Private equity secondario, un'ottima alternativa per il risparmio previdenziale

In un periodo di tassi bassi e valutazioni elevate il private equity secondario può rappresentare il giusto compromesso tra la ricerca di extra rendimento e la necessità di contenere i rischi: le possibili opportunità per gli investitori previdenziali

Fabrizio Dolfi

Chi si occupa di gestione del risparmio previdenziale si trova oggettivamente in un momento particolarmente difficile. L’obbligazionario, la classe di attivi su cui il settore ha puntato maggiormente fino ad oggi, ha delle aspettative di ritorno a 5-7 anni bassissime, in molti casi negative. La sfida per i gestori è dunque come modificare l’asset allocation dei propri fondi cercando di evitare che il prossimo decennio si riveli a crescita zero. Uno scenario del genere avrebbe infatti un impatto a lungo termine estremamente negativo per i risparmiatori, particolarmente per i più giovani che, a causa di bassissima educazione finanziaria, spesso scelgono i profili prudenti, quasi esclusivamente investiti in obbligazionario, quando invece dovrebbero fare l’esatto contrario.

La prima alternativa che molti valutano è l’incremento dell’allocazione in azioni e mercati emergenti e, sebbene muoversi in questa direzione contribuisca certamente a migliorare le aspettative, le valutazioni attuali di questi mercati e la loro volatilità storica nelle fasi finali del ciclo economico raccomandano di procedere sì, ma con prudenza. L’altra direzione in cui è possibile muoversi è quella di investire, o di aumentare l’esposizione, in mercati privati (private debt, private equity, infrastrutture). Il premio di illiquidità, cioè l’extra rendimento che si riceve per investire in classi di attivi illiquide, ha certamente molto senso per gli investitori a lungo termine, che soffrono meno di altri l’illiquidità di una parte del loro portafoglio. La previdenza italiana è in ritardo dal punto di vista dell’allocazione a queste classi di attivi e questa particolare congiuntura di mercato potrebbe offrire la giusta spinta per ridurre, almeno in parte, le distanze rispetto ai fondi pensione internazionali.

Ovviamente, anche i mercati privati hanno beneficiato del lungo ciclo espansivo che sta volgendo al termine e questo inevitabilmente impatta le aspettative future. Le valutazioni del private equity, dopo anni di ottime performance, sono piuttosto elevate lasciando presagire ritorni futuri più bassi e durate degli investimenti più lunghi. Nel private debt, il progressivo allentamento delle condizioni richieste per la concessone dei mutui ha reso l’esposizione a certe tipologie di debito e a certe classi di investitori nettamente più rischiosa. Ancora una volta, quindi, è giusto esporsi a queste classi di attivi ma si deve farlo con attenzione e consapevolezza.

In uno scenario come quello appena descritto, il private equity secondario può rappresentare un ideale compromesso tra la necessita di incrementare i rendimenti e quella di contenere il livello di rischio. 

Un fondo di private equity secondario è un fondo di fondi dove il gestore acquista partecipazioni in fondi di private equity lanciati anni prima da investitori che, per varie ragioni, decidono di uscire anticipatamente. Questa strategia offre numerosi vantaggi rispetto all’investimento tradizionale: 
 

  • La durata dell’investimento si riduce: molti investitori esitano difronte all’idea di avere il loro capitale bloccato per 10-12 anni. Acquistando fondi con già vari anni di vita, la durata dell’investimento in secondario sarà più breve. 
     
  • Alta diversificazione: investendo in molti fondi, invece che in uno solo, avremo un investimento estremamente più diversificato, per gestori, anni di lancio, geografie, settori industriali etc.
     
  • Visibilità sugli investimenti: in un fondo di private equity non si ha idea in quali società il gestore deciderà di investire. Un fondo di secondario, acquistando partecipazioni in fondi che hanno completato la fase d’investimento o sono vicini a farlo, permette di avere una visibilità totale sulle società selezionate riducendo di molto le incognite.
     
  • Distribuzioni sono molto più ravvicinate: in un fondo di private equity tradizionale gli investitori iniziano a ricevere distribuzioni solo alla fine della fase di investimento, quindi non prima del quarto o quinto anno. In un fondo di secondario, acquistando fondi alla fine della loro fase di investimento le distribuzioni sono molto più ravvicinate nel tempo, spesso già anche nel primo anno.  
     

Grazie alle sue caratteristiche il private equity secondario è particolarmente indicato per chi si avvicina per la prima volta agli asset illiquidi. Il secondario consente infatti di investire anche ammontari modesti, tipici di chi inizia, ma di godere comunque di un elevata diversificazione. Permette di puntare ai ritorni tipici del private equity ma in un format dal profilo di rischio e dalla volatilità dei ritorni più contenuta. Offre la possibilità di investire contemporaneamente in una serie di fondi lanciati in anni diversi, minimizzando così il rischio di essere entrati al momento sbagliato. E infine, grazie alle distribuzioni cosi ravvicinate nel tempo, riduce di molto la sensazione di sentirsi “ingabbiati” nell’investimento. 

Ma il private equity secondario sta risultando sempre più attraente anche agli investitori più esperti. Il  flusso di capitali verso il private equity continua ad aumentare e con esso aumenta anche il cosiddetto “Dry Powder” cioè il capitale raccolto ma ancora da investire. Parallelamente, anni di crescita dei mercati e di tassi bassi hanno fatto lievitare i multipli d’acquisto delle società. Una delle  principali conseguenze di questi due trend è attesa essere l’allungamento sia della fase di investimento dei fondi sia della loro durata totale. In uno scenario dove investire in un fondo di private equity significherà sempre di più vedere dilatarsi l’intervallo tra le varie capital call, dover attendere probabilmente fino al quinto o sesto anno per ricevere le prime distribuzioni e avere un investimento dalla durata di 14-15 anni avrà sempre più senso la presenza nel portafoglio anche di investimenti con le caratteristiche del secondario.

Fabrizio Dolfi, Senior Manager Italy - Head of Institutional Sales and Private Assets 
Oddo BHF Asset Management

11/3/2020

 
 
 

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