Fondo pensione e riscatto di laurea a confronto

Contribuzione al fondo pensione o riscatto di laurea? Si tratta di due strumenti messi spesso a confronto perché finalizzati all'ottenimento di un vantaggio in termini pensionistici. Tuttavia, per valutarne la convenienza, occorre analizzare la propria storia contributiva e definire prima l'obiettivo che si intende raggiungere

Michaela Camilleri

Fondo pensione e riscatto della laurea: due strumenti apparentemente simili perché entrambi finalizzati all’ottenimento di un vantaggio in termini pensionistici. Da una parte, con il riscatto di laurea, si versa una somma all'INPS per gli anni di studio che si intendono riscattare e si va a coprire in termini di contribuzione quel periodo come se si fosse iniziato a lavorare già ai tempi dell’università, con la possibilità di raggiungere un duplice obiettivo: anticipare il pensionamento e/o aumentare l’importo dell'assegno. Dall’altra parte, con il fondo pensione, si versano periodicamente dei contributi che si accumulano e che vengono investiti sui mercati finanziari ottenendo una serie di vantaggi fiscali con la finalità di integrare la pensione pubblica, una vera e propria opportunità di risparmio di lungo periodo. 

Di conseguenza, volendo mettere a confronto queste due strumenti per valutarne la convenienza si tratta di definire prima l’obiettivo che si vuole raggiungere.

 

Come funziona il riscatto di laurea

Il riscatto di laurea consente di trasformare a pagamento gli anni di università in anni utili al perfezionamento dei requisiti per la pensione. La facoltà è riconosciuta a patto che sia stato conseguito il diploma di laurea (o titolo equiparato): non è infatti accordata a quanti, pur avendo seguito un corso di studi universitario, non lo abbiano poi concluso. È, inoltre, necessario che nel periodo da riscattare l’interessato non sia stato contestualmente studente e lavoratore, muovendo dal presupposto che il richiedente per quel determinato periodo risulti già “previdenzialmente coperto” proprio dall’attività professionale svolta.  

Quanto costa riscattare la laurea? L'onere di riscatto è determinato con le norme che disciplinano la liquidazione della pensione con il metodo di calcolo retributivo o con quello contributivo, tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto. Se i periodi da riscattare si collocano nel “regime retributivo”, il calcolo dell’importo da versare dipende da molteplici fattori, quali l’età, il genere, l’anzianità contributiva totale e le retribuzioni degli ultimi anni; nel “regime contributivo”, invece, l’importo del riscatto si calcola applicando alla retribuzione degli ultimi 12 mesi l’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda. Oltre al riscatto di laurea ordinario, la normativa prevede la possibilità di accedere al riscatto agevolato per chi ha periodi di studi da riscattare che ricadono sotto il regime contributivo (dall'1 gennaio 1996, per intenderci). In questo caso, il calcolo dell’importo da versare è determinato sul minimale degli artigiani e commercianti nell’anno di presentazione della domanda, e in base all’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, nel medesimo periodo, nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD).  Per il 2024 il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo è pari a 18.415 euro e il costo del riscatto agevolato è pari a circa 6.076 euro per ogni anno di durata legale del corso universitario. La facoltà di riscatto può essere esercitata anche da soggetti inoccupati, non iscritti ad alcuna forma di previdenza obbligatoria. Va detto che l’onere di riscatto è interamente deducibile e rateizzabile senza interessi in 10 anni.

Gli obiettivi del riscatto della laurea possono, dunque, essere due: anticipare il pensionamento, perché il riscatto è utile ai fini del diritto, cioè contribuisce ad aumentare l’anzianità contributiva necessaria per raggiungere un determinato requisito pensionistico; aumentare l’importo dell’assegno, perché il riscatto è utile anche ai fini del calcolo della pensione, nel senso che aggiunge anzianità contributiva utile al calcolo del montante e dunque va a incrementare il valore della prestazione pensionistica. In realtà non è sempre detto che si riescano a raggiungere entrambi gli obiettivi. Se, ad esempio, l’obiettivo è anticipare il momento del pensionamento non è sempre detto che il riscatto sia utile: per chi ha iniziato a lavorare tardi, aggiungere anzianità contributiva potrebbe non servire perché potrebbe essere più facile andare in pensione con un requisito basato sull’età, come la pensione di vecchiaia (oggi, 67 anni) o la pensione anticipata contributiva (oggi, 64 anni e 20 di contributi). Al contrario, per chi si è laureato in corso e ha trovato subito occupazione, il riscatto di laurea potrebbe servire effettivamente ad anticipare il momento della pensione perché gli anni di contribuzione aggiunti possono servire a raggiungere prima il requisito di pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le lavoratrici, un anno in più per i lavoratori) o altri requisiti che richiedono un’anzianità contributiva minima. Tutto dipende dalla storia contributiva di ciascun lavoratore. 

 

Come funzione il fondo pensione

Il fondo pensione funziona come un salvadanaio in cui confluiscono i versamenti contributivi dell’iscritto che vengono investiti sui mercati finanziari, nel rispetto di precise regole e secondo profili di rischio/rendimento variabili. La posizione finale dell’aderente dipenderà quindi da una serie di fattori: dall’importo complessivamente versato alla forma pensionistica complementare; dalla durata del periodo di contribuzione; dai costi sostenuti durante la partecipazione alla forma pensionistica; dai rendimenti (al netto della tassazione) ottenuti con l’investimento sui mercati di quanto versato . 

Quanto costa aderire al fondo pensione? Tutti possono aderire a un fondo pensione, godendo di una serie di vantaggi fiscali in tutte fasi di partecipazione: dalla deducibilità dei contributi versati alla tassazione agevolata in fase di erogazione. Il costo di adesione al fondo pensione dipende dalla forma pensionistica scelta, è rappresentato dall’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) ed è confrontabile attraverso il comparatore dei costi messo a disposizione sul sito dell’Autorità di Vigilanza. Si può contribuire al fondo pensione versando il proprio contributo e il TFR (per i lavoratori dipendenti). In alcuni casi, è anche il previsto il contributo da parte del datore di lavoro.

L’obiettivo della previdenza complementare è, dunque, integrare la pensione pubblica accantonando una parte dei risparmio in un’ottica di lungo periodo, che però prevede la possibilità di accedere a prestazioni intermedie, erogate cioè prima del raggiungimento dei requisiti pensionistici. Uno dei falsi miti più diffusi a proposito della previdenza complementare riguarda proprio l’indisponibilità delle somme versate fino al momento del pensionamento. In realtà, le somme accumulate nella propria posizione individuale restano a disposizione dell’iscritto anche nel corso della propria vita lavorativa, seppur con modalità e con riferimento ad alcune specifiche circostanze, e possono essere richieste per anticipazioni, riscatti e trasferimenti.

Se la finalità è integrare la pensione di base, è utile allora confrontare l’effetto che produce il versamento all’INPS dell’importo del riscatto e l’effetto che produce un versamento di pari importo nella previdenza complementare.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

10/4/2024

 
 

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