Perché una scarsa educazione finanziaria nuoce anche alla pensione di scorta

Per quanto in miglioramento, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione, la cultura finanziaria del nostro Paese resta piuttosto lacunosa: una situazione che incide senza dubbio anche sul tasso di adesione alla previdenza complementare

Leo Campagna

Storicamente il livello di educazione finanziaria italiano si è sempre attestato su livelli inferiori rispetto alla media dei Paesi dell’OCSE: per quanto riguarda le conoscenze in ambito economico e finanziario da parte della popolazione, nel 2020 occupava il 25esimo posto su 26. Ma (forse) le cose stanno cambiando. In base a una recente indagine, nel 2022, è stato registrato un significativo incremento dell’interesse per la finanza: gli intervistati che si sono dichiarati molto interessati al tema è salito dal 27% del 2021 al 35%. Non solo, a spingere l’incremento soprattutto i "non investitori", gli studenti over 18 gli studenti delle scuole medie.

Il livello di interesse verso l’educazione finanziaria, tuttavia, varia in base a diversi fattori, tra cui l’età, il genere, l’obiettivo di investimento e il livello di istruzione. A questo proposito, va segnalato che la conoscenza e la comprensione dei concetti di economia e finanza è fortemente correlato al titolo di studio degli intervistati. Considerando la conoscenza di tre concetti basilari di finanza (il tasso di interesse semplice, il tasso di interesse composto e la relazione rischio-rendimento) si scopre che il 30% degli italiani dichiara di conoscere questi concetti ma la percentuale sale al 45% tra i diplomati e al 50% tra i laureati.

Il problema, in tutti i casi, è che non basta risparmiare ma è indispensabile un’adeguata cultura finanziaria per ottimizzare i flussi di risparmio nel tempo. Per esempio, la liquidità (contanti, conti correnti, conti postali e strumenti monetari) nei portafogli delle attività delle famiglie italiane continua ad attestarsi intorno al 33% e questo non consente di cogliere al meglio le opportunità di medio-lungo termine che il mercato obbligazionario e, soprattutto, quello azionario storicamente offrono.

Allo stesso modo, una limitata educazione finanziaria non agevola la costruzione di una pensione integrativa fin dai primi anni di attività lavorativa: iniziando a versare nei fondi pensione e nei PIP anche piccole somme mensili è possibile nell’arco di 30 o 40 anni di lavoro di accumulare significativi capitali che consentono di ricavare rendite integrative di un certo rilievo. A questo proposito, un primo passo potrebbe essere quello di conoscere i rendimenti a medio lungo termine dei PIP e dei fondi pensione negoziali e aperti, tramite il Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali.

Leo Campagna

17/11/2023

 
 

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