Fondi pensione, in fila alla ricerca di "income"

L'instabilità dei mercati finanziari sta spingendo gli asset manager previdenziali verso una gestione attiva volta alla ricerca di income più che a un potenziale ulteriore apprezzamento dei corsi. Quali i possibili scenari di breve e lungo periodo? 

Leo Campagna

I tassi di interesse ai minimi storici o sottozero piacciono a molti, soprattutto a coloro che sono indebitati, hanno intenzione di chiedere nuovi finanziamenti o devono rinegoziare quelli in scadenza. Altre ragioni, invece, portano a considerare quantomeno da massima allerta l’attuale situazione dei tassi sui mercati obbligazionari. Tra queste, spiccano quelle relative alle implicazioni negative per il sistema previdenziale globale che si fonda sugli investimenti delle società di gestione e degli istituti assicurativi pubblici e privati, attraverso i quali si devono garantire le future rendite e pensioni. Il fatto che i rendimenti, non soltanto dei titoli di Stato dei cosiddetti Paesi "core" (come per esempio Germania e Svizzera) siano negativi, ma anche che i rendimenti del debito "investment grade" di media e medio-alta qualità siano vicini alla zero complica non poco gli obiettivi dei gestori dei fondi pensione. Giusto per dare un elemento di valutazione: Bloomberg ha calcolato che l’ammontare complessivo degli strumenti di debito nel mondo a tassi negativi ha superato i 13mila miliardi di dollari. 

Ecco quindi che gli asset manager previdenziali devono necessariamente individuare ogni opzione possibile per ricercare reddito (income), in un contesto di crescita più lenta e di inflazione che non mostra segnali di risveglio. Un contesto certamente non facile, sebbene comune a tutti gli investitori, soprattutto alla luce delle tante incertezze geopolitiche che da un momento all’altro possono scompaginare l’equilibrio sui mercati.

È senz’altro vero che i tassi di interesse americani e quelli della zona euro resteranno “bassi a lungo”, che i mercati monetari già scontano ulteriori tagli e che tale scenario sostiene i titoli azionari e mantiene i rendimenti delle obbligazioni governative su livelli contenuti. Ma è più che lecito attendersi un aumento della volatilità: questo perché, come detto, il contesto geopolitico costituisce una mina vagante mentre gli indicatori congiunturali continuano a segnalare il passaggio attraverso una fase matura del ciclo, con le valutazioni in alcune aree del mercato azionario che si confermano elevate. Un esempio lo si è avuto anche nelle ultime settimane quando, per il timore di una nuova fiammata della guerra commerciale tra Washington e Pechino, i listini azionari hanno accusato pesanti perdite con ampie oscillazioni dei prezzi.

Che fare? Proprio questa maggiore instabilità attesa spinge per una gestione attiva volta alla ricerca di income più che a un potenziale ulteriore apprezzamento dei corsi. Nei prossimi anni, infatti, i prezzi delle asset class di rischio (azioni, obbligazioni societarie e mercati emergenti) faticheranno a registrare incrementi di una certa ampiezza – viste le attese sulla crescita economica e sui profitti aziendali – e, quindi, a fare la differenza saranno i flussi cedolari. Nell’ambito azionario, in particolare, ci sarà una sempre maggiore enfasi sui dividendi azionari non tanto sulle società che pagano le cedole più generose in assoluto quanto piuttosto sulle aziende capaci di sostenere, e magari incrementare negli anni, i dividendi ai soci anche in un contesto economico più complicato.

Leo Campagna 

22/8/2019

 
 
 

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