Fondi pensione aperti, perché guardare alle materie prime

Tra tassi di interesse a zero (o addirittura negativi), volatilità pronunciata e difficili previsioni sull'andamento della pandemia, il contesto nel quale sono chiamati a muoversi gli investitori - fondi pensione aperti compresi - è tutt'altro che facile: una serie di fattori lascia però intuire uno scenario favorevole alle materie prime 

Leo Campagna

Alla fine di ottobre 2020, i 321 comparti dei fondi pensione aperti censiti dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali restituivano una performance media da inizio anno in rosso per 1,4 punti percentuali. Le linee obbligazionarie vantavano un guadagno medio del +1,1%, mentre sia i comparti bilanciati (-2,2%) e sia, soprattutto, quelli a vocazione azionaria (-6,4%) evidenziavano risultati in territorio negativo. Negli ultimi 36 mesi, invece, le linee obbligazionarie dei fondi pensione aperti mostravano un apprezzamento medio del +3,7%), davanti ai comparti bilanciati (+2,3%) e a quelli azionari (-0,3%).

Una situazione che fotografa il difficile contesto nel quale si muovono gli investitori, tra tassi di interesse a zero (o, addirittura, negativi) e valutazioni azionarie piuttosto tirate in base alle metriche storiche (rapporto p/e e non solo). Individuare nuove fonti di rendimento è sempre più cruciale, anche per i fondi pensione aperti. E tra queste potrebbero ben figurare le materie prime che, secondo diversi analisti, sarebbero pronte a un recupero strutturale dopo un prolungato periodo di correzione che ha visto negli ultimi 10 anni il Goldman Sachs Commodity Index perdere circa il 60% dai massimi, azzerando di fatto tre decenni di movimento al rialzo. 

Alla base di questa ripresa dei prezzi delle materie prime tre fattori di supporto, il primo dei quali è rappresentato dal ritorno della old economy. Dopo un decennio di mancanza di investimenti, soprattutto in campo energetico dove le tematiche ESG hanno accentuato la tendenza, la recessione da COVID-19 ha ulteriormente aggravato il ritardo e ora la produzione energetica arriva inadeguata alla ripresa sostenuta della domanda, che dovrebbe oltretutto essere propiziata dalla distribuzione del vaccino. 

Il secondo fattore chiave va invece ricercato nel combinato disposto di politiche redistributive, investimenti per il contrasto al climate change e una maggior versatilità delle catene produttive globali. Un mix ben assortito che dovrebbe generare una crescita economica ciclicamente più forte e a maggior intensità di commodity. Alla base di questo processo tre grandi iniziative: il nuovo piano quinquennale della Cina, il Green Deal europeo e gli stimoli della nuova amministrazione Biden in America. Infine, ma non meno rilevante, il fattore reflazione che comporta rischi maggiori di inflazione: un fenomeno  che storicamente è risultato favorevole alle commodity.

Un insieme di fattori che sembra delineare un contesto favorevole alle materie prime, tra le quali figura anche l’oro. Il metallo giallo, dopo il rally di quest’anno, potrebbe mostrarsi meno effervescente nei prossimi 12 mesi. Tuttavia, i rendimenti reali USA ai minimi, i tassi a zero e negativi in Europa, e la sua proprietà di "rifugio sicuro" nelle fasi di incertezza dei mercati, rendono l’oro (tramite gli ETF specializzati) un ingrediente quasi imprescindibile per ogni portafoglio durevole.

Leo Campagna 

4/12/2020

 
 
 

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