Private equity e tech: in Italia incoraggianti prospettive di sviluppo

Sebbene l'Italia non sia tra i principali Paesi produttori di tecnologia, la sua digitalizzazione nasconde molte opportunità: per i fondi di private equity, avere una strategia di investimento tematica rivolta al comparto tecnologico italiano può dunque rivelarsi una scelta altamente remunerativa

a cura di HAT SGR

Abbiamo da poco oltrepassato la prima metà del 2024 ed è questo il momento opportuno per fare il punto su ciò che sta accadendo nel mercato del private equity. 

Analizzando i dati più recenti su operazioni e fundraising, si trovano potenziali segni di una ripresa graduale in alcune aree e una notevole resilienza in altre. In Italia, il mercato tecnologico - ancora poco esplorato - presenta ampi margini di crescita e un'opportunità di investimento. I settori su cui puntare vanno dalla cybersecurity all’intelligenza artificiale, dal software al cloud e alla robotica e automazione.

 

La resilienza del private equity: cresce l’ottimismo degli operatori

Il mercato degli investimenti in private equity continua a preservare un certo dinamismo. Nel 2023 l’aumento dei tassi d’interesse e un clima macroeconomico incerto ne hanno rallentato il passo, ma già quest’anno la normalizzazione dell’inflazione e la prospettiva di tassi più bassi stanno alimentando un maggiore ottimismo nel settore, con il mercato del private equity in uno stato di cauta ripresa.

La prevista ripresa delle operazioni non si è ancora pienamente materializzata. A livello globale, le operazioni di private equity nel primo semestre 2024 hanno raggiunto in valore i 621 miliardi di dollari, in riduzione dell'8,5% rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre in numerosità hanno registrato un calo più significativo, con circa 7.000 operazioni effettuate nel primo semestre, in calo del 18,3% rispetto al 2023. 

Tuttavia, queste cifre nascondono un miglioramento significativo nel secondo trimestre dopo un inizio dell’anno lento che fa prevedere un incremento continuo anche nel corso del resto dell’anno. Il secondo trimestre ha visto, infatti, operazioni più grandi contribuire a sostenere il valore globale del settore del private equity, che è aumentato del 7,9% trimestre su trimestre. Questo aumento di valore è stato ancora più pronunciato in Europa, dove le nuove operazioni hanno totalizzato 107 miliardi di euro nel secondo trimestre del 2024, con un aumento del 27,3% rispetto al trimestre precedente. Per l'intero anno, come stima Bain & Co. nel suo “Global Private Equity Report 2024”, il valore delle sole operazioni di buyout è destinato a raggiungere i 521 miliardi di dollari, in crescita del 18% rispetto all’anno precedente, trainato anche da una maggiore dimensione media delle operazioni. 

Sul mercato italiano, secondo il “Deloitte PE Confidence Index” costruito sulle aspettative degli operatori, la fiducia nel secondo semestre del 2024 continua a crescere e ha ormai raggiunto il valore più alto dal 2022 (112 punti). Inoltre, da quanto emerge dalla Private Equity Survey di Deloitte con Aifi, il 90% degli operatori prevede un miglioramento o una stabilizzazione del panorama economico italiano. Un clima che già adesso si delinea nei numeri del primo semestre 2024, che vede i deal effettuati a quota 217 attestandosi a livelli più che soddisfacenti e in linea con il contesto post-COVID.

L'attività è comunque ancora contenuta rispetto ai livelli vertiginosi degli ultimi due anni, ma il periodo 2021-2022 rappresenta un benchmark piuttosto ingiusto. Questo biennio ha visto livelli di attività senza precedenti, alimentati da tassi di interesse ai minimi storici e massicce misure di stimolo post-pandemia. Se confrontati con le medie più “normali” del periodo 2017-2020, i valori attuali delle operazioni sono sorprendentemente simili. In poche parole, le cose sono tornate alla normalità da una prospettiva di valore, anche se il volume continua a diminuire. Una spiegazione per questa divergenza valore/volume si può ricondurre al costo del capitale ancora elevato per i fondi di private equity che devono comprare e che si trovano a dover affrontare, rendendo in questo periodo i venditori più inclini a proporre in vendita solo le aziende con le performance migliori con valutazioni premium, allungando la durata dell’hoding period delle altre società in portafoglio. La conseguenza è un minor numero di operazioni, ma con dimensioni più grandi in valore. 

 

L’Italia del tech: un orizzonte poco esplorato e con ampi margini di crescita

Sebbene l’Italia non sia abitualmente considerato un Paese produttore di tecnologia, il grande cantiere della sua digitalizzazione nasconde molte opportunità per chi è interessato al megatrend del tech. Come indicato da “Mordor Intelligence”, l'Italia sta vedendo un incremento degli investimenti da parte di grandi player globali come Microsoft, che ha annunciato la disponibilità della sua prima regione cloud in Italia, e Hewlett Packard Enterprise, che sta modernizzando la sua piattaforma Fastcloud per migliorare l'agilità e la visibilità dei costi.

Soprattutto nel contesto post-COVID gli investimenti in tecnologia sono cresciuti considerevolmente in Italia. Secondo il “Digital Economy and Society Index” (DESI) del 2023, che misura la performance digitale dei Paesi dell’UE basandosi su vari indicatori, l’Italia ha mostrato progressi significativi nella digitalizzazione, pur necessitando di ulteriori progressi per allinearsi completamente alla media dei Paesi europei. Un processo che è estremamente supportato da Bruxelles - anche attraverso i fondi del Next Generation Eu - e, proprio per questo, tutto il settore è destinato a crescere in modo importante: mentre il PIL italiano crescerà dall’1,0% (recente stima dell’UE) all’1,2% da qui al 2026, il mercato digitale aumenterà le sue dimensioni mediamente del 4,6% anno su anno, almeno quattro volte e mezzo il PIL. Un’ascesa peraltro favorita anche dal piano normativo che vede strumenti nuovi come gli Eltif 2.0 e la novità degli evergreen, fondi di private equity perpetui diversamente dei fondi con la classica scadenza a 10 anni.

Le stime di Intermonte, basate sulle performance attese delle aziende tecnologiche italiane quotate, evidenziano una forte crescita del business negli ultimi anni, con i ricavi del 2023 in aumento mediamente del 15,5% anno su anno. Un chiaro indicatore di una forte domanda di tecnologia sul mercato, che coinvolge con grande probabilità anche l’universo delle imprese non quotate e su cui verte l’attenzione del private equity.

Nel 2025, la crescita continuerà con un’ulteriore adozione delle tecnologie emergenti. Il mercato tecnologico italiano è previsto crescere a un tasso annuo composto (CAGR) del 9,8%. Guardando al 2026, l'Italia mira a diventare un leader nella trasformazione digitale, sfruttando appieno il potenziale dell’intelligenza artificiale e delle altre tecnologie avanzate. La strategia Italia Digitale 2026 prevede di migliorare ulteriormente le competenze digitali della popolazione attraverso programmi di formazione estesi, che coinvolgono scuole, università e programmi di re-skilling per i lavoratori. Il mercato delle telecomunicazioni vedrà una significativa espansione dei servizi 5G, con la diffusione dei ripetitori per fornire connettività a banda larga, e lo sviluppo ulteriore della fibra, con progetti in corso per coprire oltre dieci milioni di abitazioni (Mordor Intelligence).

 

I settori su cui puntare: dal software al cloud, dalla cybersecurity all’intelligenza artificiale

Un’Italia più digitalizzata vede opportunità nell’ambito del cloud computing, della condivisione di milioni di dati e del cosiddetto internet of things, che permette agli oggetti di comunicare tra loro. 

Con l'espansione delle regioni cloud e l'aumento della domanda di servizi scalabili, le soluzioni cloud continueranno a essere un settore chiave. Più dati saranno stoccati su cloud e con l'espansione delle infrastrutture digitali, la sicurezza informatica diventerà sempre più cruciale per proteggere i dati e le operazioni aziendali e sarà sempre più necessario investire in cybersecurity. In particolare, sicurezza informatica e i big data - ovvero le tecnologie per processare una grande quantità di dati - cresceranno intorno al 14% annuo nei prossimi tre anni. 

Ambito attiguo e con prospettive di crescita ancor più interessante è quello dell’intelligenza artificiale (IA). Sebbene negli Stati Uniti vi sia nel mondo finanziario un consenso generale sul fatto che l'IA possa essere per valori in una fase di pre-bolla, sia nei mercati pubblici che privati, la prossima fase che sta emergendo vedrà un uso molto ampio e più specializzato dell'IA in processi industriali complessi, con grandi benefici trasversali in tutti i settori (ad esempio, Sanofi la utilizza nel processo di scoperta dei farmaci). In Italia, secondo Anitec-Assinform, nel periodo 2023-2026 l’IA registrerà, da sola, un tasso di crescita annuo del 28,2%, il più alto dell’intero settore tecnologico. La strategia nazionale sull'AI, che include l'implementazione di soluzioni AI per migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione e promuovere l'innovazione nelle imprese, sarà un forte driver di crescita. 

Da non dimenticare il segmento del software (previsto crescere del 5,8% annuo nel triennio 2023-2026) con il mondo del software-as-a-service (SaaS) che lo scorso anno ha raggiunto un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro (+19%), secondo le stime del Politecnico di Milano. Secondo Anie, inoltre, automazione e robotica confermano i trend di espansione (+15% nel 2023), sotto l’egida del continuo sviluppo dell’Industria 4.0 (e della nascente 5.0) e dell’esigenza di aumentare l’efficienza nella produzione e di avviare nuovi percorsi di business.

 

PMI italiane, un tesoro da scoprire

Il tessuto imprenditoriale italiano è costellato di piccole e medie imprese, per lo più a gestione familiare con un grande bisogno di capitali per potersi sviluppare al meglio. HAT sgr, società di private equity fondata nel 2007, ha sviluppato, negli anni, una forte specializzazione in innovazione e tecnologia, selezionando futuri campioni nazionali e farli crescere tramite aggregazioni e portarli alla quotazione in Borsa o a nuove aggregazioni con multinazionali supportate da mega-fondi internazionali.

Tra i casi di successo più noti, ad esempio, si posizionano Wiit, azienda di cloud computing che fatturava solo 9 milioni di euro quando Hat è entrata nel capitale e che, dopo un percorso di crescita insieme, è stata quotata alla Borsa di Milano. Oggi capitalizza oltre 500 milioni di euro. Gpi, il più grande gestore italiano di cartelle cliniche digitali, cresciuta grazie a Hat che l’ha supportata nell’acquisizione di 14 aziende competitor e, successivamente, quotata in Borsa. Oggi l’azienda fattura 430 milioni di euro. Esempi convincenti di come, per i fondi di private equity, avere una strategia di investimento tematica rivolta al comparto tecnologico italiano possa essere una scelta altamente remunerativa. Hat ha effettuato oltre 90 investimenti, diretti e indiretti attraverso le società in portafoglio, con ritorni anche cinque volte superiori al capitale impiegato.

Di recente, ha lanciato il suo quinto fondo di private equity, Hat Technology Fund 5, rivolto al megatrend della tecnologia con 200 milioni di euro pronti per essere investiti nelle aziende italiane. In particolare, il fondo punta su società che operano in settori strategici ad alto potenziale di crescita nel mercato TMT (technology, media & entertainment, telecommunications), con particolare attenzione all’intelligenza artificiale, al software e all’automation & robotics. Il fondo è rivolto a realtà con una leadership consolidata in specifiche nicchie di mercato in grado di diventare polo aggregante di altri soggetti, beneficiando del trend di consolidamento in atto nel settore tecnologico italiano per cogliere appieno tutte le opportunità della transizione digitale in atto.

Ignazio Castiglioni, co-fondatore e CEO HAT SGR

 

18/9/2024 

 
 
 

Ti potrebbe interessare anche