Investitori italiani, perché essere coerenti sul rapporto tra rischio e rendimento

In materia di investimenti è sempre fondamentale essere coerenti con i propri obiettivi: in che modo i risparmiatori italiani affrontano volatilità e turbolenze dei mercati?

Leo Campagna

Dallo scorso 3 ottobre i mercati azionari non sembrano più in grado di ritrovare equilibrio. Qualsiasi notizia sulla guerra commerciale, sulle aspettative di inflazione, sul rialzo dei tassi della Federal Reserve americana, sul prezzo del petrolio, sulla crescita della Cina, sulla Brexit e sulle tensioni tra l’Italia e la Commissione europea viene interpretata in senso negativo provocando scivoloni agli indici di Borsa. Turbolenze che scuotono gli investitori, e soprattutto quelli con le minori competenze in campo finanziario, che spesso vorrebbero ritrovarsi disinvestiti e con i propri risparmi al 100% in contanti. 

In parallelo, però, emerge che gli investitori italiani diano, nell’88% dei casi, maggiore importanza ai rendimenti di lungo termine rispetto a quelli di breve periodo, che per i 75% delle casistiche ritengano importante battere il benchmark e che siano di frequente (per il 78% del campione): questo, almeno, quanto è delineato da un’indagine globale di Natixis Investment Managers condotta su 9.100 investitori individuali tra Asia, Americhe e Europa Continentale (Italia inclusa). 

Un’indagine che rivela anche come la volatilità influenzi la fiducia degli investitori spingendoli a ricercare sicurezza e ad adottare un approccio più cauto: a denunciarlo è poco meno del 90% degli italiani interpellati. Peccato che, sempre da quanto emerge dalla stessa indagine, a fronte di una richiesta di maggiore protezione dalla volatilità, non siano per nulla disposti a rinunciare alla performancebasti pensare che il rendimento atteso annuo, al netto dell’inflazione, degli investitori italiani si posiziona addirittura al 9,3%.

Per comprendere come tale rendimento obiettivo annuo sia spropositato, soprattutto nell’attuale contesto che proietta i rendimenti futuri su livelli strutturalmente inferiori al passato, è sufficiente ricordare che la performance media annua composta a 10 anni (dall’ottobre 2008 all’ottobre 2018) di tutte le 430 linee delle diverse forme di previdenza complementare (fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti e unit linked dei PIP) si è attestata al 3,96%. Il rendimento più elevato del periodo a livello di sottocategorie è stato quello delle linee azionarie delle unit linked dei PIP, che si sono spinte fino a un +6,3% annuo composto, ma con una volatilità (e quindi rischiosità) tripla rispetto alla media di tutti i comparti e addirittura quadrupla rispetto alle linee a indirizzo obbligazionario. Tradotto in perdite massime (max drawdown), ciò vuol dire che, mentre una linea obbligazionaria non è andata oltre uno scivolone di quattro punti percentuali, una linea azionaria è arrivata a perdere oltre il 19%. 

Questo giusto per ribadire che è indispensabile essere coerenti con i propri obiettivi di investimento: se si punta a un alto rendimento nel lungo periodo è necessario poi accettare fasi di correzione, anche severe, nel breve o medio termine.

Leo Campagna 

22/1/2019

 
 
 

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