Il DPI per i fondi pensione: i criteri di attuazione delle politiche di investimento

Quale la strategia da adottare per creare valore aggiunto per i propri iscritti (o potenziali tali)? Prosegue, con i criteri di attuazione delle politiche di investimento, l'approfondimento a tappe dedicato al DPI per i fondi pensione

Nicola Barbiero

All'interno della sezione del Documento dedicata ai criteri di attuazione della politica investimento, la forma pensionistica delinea il procedimento che adotterà per passare dalla teoria (i “fabbisogni previdenziali” per i propri iscritti) alla pratica; quale strategia, cioè, il fondo pensione, continuando il parallelismo introdotto nel precedente articolo con il business plan di un’azienda, voglia adottare per creare valore aggiunto per i propri iscritti o potenziali tali.

Per far questo, il Consiglio di amministrazione dovrà determinare l’asset allocation del fondo pensione o, qualora il patrimonio del fondo pensione sia suddiviso in più linee di investimento (o comparti), l’asset allocation di ciascun comparto.

Il passaggio è molto delicato e rappresenta il file rouge tra la prima e la seconda parte del DPI: la determinazione della tipologia di strumenti nei quali investire non può, infatti, prescindere da una valutazione sul tempo previsto di permanenza all’interno del comparto. La questione dei comparti (o del mono comparto) e dei rispettivi orizzonti temporali è molto dibattuta tra i fondi pensione e molti, sul tema, hanno posizioni diverse (anche chi scrive ha ad esempio un pensiero che si discosta in modo sensibile dai modelli presenti sul mercato). Ma ecco che emerge in modo chiaro l’importanza strategica di questo passaggio che, a giudizio di chi scrive, dovrebbe prevedere un momento di profonda riflessione all’interno di ogni board: una definizione attenta di questo passaggio e della successiva comunicazione agli iscritti è centrale nella coerenza tra la definizione dei fabbisogni previdenziali e lo sviluppo dell’asset allocation.

Individuato l’orizzonte temporale, si può passare alla definizione della vera e propria asset allocation strategica della forma pensionistica con l’ausilio dei modelli maggiormente consolidati in letteratura (Markowitz o Black Litterman, solo per fare alcuni esempi): proprio perché si tratta di scelte strategiche (e di periodo medio-lungo) e non tattiche, è infatti essenziale che questo processo non venga influenzato da andamenti di “momentum” del mercato. Il risultato porta alla definizione del portafoglio ottimale in base all’orizzonte temporale di riferimento; ogni fondo pensione avrà quindi un portafoglio obiettivo per ciascuna delle linee di investimento in cui è suddiviso il patrimonio. 

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Da ricordare come il processo di ottimizzazione, pur effettuato con i migliori software e motori di calcolo, presenta, e non potrebbe essere diverso, alcuni punti di debolezza (uno su tutti la necessità di stimare i rendimenti delle asset class) e, anche per questo motivo, è buona prassi verificare, periodicamente, lo scostamento tra i risultati ipotizzati dal modello ed i risultati effettivamente raggiunti per individuarne le cause ed eventualmente intervenire.

Uno spazio ad-hoc andrebbe dedicato al caso in cui il fondo pensione preveda di inserire, all’interno della propria asset allocation, investimenti alternativi nella forma di fondi chiusi (private equity, private debt, infrastrutture o real estate, solo per fare alcuni esempi). Questi, infatti, difficilmente possono essere affiancati agli investimenti “tradizionali” in un processo di ottimizzazione e il profilo di rischio/rendimento che potranno portare dipenderà in larghissima misura dal/dai manager che gestiscono i veicoli oggetto di selezione da parte dei fondi pensione.

Il business plan dal fondo pensione, anche attraverso questa seconda analisi, sta dunque prendendo forma: ogni passaggio viene ponderato e sviluppato in ottica strategica per permettere agli iscritti di far fronte ai propri fabbisogni previdenziali anche qualora i mercati finanziari finissero con l'andare in direzioni opposte rispetto alle attese.

Il valore aggiunto che può mettere a disposizione un fondo pensione è così riassumibile: fare in modo che il proprio iscritto sia nelle condizioni tali da raggiungere il proprio obiettivo con la maggiore probabilità possibile. Ma "chi crea il valore aggiunto del fondo pensione"? La governance del processo di gestione il tema al centro del prossimo (e ultimo approfondimento) dedicato al DPI.

Nicola Barbiero

22/10/2018

 
 

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