Retribuire o non retribuire i tirocini, questo è il dilemma?

Nelle ultime settimane tiene banco la questione dei tirocini e della loro eventuale retribuzione: a seguito di una risoluzione dello scorso anno, il Parlamento europeo infatti chiesto alla Commissione di aggiornare una raccomandazione del 2014, trasformandola in un provvedimento legislativo a maggior efficacia e impatto

Lorenzo Vaiani

La proposta avanzata da alcuni dei partiti presenti nell’attuale composizione del Parlamento europeo (su questo dettaglio non di poco conto si tornerà successivamente) si compone essenzialmente di due parti, una dedicata ai tirocini curricolari, ossia inseriti all’interno di un percorso di studi, e una dedicata ai cosiddetti tirocini extra-curricolari, ovvero quelli svolti all’interno del mercato del lavoro a seguito di una laurea o di un diploma.

Per i primi il progetto di legislazione prevede non tanto una retribuzione per il tirocinante, bensì un rimborso spese, difatti gli studenti (perché nella presente casistica di questo si tratta) potranno beneficiare di una compensazione per i costi sostenuti che copra almeno le spese per vitto, alloggio e trasporti. A questo si aggiunge poi un ulteriore aspetto non secondario, ovvero l’introduzione di un certificato comune europeo che attesti le competenze acquisite durante i tirocini stessi. Punto assolutamente da non sottovalutare e che può rivestire un ruolo importante, soprattutto in un’ottica di progressiva “unificazione” del mercato del lavoro a livello europeo, specie per le nuove generazioni. 

Rispetto ai tirocini extra-curricolari, invece, la proposta prevede di inserire l'obbligo di retribuzione per gli stagisti. La paga dovrà essere in linea con il salario minimo del Paese membro dove lo stage viene attivato, o, comunque allineata con gli importi minimi fissati dai contratti collettivi di riferimento per il settore nel quale opera l’azienda o l’ente che ospita il tirocinante. Inoltre, in base a quanto previsto dal progetto normativo dovrà essere garantito l’accesso alla protezione sociale e ai diritti pensionistici così come all’assicurazione sanitaria, all’indennità di disoccupazione e alle ferie retribuite.  Infine, il tirocinio dovrà avere una durata minima di 1 mese e massima di 6 mesi, con possibilità di rinnovo solo entro certi limiti, in modo da "impedire che i giovani siano costretti a passare da un tirocinio all’altro per anni, senza reali prospettive lavorative", come sottolineato dalla Commissione Occupazione e affari sociali (Empl) del Parlamento europeo entro la quale è stata sviluppata la proposta. 

 

Quale la situazione in Italia e quali le possibili implicazioni della nuova norma comunitaria?

Innanzitutto, occorre sempre tenere a mente che l’operato e le iniziative delle istituzioni europee (Parlamento e Commissione in questo caso) si inseriscono in un contesto estremamente frastagliato e dalle molteplici sfaccettature nazionali. L’obiettivo ultimo, dunque, vuole essere quello di stabilire dei valori minimi, degli standard comunitari che consentano di garantire in ciascuno Stato quelli che potremmo definire dei livelli essenziali. Nulla vieta poi ai singoli contesti nazionali di definire elementi ulteriori di salvaguardia e di tutela.

In Italia i tirocini retribuiti sono gestiti a livello regionale e il rimborso minimo non può essere inferiore a 300 euro al mese, come stabilito dalle linee guida previste dalla Riforma Fornero del 2013. Tuttavia, questo importo varia significativamente da regione a regione, con alcune che offrono un rimborso minimo più elevato: ad esempio,  in Abruzzo e Piemonte la soglia è stabilita a 600, per salire fino a 800 euro nel Lazio. Viceversa, in Sicilia o nella Provincia Autonoma di Trento viene garantito il minimo di legge. Differenze che, come facilmente intuibile, danno luogo a un accesso ineguale allo strumento e causano discrepanze che in alcuni casi possono essere significative, inficiando la scelta di dove svolgere un tirocinio.

Le principali novità, qualora la nuova normativa vedesse la luce, sarebbero quindi sostanzialmente due per il nostro Paese: da una parte l’introduzione di una sorta di rimborso spese per i tirocini curricolari che copra le “spese vive” che altrimenti sarebbero a carico dello studente e, dall’altra parte, permettere di avere un livello minimo di retribuzione variabile non tanto per mere questioni geografiche bensì per eventuali differenze di settore all’interno del quale opera l’azienda. A questo proposito, si aggiunge poi una questione di non poco conto, ovvero un presumibile incremento della retribuzione garantita dato che i contratti collettivi generalmente assicurano salari più alti rispetto ai soli 300 euro mensili oggi previsti dalla normativa in materia.

Un’ultima questione, infine, già accennata all’inizio. L’iter prevede che il testo predisposto nei prossimi mesi dalla Commissione Europea venga votato dal Parlamento in sessione plenaria, per poi essere negoziato con i governi dei 27 Stati membri. In base alle indiscrezioni trapelate da Bruxelles si dovrebbe arrivare alla fatidica votazione indicativamente verso giugno, mese nel quale si svolgeranno le elezioni per il rinnovamento del Parlamento. Si apre dunque un tema di passaggio di consegne non trascurabile dato che è abbastanza remota la possibilità che sia la composizione uscente a votare sulla materia.

Occorrerà dunque essere vigili affinché la proposta non venga “persa” durante la fase di passaggio, nonché auspicare che la nuova composizione di europarlamentari si esprima in maniera favorevole.

Lorenzo Vaiani

7/2/2024 

 
 
 

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