Pensione integrativa: rendita o capitale?
Tra rendita e capitale, i dati COVIP dimostrano con chiarezza come gli iscritti ai fondi pensione preferiscano la seconda opzione. Quali sono i motivi alla base di questa scelta e cosa si potrebbe fare per superare le resistenze dei potenziali iscritti collegate alla rendita e incentivare l'adesione alla previdenza complementare
Al momento del pensionamento liscritto al fondo pensione si trova davanti a un bivio: capitale o rendita? La normativa di riferimento (art. 11 del D.Lgs. 252/2005) prevede che le prestazioni pensionistiche siano erogate in capitale fino a un massimo del 50% del montante finale accumulato e la rimanente parte in rendita. Nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia però inferiore al 50% dellassegno sociale (circa 500 euro), la prestazione può essere erogata al 100% in capitale. Motivo per cui capita che gli aderenti decidano di agire anticipatamente richiedendo RITA o una o più anticipazioni (trascorsi 8 anni dalliscrizione, il 30% delle somme accantonate può essere infatti richiesto senza una motivazione specifica), così da ridurre il valore del montante accumulato ed evitare la rendita.
I dati mostrano con chiarezza come gli iscritti dimostrino una preferenza a ricevere le somme accumulate in forma di capitale, potendo così scegliere poi come utilizzarle nel periodo di pensionamento. Secondo la Relazione COVIP per lanno 2023, le prestazioni pensionistiche richieste dagli iscritti sono state 164.000: di queste, la quasi totalità è rappresentata da prestazioni in forma di capitale, pari a 160.300 e in crescita rispetto alle 145.900 nel 2022. Il numero di posizioni trasformate in rendita continua invece a risultare modesto, pari a 3.800 e in diminuzione rispetto alle 4.200 del 2022. Le rendite complessivamente in corso di erogazione alla fine del 2023 sono 108.000, quasi totalmente riferite ai fondi preesistenti.
Figura 1 Numero di prestazioni in capitale e trasformazioni in rendita per tipologia di forma pensionistica
Fonte: Relazione COVIP per lanno 2023
In termini di importi, le prestazioni pensionistiche in capitale sono risultate pari a 4,5 miliardi di euro, 94 milioni in meno rispetto al 2022. Le posizioni trasformate in rendita che sono state trasferite presso imprese di assicurazione hanno totalizzato 299 milioni di euro (306 milioni del 2022) mentre quelle gestite direttamente dai fondi pensione preesistenti rappresentano 401 milioni di euro, 39 milioni in meno rispetto al 2022. Attualmente, infatti, nessun fondo negoziale provvede allerogazione diretta delle rendite, seppure la possibilità sia contemplata dalla legge (art. 6, comma 3 del D.Lgs. 252/2005) che prevede che alle prestazioni erogate sotto forma di rendita i fondi pensione provvedono mediante convenzioni con una o più imprese assicurative ovvero direttamente, nel caso in cui sussistano mezzi patrimoniali adeguati e previa autorizzazione rilasciata da parte della COVIP. Laspetto dirimente riguarda proprio la capacità del fondo pensione di coprire i rischi biometrici assunti tramite lerogazione diretta delle rendite. Si tratta del rischio di longevità, ovvero il rischio che il tasso di sopravvivenza osservato si discosti in maniera significativa rispetto a quello atteso. La discrepanza tra la mortalità stimata durante la fase di calcolo dei coefficienti di conversione in rendita e quella effettivamente realizzata durante la fase di erogazione espone il fondo allobbligo di dover erogare la prestazione pensionistica più a lungo di quanto previsto. Il modello di erogazione indiretta trasferisce alla Compagnia di Assicurazione anche il rischio di longevità ma per il fondo pensione che decide di internalizzare il processo di erogazione delle rendite, tale rischio dovrà essere gestito, ad esempio tramite copertura riassicurativa, al fine di evitare linsostenibilità dellattività.
Figura 2 Importi delle prestazioni in capitale e delle trasformazioni in rendita per tipologia di forma pensionistica
(valori in milioni di euro)
Fonte: Relazione COVIP per lanno 2023
Tornando ai dati, il fatto che la maggior parte delle rendite, in termini sia di numero sia di importo, sia in capo ai fondi preesistenti dipende dal valore delle posizioni che risulta mediamente più alto per questa tipologia di forma pensionistica rispetto alle altre: il capitale medio pro capite, ottenuto dividendo le risorse destinate alle prestazioni per il numero di iscritti, si attesta a 17.420 euro per i fondi negoziali, 17.150 per i fondi aperti e a 13.860 euro per i PIP; molto diversa è la situazione per i fondi preesistenti nei quali il capitale medio pro capite è di 102.360 euro.
Si può pertanto ritenere che lo scarso utilizzo delle rendite sia collegabile anche al contenuto valore delle posizioni maturate al pensionamento. Tuttavia, ciò potrebbe dipendere anche dalla tipologia di rendite offerte dalle Compagnie di Assicurazione con cui i fondi stipulano la convenzione per lerogazione che sono spesso indotte a fissare condizioni che rendono tali prodotti scarsamente appetibili. Generalmente, la rendita base offerta dal fondo pensione è la rendita vitalizia immediata non reversibile che prevede il pagamento di una rendita alladerente finché è in vita e si estingue al momento del decesso. Questa tipologia di rendita ha il vantaggio di corrispondere alladerente limporto più elevato a partire dal montante convertito, senza però garantire alcun tipo di protezione al beneficiario (o agli eredi) al quale non verrà destinato il montante residuo. È possibile optare per una differente tipologia di rendita, reversibile o controassicurata, così da preservare il montante e assicurarsi che al momento del decesso il capitale non ancora prelevato venga corrisposta ai superstiti ma ciò comporta una riduzione della rata percepita.
Problematiche che stanno, non solo, avviando la riflessione in seno ad alcuni fondi pensione circa la possibilità di internalizzare lerogazione delle rendite al fine di massimizzare il beneficio per gli iscritti, ma anche stimolando il dibattito con lAutorità di Vigilanza a proporre soluzione alternative a quelle attualmente previste dalla normativa che possano più in generale promuovere le adesioni alla previdenza complementare. Come evidenziato dalla Presidente f.f. Balzani in occasione della presentazione dellultima Relazione COVIP, si reputa utile che le opzioni di pay-out siano più ampie, superando come unica forma di rendita erogabile quella vitalizia (pur nelle sue diverse declinazioni). Potrebbero essere prese in considerazione, ad esempio, prestazioni previdenziali che eroghino le somme accumulate ripartendole su un periodo pluriennale, contribuendo almeno in parte a mitigare i rischi connessi alla durata della vita successivamente al pensionamento, diversamente dalla erogazione del capitale in unica soluzione. A tal fine si potrebbe consentire agli iscritti di optare per il mantenimento del montante nel fondo con possibili prelievi parziali successivi, in cifra fissa o entro un importo massimo annuale, oppure per la conversione in una rendita (non già vitalizia ma) temporanea, di durata commisurata alla vita attesa residua, erogata direttamente dal fondo. In caso di premorienza, inoltre, il capitale non ancora prelevato rimarrebbe a beneficio degli aventi diritto e ciò aumenterebbe linteresse alla partecipazione. Ciò consentirebbe anche di continuare a beneficiare dellinvestimento delle risorse non prelevate, che continuerebbero a essere gestite dal fondo pensione stesso secondo le regole, anche fiscali, proprie della previdenza complementare.
Lo scarso appeal della rendita, peraltro, riguarda non solo il settore della previdenza complementare ma anche il comparto vita del settore assicurativo. Lindagine campionaria ANIA sul ricorso alla rendita vitalizia, pubblicato lo scorso luglio e relativa agli esercizi 2020-2022, fornisce alcuni indicatori statistici utili allo scopo di misurare il fenomeno della propensione alla rendita vitalizia, cioè il rapporto tra rendite attivate (sia come numero sia come importo) e i contratti in scadenza. In termini di numero di contratti complessivi (contratti di capitale con opzione di conversione in rendita, rendita differita e contratti previdenziali fondi aperti e PIP), nel triennio in esame la media ponderata del tasso di propensione alla rendita è stata pari allo 0,457%; in termini di importi complessivi, la media ponderata del tasso di propensione alla rendita è stata dello 0,852%. La propensione alla rendita più bassa si riscontra nei contratti di capitale con opzione di conversione (0,054% nel triennio), per cui in termini di importi solo lo 0,142% ha dato luogo allerogazione in rendita; più alta la percentuale nei contratti di rendita differita ma limitata al 5,8% di conversione in termini di numero di contratti e al 7,6% in termini di importi.
Al netto della condivisibile preferenza per il capitale che viene restituito interamente in un definito momento rispetto alla scommessa della rendita futura periodica, è dunque necessario aprire il cantiere a livello normativo e allinterno del mercato assicurativo così da incentivare il ricorso alle rendite. In considerazione dellinvecchiamento della popolazione e delle sempre più stringente necessità di protezione anche in ottica Long Term Care, peraltro, si tratta di un tema che coinvolge, dunque, a tutto tondo lintero sistema di welfare complementare.
Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
1/4/2024