Finisce Quota 100 ma prosegue il pensionamento anticipato

La fine di Quota 100 sta destando molta preoccupazione tra i lavoratori italiani, che temono un eventuale scalone nell'accesso alla pensione con le regole Monti-Fornero. Comunque premessa la necessità di una riforma del sistema, restano nel concreto praticabili molte altre opzioni per il pensionamento anticipato: ecco requisiti e beneficiari delle principali

Alberto Brambilla

La conclusione di Quota 100 prevista per fine anno desta molte preoccupazioni tra i lavoratori, soprattutto per  il possibile “scalone” insito nel ritorno alla riforma Fornero. In realtà termina solo una parte, neppure maggioritaria, del provvedimento mentre restano in vigore, almeno fino a tutto il 2026, molte possibilità di pensionamento anticipato. Vediamole.

Anzitutto resta la possibilità di pensionarsi con 67 anni di età anagrafica, adeguata all’aspettativa di vita anche con soli 20 anni di contribuzione al sistema pensionistico obbligatorio: quindi, con quota 87. Inoltre, si potrà continuare ad andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) che non saranno adeguati all'aspettativa di vita fino al 2026, indipendentemente dall’età anagrafica: si tratta della cosiddetta pensione anticipata, che consente oggi la quiescenza tra i 60 e 66 anni di età con 5 mesi di “sconto” rispetto alla legge Fornero, che prevede oggi 43 anni e 3 mesi per i maschi e un anno in meno per le donne. Un requisito destinato a crescere nei prossimi anni ma con estrema probabilità che l'adegutamento all'aspettativa di vita, che non ha eguali in altri Paesi, venga definitivamente abolito. 

Resterà anche per i cosiddetti “precoci”, cioè i lavoratori che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19esimo anno di età e che si trovano nelle condizioni simili a quelle di APE sociale, la possibilità di accedere alla pensione entro fine 2026 con 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica. Si potrà inoltre continuare ad accedere anticipatamente alla pensione attraverso differenti strumenti: ad esempio, l’isopensione, che consente un anticipo fino a un massimo di 4 anni (7 anni fino al 2023), con costi e contributi figurativi interamente a carico delle aziende con più di 15 dipendenti. Cioè vuol dire che, anziché pensionarsi a 67 anni con 20 anni di contributi (quota 87), si può raggiungere la pensione con quota 80. Si potrà poi anticipare la pensione di 5 anni anche con i contratti di espansione, che prevedono una forma di ricambio generazionale con l’assunzione di un giovane ogni tot numero di prepensionati, con oneri totalmente a carico delle imprese oltre i 250 dipendenti; anche qui, i requisiti sono 5 anni di anticipo rispetto ai 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne), quindi anzianità di 37 e 10 mesi (36 e 10 mesi), inferiore ai 38 anni di Quota 100, oppure quota 82 (62 anni di età e 20 di contributi).

Gli stessi trattamenti, con meno vincoli, si potranno ottenere dall’entrata in funzione dei cosiddetti fondi esubero o di solidarietà oggi attivi per le banche e le assicurazioni (in passato per poste, trasporti, esattorie ecc.) che potrebbero essere utilizzati da industria, commercio, servizi, artigianato e agricoltura. Già attivo, ad esempio, il fondo per l’industria farmaceutica istituito da Farmindustria e sindacati;. L’anticipo è di 5 anni rispetto ai requisiti di pensionamento, quindi anche in questo caso 37 anni e 10 mesi per i maschi e 36 anni e 10 mesi per le donne indipendentemente dall’età anagrafica, oppure quota 82 (62 anni di età e 20 di contributi), oppure quota 87 (62 anni e 35 di contributi).

Ma non è finita qui. Prevedibile infatti un rinnovo per i prossimi anni di opzione donna, con un probabile innalzamento del requisito di età anagrafica fermo al 2006; oggi si accede invece alla pensione, con calcolo totalmente contributivo, con 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti (59 anni per le autonome), con 35 anni di contributi. Poiché è previsto un differimento tra la data di maturazione del requisito e quella della pensione di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome, opzione donna consente nella pratica di pensionarsi con quota 94 per le lavoratrici dipendenti e quota 95,5 per le autonome. Anche l'APE sociale che, nei fatti, diviene un'opzione residuale applicabile prevalentemente ai disoccupati, verrà certamente prorogata. I beneficiari sono i disoccupati (anche da contratti a tempo determinato), i caregiver, cioè coloro che si prendono cura di una persona convivente con handicap o non autosufficiente, e i lavoratori invalidi fino al 74%. Per queste categorie i requisiti sono 63 anni di età e 30 di contributi, quindi quota 93; invece, per i cosiddetti “lavori gravosi” è consentito il pensionamento con 63 anni di età e 36 anni di contributi (quindi, quota 99).

Figura 1 - Le principali opzioni per il pensionamento anticipato nel 2021 

Figura 1 - Le principali opzioni per il pensionamento anticipato nel 2021

Fonte: sintesi a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

In questa “giungla” di leggi, che forse andrebbe razionalizzata, ci sono altre opzioni minori che consentono di sfuggire alle norme Fornero. Del resto, tra le 9 salvaguardie e i citati provvedimenti, dal 2012 al 2020 bel 770mila lavoratori hanno evitato i rigori di quella riforma.

La preoccupazione dello scalone citata in premessa è insomma poco fondata tanto più se si considera che i lavoratori che hanno aderito a Quota 100, intesa come somma  tra 62 anni di età e 38 di contributi, sono veramente pochi: circa 12mila nel 2020 (16mila nel 2019) contro i 177mila della pensione anticipata e i circa 55mila pensionati tra opzione donna, APE e precoci, cui se ne aggiungono diverse migliaia per contratti di espansione, fondi esubero e isopensione. Inoltre, i consuntivi 2019/20 ci indicano che in media i beneficiari di Quota 100 sono andati in pensione con quota 102/103 (il valore medio della somma tra età e contributi), con l’età media si attesta poco sopra i 64 anni; per precoci e anticipate la quota media è tra 101 e 103 per cui, come si vede, la fine di Quota 100 non è così preoccupante.

Quanto alle eccessive rigidità della riforma Monti-Fornero restano da definire l’equiparazione delle regole tra misti e contributivi puri (coloro che hanno iniziato a lavorare dopo l'1 gennaio 1996), che oggi vedono i giovani molto sfavoriti, le agevolazioni per le lavoratrici madri e un miglioramento della flessibilità, ma soprattutto una seria separazione tra assistenza e previdenza.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

17/5/2021

 
 

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