Il private debt, uno strumento al centro dell'interesse degli investitori

Il private debt ha dimostrato in questi anni di essere una asset class di crescente rilievo e destinata a occupare in Italia la stessa importanza che si riscontra negli altri Paesi europei

a cura di Riello Investimenti Partners SGR

AIFI, l’associazione italiana del private equity, venture capital e private debt, ha recentemente presentato i dati di una ricerca, condotta in collaborazione con Deloitte, sul mercato del private debt in Italia. Sono emersi dati molto interessanti: nel 2021 sono stati investiti complessivamente, nel mercato italiano del private debt, 4,6 miliardi di euro, includendo tutte le attività di debito privato, cioè non solo il private debt in senso stretto, ma anche le piattaforme di digital lending, il distressed debt e gli investimenti dei fondi di fondi.

Focalizzandoci solo sugli operatori di private debt come noi, lo scorso anno sono stati investiti 2,2 miliardi di euro, quasi il doppio dell’anno precedente; lo scopo delle operazioni è stato per il 51% la realizzazione di programmi di crescita delle aziende, mentre per il 38% ha riguardato debito a supporto di operazioni di buy out. È opportuno inoltre sottolineare il fatto che il 90% delle operazioni è stato eseguito da operatori domestici e che il 56% degli investimenti è andato a favore di PMI.

Figura 1 – Private debt, evoluzione dell'ammontare investito (dati in milioni di euro)

Private debt, evoluzione dell'ammontare investito (dati in milioni di euro)

Fonte: Il mercato del private debt italiano nel 2021, AIFI-Deloitte

Ciò dimostra quanto sia cruciale conoscere il tessuto produttivo in cui si investe. È quanto conferma anche la nostra esperienza di operatori di private debt; per  realizzare il beneficio di investire in PMI attraverso il private debt è vincente un approccio diretto – noi, per esempio, strutturiamo direttamente le operazioni che sottoscriviamo - e uno stile di gestione attivo. Ha ottimi risultati quel che noi chiamiamo “equity style”, cioè una gestione analoga a quella del private equity, con fasi di analisi assimilabili: prima di concludere un'operazione, infatti, conduciamo una approfondita due diligence della società, della sua sostenibilità finanziaria e della capacità dei suoi manager. Se poi un'azienda risulta interessante, il team la affianca nella definizione e validazione del piano industriale, strutturando la soluzione finanziaria più adatta alle sue specifiche esigenze; dopo la sottoscrizione, s'instaura una attività di monitoraggio e di affiancamento alle aziende nell’implementazione dei piani industriali. Parallelamente a tutte le valutazioni più tipicamente finanziarie, si inseriscono anche quelle di natura ESG, grazie alle quali si identificano le eventuali criticità, o al contrario le opportunità, di sostenibilità, che possono rappresentare un valido obiettivo per la realizzazione dell’operazione. Tutte queste attività sono tanto più concrete ed efficienti quanto più si conosce il contesto in cui opera l’azienda e si parla “la stessa lingua”.

Nel 2021 ha recuperato le posizioni pre COVID-19 anche il segmento che privilegiamo, i minibond, cioè i titoli obbligazionari, non quotati sui listini aperti, di dimensioni inferiori ai 50 milioni di euro, emessi da società italiane non finanziarie. I minibond sono stati introdotti nel 2016 e da allora hanno assunto un ruolo sempre più rilevante come fonte di finanziamento per le PMI emittenti. L’Ottavo Report italiano sui Minibond, recentemente redatto e presentato dall’Osservatorio Entrepreneurship Finance & Innovation del Politecnico di Milano, ha rilevato come i principali emittenti di minibond siano proprio le PMI (il 62,5%), con un aumento di quelle con fatturato inferiore ai 10 milioni di euro e una distribuzione piuttosto equilibrata, sia in termini di fatturato sia in termini geografici.

Lo sviluppo così importante del private debt è da ricondursi, a nostro modo di vedere, ad alcuni fattori distintivi specifici dello strumento che ben si combinano con i tempi recenti di grande incertezza. Se, da un lato, l’extra rendimento rispetto ad altri strumenti di natura obbligazionaria è sicuramente il punto di maggiore attrazione per un investitore, è pur vero che è molto rilevante anche il profilo di rischio più stabile, determinato dal fatto che il private debt non è correlato con le tradizionali asset class ed è capace di muoversi in maniera autonoma rispetto agli andamenti dei mercati finanziari. Infine, ma non meno importante, il private debt ha due caratteristiche peculiari: la costanza dei flussi cedolari, particolarmente interessante per gli investitori che necessitano di distribuzioni periodiche dei rendimenti, e il livello di assorbimento di capitale (secondo le logiche Solvency e Basilea) di gran lunga inferiore rispetto a quello degli altri strumenti di investimento alternativo.

Quanto sopra, in aggiunta al fatto che spesso gli strumenti di private debt sono anche PIR alternativi compliant e presentano quindi benefici fiscali anche per gli investitori di private banking, è la chiave dello slancio di questo strumento che riteniamo confermare il suo potenziale e il suo importante ruolo di supporto allo sviluppo, anche e soprattutto in contesti particolari come quelli che stiamo vivendo.

Andrea Tomaschù, AD Riello Investimenti Partners SGR e Consigliere AIFI

18/5/2022

 
 
 

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