Fondi negoziali, ecco a cosa rinuncia chi lascia il TFR in azienda

TFR in azienda o al fondo pensione? Una domanda ricorrente tra i lavoratori e alla cui risposta concorrono diversi fattori, come il contributo datoriale (quando dovuto): esempi alla mano, ecco quanto può "pesare" sulla futura rendita 

Leo Campagna

Il mese di aprile ha visto una contrazione del valore delle quote dei fondi pensione negoziali dopo un primo trimestre sugli scudi. In base ai dati rielaborati dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali, la performance media mensile si è attestata a quota -1,1% senza tuttavia compromettere quella da inizio anno che, infatti, misura in media +1,2%. La performance annuale media, dal 30 aprile 2023 al 30 aprile 024, si è invece attestata a +5,5%.

Il rendimento è importante perché è quello che, anno dopo anno, determina l'ammontare del capitale sul quale verrà calcolata la rendita pensionistica integrativa alla fine dell’attività lavorativa. Tuttavia, i vantaggi di aderire a un fondo pensione sono molteplici, in particolare in ambito fiscale. Per i lavoratori che hanno scelto la destinazione del TFR nel fondo pensione di categoria si configura innanzitutto la possibilità di dedurre i contributi volontari con un risparmio in funzione della fascia di reddito. Ma c’è  anche di più. Scegliere il fondo pensione invece che lasciare il TFR presso l’azienda dà la possibilità al lavoratore di accedere a un altro possibile plus: il versamento alla forma pensionistica complementare del considdetto contributo datoriale (ecco a quali condizioni), non dovuto invece al dipendente che opta per il TFR in azienda.

A questo proposito, è illuminante l’esempio che ogni anno viene riportato nel bilancio di Fonchim, il fondo pensione per i lavoratori del settore chimico e farmaceutico, riguardante il confronto fra il primo iscritto e il suo ipotetico gemello che ha deciso di non iscriversi. Il comparto utilizzato è Stabilità, quello con la maggior anzianità di esercizio e di gran lunga il più rilevante in termini di risorse gestite, quindi particolarmente significativo. Ebbene, l’esempio mostra come, in un’ottica di lungo periodo, l’investimento del fondo pensione sia sinora riuscito ad assolvere il suo compito istituzionale di accrescere il capitale degli associati in vista della pensione.

In particolare, dal 14 marzo 1997 al 31 dicembre 2023, a parità di contributo dell’aderente (19.473 euro), a TFR (89.736 euro) e contributo volontario (20.942 euro), nel caso del lavoratore che ha scelto il Comparto Stabilità, si è aggiunto anche il contributo dell’azienda (34.181 euro). Il rendimento è di 55.186 euro per il lavoratore aderente contro i 26.996 euro del gemello che non ha aderito al fondo. Complessivamente, l'iscritto al comparto Stabilità avrebbe maturato 219.518 euro, cioè quasi il 40% in più rispetto dei 157.147 euro del lavoratore non aderente. 

Leo Campagna

14/6/2024 

 
 

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