Fondi pensione aperti, l'enigma dei prossimi tre anni

Anche ai fondi pensione aperti censiti dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali bastano i rendimenti di ottobre per recuperare le perdite e riportare il guadagno da inizio anno a quota +4,5%: bene i comparti azionari e bilanciati, continuano a soffrire garantiti, monetari e obbligazionari

Leo Campagna

Anche ai fondi pensione aperti, come già constatato con le unit linked collegate ai PIP, è bastato il mese di ottobre per recuperare le perdite accumulate a settembre e allungare il rendimento da inizio anno. Infatti, in base ai calcoli sui NAV al 31 ottobre 2021 dei 331 comparti dei fondi pensione aperti censiti dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali, il rendimento medio mensile si è attestato al +0,9%, portando il guadagno da inizio anno a +4,5%. 

I comparti a indirizzo azionario sono riusciti a crescere in media del 2,9% in ottobre e, dopo 10 mesi, segnano un +12,8% da inizio anno. Bene anche i bilanciati (+1,1% a ottobre e +6,1% da inizio anno) e i bilanciati obbligazionari (+0,5% nell’ultimo mese e +2,1% tra gennaio e ottobre). Al contrario, hanno continuato a soffrire i comparti garantiti (-0,3% a ottobre e -0,9% da inizio anno), quelli monetari (-0,3% e -0,9%, rispettivamente nell’ultimo mese e nei primi 10 mesi di quest’anno) e quelli obbligazionari (-0,1% a ottobre e +1,0% da inizio anno).

I rendimenti dei comparti con più bassi profili di rischio da inizio anno sollevano qualche dubbio sulla loro efficacia in termini di difesa negli ultimi anni prima della pensione. In altre parole, semplificando al massimo il concetto, i comparti azionari dei fondi pensione sono consigliati ai lavoratori con almeno altri 10 anni prima di cessare l’attività lavorativa, quelli bilanciati con almeno 5 anni e gli obbligazionari, e, soprattutto, i monetari e i garantiti, quando mancano solo 3 o meno anni al pensionamento. Nell’attuale contesto di mercato, in cui i tassi sono ancora sui minimi storici e l’inflazione in tendenziale rialzo potrebbe causare un rialzo dei tassi superiore alla traiettoria degli ultimi anni, i portafogli a reddito fisso sono esposti a perdite in conto capitale. I prezzi delle obbligazioni, infatti, sono inversamente proporzionali all’andamento dei tassi e in misura tanto maggiore in funzione della scadenza del titolo. Il rischio, insomma, è ritrovarsi tra 3 anni con un valore del montante accumulato nel fondo pensione inferiore a quello attuale.

La possibile alternativa sono le linee bilanciate e azionarie. Secondo gli esperti dovrebbero essere ancora in grado di offrire un rendimento positivo superiore a quello obbligazionario, ma solo nel medio lungo termine. Nel breve, invece, l’investitore si potrebbe trovare a dover disinvestire in concomitanza di una correzione di Borsa. Un esempio? Chi avesse investito in fondi pensione aperti azionari nel marzo 2017 sapendo che 3 anni dopo sarebbe andato in pensione, si sarebbe ritrovato a chiedere il riscatto nel marzo 2020 proprio al culmine della crisi dei mercati causata dalla pandemia. Tradotto in pratica, il montante accumulato sarebbe risultato del 5,1% al di sotto di 3 anni, prima mentre se avesse mantenuto i contributi accumulati per la pensione integrativa in una linea garantita il controvalore di mercato dopo tre anni sarebbe aumentato dello 0,2%. 

Leo Campagna 

29/11/2021

 
 

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