 anni, rispetto a tutte le asset class appena elencate è stata inferiore al 25%.

Nonostante l’elevatissima volatilità (69%), grazie alla sua bassa correlazione, aggiungere l'1% di bitcoin a un portafoglio 60/40 (60% MSCI All Country World, 40% obbligazioni internazionali) ha aumentato la volatilità di appena lo 0,07% e il drawdown massimo dello 0,5%. Non solo, grazie a questa ipotetica aggiunta dell’1%, i rendimenti degli ultimi 11 anni sarebbero aumentati dello 0,67% annuale. Eppure, contrariamente a quanto avviene per le criptovalute fra gli investitori retaill’attenzione degli investitori istituzionali rimane molto limitata.

Certo, la recente approvazione da parte della SEC e il lancio di ETF sul bitcoin spot negli Stati Uniti sembra aver riacceso i riflettori su questa asset class ma resta da vedere se questo si tradurrà in un’effettiva maggiore esposizione nei portafogli degli istituzionali. Il bitcoin esiste da oltre 15 anni e conta una capitalizzazione di mercato di quasi 2.000 miliardi di dollari: più in generale, le criptovalute rappresentano circa l'1,5% della capitalizzazione di mercato totale degli asset liquidi. Per un gestore multi-asset, assumere una posizione neutrale significa investire l'1,5% del proprio portafoglio in bitcoin e criptovalute: non investirci significa di fatto assumere un rischio asimmetrico negativo nei confronti dell’asset class e scommetterci attivamente contro.

Leo Campagna

28/6/2024 

 
 

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