Gli infortuni sul lavoro ai tempi di COVID-19: cosa è successo nel 2020

L'andamento infortunistico dello scorso anno è stato profondamente influenzato dalla pandemia: se l’ampio ricorso allo smart working ha contribuito alla diminuzione delle denunce complessive, la letalità di COVID-19 ha comunque determinato un incremento dei casi mortali. Numeri ed evidenze dall’ultima Relazione annuale Inail 

Mara Guarino

I dati sulle denunce di infortunio nel 2020 registrano, rispetto al 2019, un calo dei casi in complesso e l’aumento significativo di quelli mortali: sono infatti poco più di 571mila quelle segnalate al 31 dicembre dello scorso anno (-11,4%), un quarto delle quali relative a contagi da nuovo coronavirus; aumentano però del 27,6% i casi mortali, che toccano quota 1.538, un terzo dei quali attribuibili proprio a infezioni da SARS-CoV-2. È, prevedibilmente, un quadro di gran lunga influenzato da COVID-19 quello tracciato dalla Relazione annuale Inail presentata lo scorso luglio a Palazzo Montecitorio. Un documento che consente quindi di analizzare l’impatto dell’emergenza epidemiologica anche in termini di sicurezza e salute dei lavoratori italiani.  

Come evidenziato anche dal Presidente Franco Bettoni nel corso del suo intervento, la pandemia ha fortemente condizionato l’andamento del fenomeno infortunisticoDa un lato, infatti, ha comportato la riduzione dell’esposizione al rischio per gli eventi tradizionali e in itinere – a causa del lockdown e del rallentamento delle attività produttive – e, dall’altro, ha generato una nuova categoria di infortuni per i casi di contagio da COVID-19”. 

 

L'impatto della pandemia su malattie professionali e infortuni sul lavoro 

Il confronto tra annualità risente inevitabilmente innanzitutto della sospensione tra marzo e maggio 2020, su tutto il territorio nazionale, di ogni attività produttiva ritenuta “non essenziale”, della chiusura delle scuole e delle misure di contenimento dei contagi intraprese anche una volta cessati i lockdown. La massiccia diffusione di telelavoro e smart working in particolare ha avuto il benefico effetto di collaterale di ridurre rispetto al 2019 sia gli infortuni sul lavoro "tradizionali" sia quelli in itinereavvenuti cioè durante il tragitto casa-lavoro (o viceversa). 

Premettendo per comprendere meglio le evidenze statiche che, sin dagli inizi dell’emergenza, l’articolo 42 del cosiddetto decreto “Cura Italia” stabilisce che le infezioni accertate da SARS-CoV-2 maturate in occasione di lavoro, a seguito di opportuna comunicazione all’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, devono essere trattate a tutti gli effetti come un infortunio sul lavoro sotto il profilo assicurativo, la stessa Inail rileva d’altra parte una triste compensazione dovuta proprio ai contagi da COVID-19. I quali non solo hanno ridimensionato il possibile calo di denunce rispetto alla relazione precedente (-74mila), ma hanno soprattutto indotto un forte incremento dei casi mortali. Nel dettaglio, sono 333 in più dei 1.205 registrati nel 2019. 

Numeri che sono per l’appunto la sintesi di due dinamiche contrapposte: le denunce di infortuni mortali in itinere (226 casi) sono diminuite rispetto all’anno precedente del 31,7%, a fronte di un notevole aumento (+50,1%) dei decessi denunciati in occasione di lavoro. Da segnalare infine, così come per il totale degli infortuni, anche il notevole calo delle malattie professionali denunciate rispetto al 2019, ben 16mila  in meno, vale a dire il 26,6%. Secondo Inail, anche in questo caso è peraltro possibile parlare di “effetto COVID”: mentre la sospensione di molte attività ha ridotto l’esposizione al rischio di contrarre patologie, lo stato di emergenza può aver d’altro canto reso più difficoltoso il ricorso ai presidi sanitari e amministrativi propedeutici alla presentazione della denuncia.

 

Infortuni sul lavoro, l'identikit delle denunce da COVID-19 

Se gli infortuni in itinere diminuiscono allo stesso modo per tutte le gestioni assicurative, quelli in occasione di lavoro aumentano in maniera significativa rispetto al 2019 (+7,9%) solo per industria e servizi. La ragione è relativamente semplice: i valori del comparto sono trainati dal settore “sanità e assistenza sociale”, sottoposto nel corso della pandemia a un elevatissimo rischio di contagio da COVID-19. Basti del resto pensare che si è passati dai circa 28.500 casi del 2019 agli oltre 96mila del 2020 (+236,5%). Se, dunque, quasi 7 contagi su 10 hanno interessato il personale sanitario e socio-sanitario, Inail osserva come anche altri settori abbiano comunque registrato incrementi significativi rispetto alla precedente rilevazione annuale: l’amministrazione pubblica, con particolare riferimento a quegli enti preposti alla sanità come le Asl (+74,3%), l’agricoltura industriale (+48,6%) e alcune attività “essenziali” del manifatturiero, come le produzioni farmaceutiche (+5,1%).

Per quanto riguarda l’anagrafica delle denunce, dall’analisi per classi di età emergono decrementi generalizzati, salvo che per le fasce più elevate, non  a caso quelle anche più sensibili agli effetti del nuovo coronavirus: 50-64 anni (+6,5%), 45-49 anni (+2,5%) e 65-69 anni (+1,4%). L’analisi territoriale evidenzia invece un calo delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese, più contenuto però nel Nord-Ovest (-2,0%) e più accentuato al Centro (-18,0%), nelle Isole (-17,4%), al Sud (-15,3%) e nel Nord-Est (-13,5%). 

 

Dopo la pandemia: le prospettive per il futuro

Come già confermato dai dati riguardanti il primo semestre 2021, con buona probabilità l’impatto della pandemia influenzerà anche l’anno in corso, sebbene in misura minore. Il trend delle infezioni di origine professionale è in sensibile diminuzione anche tra il personale sanitario, prioritariamente coinvolto nella campagna vaccinale. Al netto dei caso di contagio da COVID-19, risulta piuttosto marcato l’aumento degli infortuni in occasione di lavoro e in itinere; quasi il segno di un progressivo ritorno alla normalità, su cui grava un bilancio provvisorio particolarmente critico sul fronte delle morti sul lavoro “tradizionali”. I decessi denunciati tra gennaio e maggio sono stati infatti 434, due in più rispetto allo stesso periodo dell’anomalo 2020 (+0,5%) e ben 43 in più rispetto al 2019 (+11,0%). 

Ecco perché il cauto ottimismo circa il superamento dell’emergenza sanitaria non deve indurre al drammatico errore di abbassare la guardia nei confronti dei temi della sicurezza e della salute sul lavoro. Così come ricordato dallo stesso Bettoni durante il suo intervento alla Camera dei Deputati: Nella convinzione che ogni vita persa sul lavoro sia inaccettabile, il pesante bilancio infortunistico ci fa comprendere che non si fa ancora abbastanza. Non è sufficiente indignarsi ma occorre agire. Le norme ci sono e vanno rispettate. È necessario un impegno forte e deciso di tutti per realizzare un vero e proprio “patto per la sicurezza” tra istituzioni e parti sociali. Coinvolgere gli attori del sistema nazionale di prevenzione, rafforzare i controlli, promuovere una maggiore sensibilizzazione di lavoratori e imprese, potenziare la formazione e l’informazione per costruire una cultura della sicurezza, a partire dal mondo della scuola, dare sostegno economico alle aziende: sono tutte azioni da perseguire con determinazione e l’Istituto è pronto a fare la sua parte”. 

Mara Guarino, Itinerari Previdenziali

11/8/2021

 
 

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