Rapporto INAPP: rafforzare le politiche attive per superare mismatch e inattività

Pur con numeri in miglioramento, il mercato del lavoro italiano continua a mostrare criticità quali il disallineamento tra domanda e offerta (mismatch) ed elevati livelli di inattività, soprattutto tra giovani e donne. Per farvi fronte, secondo l'INAPP occorre un nuovo approccio in tema di politiche attive del lavoro che metta al centro la formazione e rafforzi la cooperazione di tutte le parti in causa

Bruno Bernasconi

La crescita economica dell’Italia nel post COVID è stata accompagnata, e sostenuta, da quella dell’occupazione, con un incremento di oltre 1 milione di posti di lavoro rispetto a dicembre 2019 che ha consentito di raggiungere il record di oltre 24 milioni di occupati e del 62,5% del tasso di occupazione. Tuttavia, sebbene la ripresa sia stata di intensità anche maggiore rispetto alle altre principali economie europee, si tratta di un andamento non ancora sufficiente a ricucire il gap con i valori medi continentali (il tasso di occupazione è ancora inferiore di quasi 9 punti rispetto alla media UE27). 

Dietro al miglioramento dei dati si celano, infatti, il permanere di alcune criticità, tra cui un tasso di inattività ancora elevato, livelli di occupazione femminile subottimali, i ritardi nell’adeguamento delle retribuzioni reali e il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Tutti fattori che, uniti al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, pongono importanti sfide alla sostenibilità del sistema di welfare e che richiedono interventi mirati soprattutto nella logica di riuscire a governare le transizioni digitale ed energetica per adeguarsi al nuovo contesto competitivo. 

L’obiettivo di favorire una dinamica positiva dell’occupazione può esser perseguito attraverso una molteplicità di interventi e di politiche economiche, tenendo però sempre conto delle peculiarità territoriali e demografiche del Paese attraverso iniziative che siano in grado di differenziare le misure sulla base di specifici bisogni di target e territori e di mobilitare la partecipazione contemporanea e coordinata di una pluralità di attori. A tal proposito, il Rapporto INAPP 2024 evidenzia come, se da una parte in questi ultimi anni una serie di interventi in questa direzione sia stata intrapresa, dall’altra risulta necessaria l’adozione di nuove prospettive di policy, ricordando che sostenere e promuovere la crescita economica di un Paese significa anche stimolare e favorire l’occupazione dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Un passo positivo in questo senso è stato compiuto nel post pandemia dal modello italiano, spesso troppo sbilanciato verso ammortizzatori sociali e assistenzialismo, verso l’utilizzo di politiche attive del lavoro, segnando un’inversione di tendenza almeno nel confronto tra partecipanti alle misure e i beneficiari dei sostegni: il numero di partecipanti nelle politiche attive registrato nel 2022  era pari a quasi 3,5 milioni di persone rispetto ai 2,3 milioni delle politiche passive. 

Questo incremento è coinciso con l’avvio del programma Garanzia occupabilità lavoratori (GOL), contenuto nel pacchetto di iniziative previste dal PNRR e che ha come obiettivo principale quello di investire nelle competenze dei lavoratori attraverso interventi mirati di aggiornamento/adeguamento (upskill) e di qualificazione/riqualificazione (reskill).La formazione viene quindi inserita nel novero delle politiche attive del lavoro per cercare di far fronte al problema del mismatchuna delle maggiori criticità del mercato del lavoro italiano alimentato da una formazione professionale poco aderente ai fabbisogni delle imprese e da una riduzione della popolazione attiva. Con una dotazione di 5,4 miliardi di euro, il programma GOL è riuscito ad elevare la partecipazione formale alle politiche attive del lavoro delle persone in cerca di occupazione, con dei target al 2025 che includono il raggiungimento di almeno 3 milioni di beneficiari, di cui almeno il 75% deve presentare una o più delle seguenti caratteristiche: essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55. A questi si aggiungono almeno 800mila beneficiari di attività di formazione tra i quali 300 mila per le competenze digitali. Il Programma viene inoltre affiancato da un ulteriore intervento per potenziare i Centri per l’impiego al fine di garantire l’erogazione di servizi relativi ai Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) nell’80% degli sportelli pubblici di ogni regione.

Tuttavia, pur avendo prodotto degli effetti positivi, sono emersi alcuni elementi critici, tra cui proprio quella della formazione, suo elemento portante e fattore fondamentale per il contrasto del mismatchcomplici anche le difficoltà a reperire sul territorio un’offerta formativa adeguata che si adatti alle specifiche necessità e caratteristiche dei soggetti presi in carico. In generale, appare evidente la sfida di riuscire a implementare politiche attive in grado di fornire risposte tempestive e adeguate ai reali bisogni degli individui, rendendo necessario – secondo Natale Forlani, Presidente di INAPP - «accrescere il coinvolgimento degli attori funzionali, quali ad esempio le istituzioni scolastiche e universitarie, le parti sociali, gli operatori che intermediano l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, in grado di identificare i fabbisogni della domanda e di mettere in campo le iniziative più idonee per adeguare le competenze dei lavoratori e rendere sostenibili le transizioni lavorative». 

Anche sul fronte degli incentivi alle assunzioni per le imprese rivolte a specifici gruppi – giovani, donne, disabili, etc – l’INAPP sottolinea le difficoltà di disegnare misure in grado di produrre una crescita di posti di lavoro che si traduca in un uso efficiente delle risorse pubbliche, ricordando come numerosi studi concordino sul fatto che la maggior parte degli incentivi all’assunzione (nel settore privato) abbiano un effetto moderato, se non addirittura nullo, sulla crescita netta dell’occupazione. Citando l’esempio delle politiche di genere, i dati mostrano come, pur essendo misure rilevanti, non abbiano in realtà portato ai risultati sperati sia in termini di occupazione aggiuntiva sia per quel che riguarda il passaggio dall’inattività all’attività.

In particolare, gli inattivi risultano ancora pari a circa un terzo della popolazione in età da lavoro (33,7% a novembre 2024), presentando caratteristiche diverse in termini anagrafici, di genere, territoriali e di competenze, ma con una forte concentrazione di giovani e donne. Proprio il tema del contrasto dell’inattività, e dunque dell’innalzamento quantitativo e qualitativo della forza lavoro, comporta un’importante riflessione su come stimolare l’occupazione femminile che, oltre a essere una questione di garantire pari opportunità, rappresenta una leva fondamentale per ampliare la base della forza lavoro e del potenziamento delle classi in età attiva, rafforzando la sostenibilità del sistema di welfare all’interno dello scenario di progressivo invecchiamento della popolazione. 

Nonostante i segnali di miglioramento, infatti, il divario di genere resta un’altra grande criticità del nostro Paese, dovuta secondo il report a una forte componente culturale che si basa su una disparità dei carichi di cura familiare che indebolisce la capacità e le prospettive di entrare, rientrare e avanzare professionalmente nel mercato del lavoro. Negli ultimi 20 anni il tasso di occupazione maschile è aumentato di circa 2 punti percentuali raggiungendo a novembre 2024 il 71%, mentre quello femminile è cresciuto di oltre 8 punti percentuali rimanendo però ancora distante di oltre il 17% e pari a poco meno del 54%. Parallelamente, il tasso di inattività si è ridotto di 1 punto percentuale al 24,8% per gli uomini e di circa 7 punti percentuali al 42,7% per le donne.

In conclusione, il Rapporto INAPP 2024 evidenzia la necessità di un approccio innovativo per affrontare le problematiche del mercato del lavoro che metta al centro delle politiche economiche e lavorative l’obiettivo di incrementare la produttività, migliorare le competenze dei lavoratori e garantire un utilizzo ottimale delle risorse umane. Un cambio di paradigma che non si limiti alla gestione delle risorse pubbliche, ma che rafforzi anche la collaborazione tra istituzioni formative, rappresentanze delle imprese, organizzazioni dei lavoratori e del Terzo Settore. 

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

27/1/2025

 
 
 

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