Torna il Patto di Stabilità: gli obiettivi del DEF per adempiere alle regole UE

A partire dal prossimo anno, le politiche di bilancio degli Stati membri dovranno garantire sostenibilità del debito a medio termine e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva: quale la situazione dell'Italia e quali gli obiettivi indicati dal governo nel DEF 2023?

Bruno Bernasconi

Dopo aver sospeso per tre anni il Patto di Stabilità e Crescita per far fronte all’emergenza pandemica, la clausola di salvaguardia generale, che prevede una deviazione temporanea dai requisiti di bilancio applicabili in caso di grave recessione economica, sarà disattivata alla fine del 2023. Ciò comporterà una ripresa delle raccomandazioni specifiche per Paese sulla politica di bilancio, quantificate e differenziate in base ai problemi di debito pubblico degli Stati membri. Sono in corso discussioni su un quadro di governance economica riveduto, fondato sugli orientamenti della Commissione Europea presentati nel novembre 2022 e che tenga in considerazione la nuova realtà post-COVID, in cui gli Stati membri sono invitati a definire le modalità con cui i loro piani di riforma e di investimento dovrebbero contribuire alla sostenibilità di bilancio e alla crescita sostenibile e inclusiva, secondo i criteri stabiliti negli orientamenti di riforma. 

Nella proposta di modifica presentata dalla Commissione rimangono gli obiettivi di debito al massimo al 60% e deficit annuo massimo al 3% del proprio prodotto interno lordo, garantendo però una maggiore flessibilità per fare in modo che i singoli governi possano adattare gli obiettivi alle rispettive circostanze specifiche. In particolare, gli Stati dovrebbero ridurre gradualmente il debito pubblico attraverso un tetto alla spesa primaria netta per un orizzonte temporale di 4 anni, con la possibilità di un’eventuale estensione fino a un massimo di 7 anni per i Paesi fortemente indebitati a fronte di impegni assunti su riforme e investimenti. Questi Stati dovranno presentare un piano di "medio-lungo periodo", che comprenda riforme e stime di investimenti pubblici e che passerà al vaglio della Commissione per assicurarsi che la direzione intrapresa sia quella corretta, mostrando una tendenza alla riduzione della propria esposizione. La plausibilità della traiettoria verrà verificata simulando il comportamento del rapporto debito/PIL nei 10 anni successivi alla conclusione dell’aggiustamento: tale rapporto deve ridursi anche negli scenari avversi o sfavorevoli. 

In questo modo, verrebbe sostituita la regola che impone un tasso di riduzione di un ventesimo all'anno ai Paesi con debito superiore al 60% del PIL; norma ritenuta poco realizzabile e accusata in passato di aver aggravato le crisi economiche. L'obiettivo è concludere il processo di riforma entro la fine dell'anno e avere le nuove regole fiscali in vigore entro gennaio 2024, superando le obiezioni dei Paesi frugali, come Germania e Olanda, che non condividono questa nuova linea e chiedono requisiti minimi per i Paesi indebitati. Il governo italiano ha sostenuto la proposta della Commissione di revisione delle regole di bilancio e degli altri aspetti della governance economica, tra cui la procedura sugli squilibri macroeconomici (MIP), pur evidenziandone alcuni punti critici, come la categorizzazione degli Stati membri in base alla severità delle "sfide" di finanza pubblica, e proponendo l’adozione di un trattamento preferenziale per gli investimenti pubblici per contrastare i cambiamenti climatici e promuovere la transizione digitale (i due pilastri del PNRR), nonché la spesa per la difesa derivante da impegni assunti nelle sedi internazionali. 

Figura 1 - L'evoluzione nel tempo del rapporto debito pubblico/PIL per i principali Stati membri

Figura 1 - L'evoluzione nel tempo del rapporto debito pubblico/PIL per i principali Stati membri

Fonte: elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati Fondo Monetario Internazionale


La situazione italiana e gli obiettivi del DEF

La direzione indicata da Bruxelles sembra comunque essere condivisa dall’attuale governo italiano che, nel DEF 2023 approvato lo scorso 11 aprile, ha indicato tra gli obiettivi della programmazione economico-finanziaria quello di ridurre gradualmente, ma in misura sostenuta nel tempo, il deficit e il debito della Pubblica Amministrazione in rapporto al PIL.

L’esecutivo ha quindi confermato gli obiettivi di deficit già dichiarati a novembre nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB), ossia 4,5% quest’anno (dall’8% del 2022), 3,7% nel 2024, 3% nel 2025 e 2,5% nel 2026, mentre il rapporto debito/PIL, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico, è previsto debba scendere progressivamente, sebbene a un ritmo inferiore rispetto alle riduzioni straordinarie osservate negli ultimi due anni (-5,5 punti percentuali registrati nel 2022 rispetto al 2021 e -5 punti percentuali registrati nel 2021 rispetto al 2020) dal 144,4% del 2022 al 142,1% nel 2023, nel 2024 al 141,4%, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026. Il corrispondente andamento del saldo primario (ovvero l’indebitamento netto esclusi i pagamenti per interessi) evidenzia un lieve surplus (0,3% del PIL) già nel 2024 per poi migliorare all’1,2% nel 2025 e al 2% nel 2026. Come sottolinea il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, nella nota introduttiva al DEF, in termini di saldo strutturale (ossia aggiustato per l’output gap e le misure una tantum e le altre misure temporanee), il sentiero di riduzione del deficit è quindi coerente con le attuali regole del Patto di Stabilità e Crescita relativamente sia al cosiddetto braccio correttivo (fino al raggiungimento del 3% di deficit in rapporto al PIL) sia a quello preventivo (una volta che il deficit scenda al disotto del 3%).

Entrando più nel dettaglio, l’andamento in riduzione e di progressiva stabilizzazione dei prezzi energetici rispetto ai picchi del 2022 ha consentito un contenimento degli oneri di finanza pubblica per gli interventi straordinari di sostegno a famiglie e imprese, in linea con gli orientamenti espressi dalla Commissione Europea, che riconoscono da un lato la necessità di continuare ad attutire l’impatto sull’economia dei rialzi di prezzo del gas naturale e del petrolio causati dalla guerra in Ucraina, e dall’altro invitano a prevedere la progressiva eliminazione di queste misure temporanee per tornare a delineare una politica di bilancio prudente, anche in vista della disattivazione della clausola di salvaguardia generale. Per quanto riguarda la spesa per interessi, la previsione per il 2023 è pari al 3,7% del PIL, in calo rispetto al 2022, in ragione della riduzione del tasso di inflazione che comporta una minore rivalutazione dei titoli indicizzati ai prezzi. Per il prossimo triennio, invece, la spesa per interessi è prevista in aumento al 4,1% del PIL nel 2024, 4,2% nel 2025 e 4,5% nel 2026, complice il fatto che quote crescenti dello stock di debito avranno recepito i rialzi dei tassi di interesse da parte della BCE. La spesa per prestazioni sociali in denaro è attesa assumere un ritmo di crescita sostenuto soprattutto nel 2023 e nel 2024, in quanto risente dell’indicizzazione ai prezzi delle prestazioni basata sul tasso di inflazione dell’anno precedente. In aggiunta, dalla rimodulazione dei flussi di finanziamento del PNRR deriva una maggiore concentrazione della spesa per investimenti pubblici, in particolare nel 2024 e 2025. Questi aumenti di spesa dovrebbero essere però più che compensati dalla progressiva rimozione delle misure temporanee per il caro energia e dall’ormai completo azzeramento degli interventi eccezionali per far fronte agli effetti della pandemia. La spesa primaria in rapporto al PIL è quindi prevista ridursi dal 52,4% del 2022 al 45,1% nel 2026.

Come risultato di questi fattori, il deficit è ipotizzato su un profilo moderatamente migliore rispetto a quanto prefigurato nel DPB, scendendo nel 2026 sotto la soglia del 3% indicata dal Patto di Stabilità e Crescita. Nello stesso scenario, il rapporto debito/PIL dovrebbe continuare un percorso in discesa fino al 140,4% nel 2026. Poiché l’incidenza dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi si dovrebbe ridurre dal 2027 in poi, inoltre, il sentiero programmatico qui delineato è in linea con l’obiettivo di riportare il rapporto debito/PIL su livelli prossimi a quello pre-crisi (134,1% nel 2019) entro la fine del decennio. Alla riduzione del rapporto debito/PIL contribuirà il crescente miglioramento del saldo primario, che dovrebbe tornare in avanzo già dal 2024, pari allo 0,3% del PIL nello scenario programmatico, e salire poi fino al 2% del PIL nel 2026. Nel complesso, l’evoluzione dei saldi mostra il proseguimento di un percorso di normalizzazione delle finanze pubbliche dopo gli effetti delle crisi pandemica ed energetica, in cui l’impatto sui conti pubblici delle misure eccezionali adottate per far fronte alle due emergenze si affievolisce, tornando a convergere, alla fine del periodo di previsione, verso un livello prossimo a quello registrato negli anni precedenti la crisi.

In conclusione, nel suo insieme, il piano presentato nel DEF 2023 sembra rispettare le indicazioni fornite dalla Commissione dell'UE per il 2024, con le proiezioni relative agli ultimi due anni del quadro previsionale che proseguono nell’aggiustamento in termini di saldo strutturale disegnando miglioramenti in linea con il braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita.

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

15/5/2023 

 
 
 

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