PIP in recupero, ma ora focus sulla politica monetaria della Bce

Dopo la severa correzione del quarto trimestre 2018, è proseguito anche nel mese di febbraio il recupero di PIP: sbagliato però pensare che la strada si sia messa in discesa...

Leo Campagna

È proseguito a febbraio il recupero dei mercati finanziari dopo la severa correzione accusata nel quarto trimestre del 2018. A fine febbraio, sulla scia degli indici azionari e obbligazionari in rialzo, anche le quote delle unit linked collegate ai PIP censite nel database di Itinerari Previdenziali mostrano un apprezzabile performance media del +2,4%. Il podio dei migliori del mese vede, nell’ordine, PreviGlobale (+5,7%) del pip UnipolSai Previdenza Futuro di Unipol-Sai, Zurich Euro Vip (+5,5%) del pip ViPensiono di Zurich Investment Life, e Mediolanum Challenge Provident 1 (+4,7%) del pip Tax Benefit New di Mediolanum Vita. Grazie a questi risultati le unit linked dei PIP, che hanno lasciato sul terreno in media nel 2018 l’8,5% del loro valore, sono riuscite a recuperare il 6,4% tra gennaio e febbraio.

Ma, attenzione! Sbaglierebbe, e di molto, chi pensasse che la strada della rimonta si sia messa in discesa. Al contrario, se è vero che molte delle preoccupazioni alla base della correzione di fine 2018 sono risultate esagerate, lo è altrettanto che le fonti di pericolo per l’economia e la finanza restano intatte: dalle dispute commerciali tra Washington e Pechino alla Brexit, dal rallentamento dell’economia globale alle prossime elezioni europee di maggio, dalle attività cinesi in appannamento alle tensioni geopolitiche internazionali.  

A tutto questo, si aggiungono le decisioni annunciate dalla BCE nella sua riunione del 7 marzo scorso che sono risultate, nel loro insieme, molto più articolate di quanto ci si aspettasse alla vigilia. La Banca centrale europea ha confermato il mantenimento dei tassi di riferimento e ha  annunciato la terza edizione dei TLTRO (Targeted Longer-Term Refinancing Operations), i finanziamenti alle banche con l’obiettivo di sostenere l’economia reale in modo più diretto, e ha ufficializzato la modifica degli orientamenti futuri: i tassi di interesse non verranno toccati almeno fino alla fine del 2019 e non più "almeno fino all’estate" (come specificato nel precedente Meeting).

Molto, se non tutto, dipenderà dall’evoluzione dello scenario economico globale, ma si comincia a temere una situazione sulla falsariga di quanto accaduto in Giappone negli ultimi due decenni: uno scenario in cui i tassi della BCE potrebbero stazionare in ambito negativo per un intero ciclo – da un minimo di 2 a un massimo di 5 anni – con importanti conseguenze sui mercati. In primis, le implicazioni negative per i risparmi depositati nel sistema bancario con le relative distorsioni per la diversificazione di portafogli. In secondo luogo, gli impatti negativi sulle performance del settore bancario e i pericolosi possibili effetti positivi nel settore immobiliare che potrebbero alimentare bolle speculative in alcune città (soprattutto dei Paesi del Centro e del Nord Europa). Inoltre c’è da mettere in conto l’incertezza sugli investimenti reali penalizzati dalla liquidità a “tassi zero”. Il tutto in un contesto in cui resta alta l’incertezza sulla reale capacità della politica monetaria di trasmettere un impulso all’economia nel medio periodo e, per quanto attiene gli strumenti a disposizione della BCE, per contrastare un ulteriore rallentamento dell’economia.

Insomma, c’è il pericolo di uno scenario piuttosto complesso capace di mettere a dura prova l’allocazione strategica e la gestione del rischio dei responsabili delle gestioni. Una ragione in più per i sottoscrittori delle unit linked dei PIP di armarsi di calma e aspettare le contromosse dei team di gestione.

Leo Campagna 

29/3/2019 

 
 
 

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