Fondi pensione aperti, un 2023 in gran recupero

Nel 2023 i fondi pensione aperti censiti dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali hanno colmato il 70% delle perdite accumulate nell'anno precedente: tra i singoli comparti, spiccano soprattutto le performance delle linee azionarie

Leo Campagna

I fondi pensione aperti hanno chiuso il 2023 riuscendo a recuperare il 70% circa delle perdite accumulate l’anno precedente. Il 2022 era infatti passato alla storia come un annus horribilis dei mercati finanziari sia per le Borse che per il reddito fisso, tanto che, in base ai dati disponibili nel Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali, le linee censite avevano accumulato in quei dodici mesi perdite medie pari al -10,3%. Il 2023 viene invece chiuso a +7,2%.

Analizzando le singole categorie, si scopre che i comparti azionari hanno recuperato tutte le perdite del 2022, quando registrarono un calo medio del -11,5% in media; quest’anno evidenziano per contro un +11,8%. Perfettamente in linea con la media i fondi pensione bilanciati, con una performance 2023 del +8,0% che si confronta con un -11,3% del 2022. I bilanciati obbligazionari evidenziano invece un recupero del 61% (+6,2% quest’anno e -10,2% nel 2022) e la stessa percentuale emerge per i fondi pensione garantiti (+5,0% quest’anno e -8,2% nel 2022). La percentuale di copertura delle perdite accumulate nel 2022 scende invece al 49% per i fondi pensione aperti obbligazionari che quest’anno registrano un apprezzamento medio della quota del +5%, a fronte di un -10,3% accusato nel 2022. 

Guardando al 2024, è possibile che le perdite ancora in portafoglio - rispetto al valore delle quote del 31 dicembre dei fondi pensione obbligazionari - possano essere colmate. Infatti, sebbene ancora instabili, i dati dell’inflazione sottolineano un andamento al ribasso che dovrebbe consentire alla Federal Reserve statunitense e alla BCE di cominciare a tagliare i tassi. Le riduzioni dei tassi tendono a far calare non solo i tassi del mercato obbligazionario a breve termine ma anche quelli a medio e a lungo termine propiziando dei capital gain interessanti.

Per esempio, se un titolo obbligazionario con scadenza al 2029 avesse oggi un rendimento annuo del 4% e i tassi di mercato scendessero di mezzo punto percentuale nel giro di 12 mesi, il capital gain ammonterebbe a quota +2,3%; percentuale che, sommata al 4% della cedola, proietterebbe il rendimento complessivo annuo al +6,3%. 

Leo Campagna

26/1/2024 

 
 

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