Previdenza complementare: nella Legge di Bilancio un secondo "2007"

Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2018, il mondo della previdenza complementare vive un “secondo 2007”: modifica della fiscalità, silenzio assenso per i pubblici dipendenti, nuove prestazioni. Ecco le principali previsioni che aprono interessanti sfide e opportunità per gli operatori del settore

Nicola Barbiero

Sono passati poco più di 10 anni dal famoso primo semestre 2007 durante il quale, con l’entra in vigore del Decreto legislativo 252/05, i fondi pensione italiani (negoziali ma non solo) iniziarono uno sviluppo che li portò, da lì a pochi mesi, a diventare operatori di centrale importanza nel tessuto economico-sociale del Paese. Da una parte, un flusso consistente di TFR (prima utilizzato dalle aziende, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, per far fronte alle esigenze di tesoreria) iniziò a diventare una risorsa investibile nei mercati da parte di operatori specializzati, dall’altra i lavoratori cominciarono a maturare (a seguito delle campagne di informazione messe in atto) l’esigenza di integrare la pensione pubblica con un reddito supplementare.

Nel 2012 arrivò, poi, la riforma Fornero che, con l’innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione, ha cambiato le prospettive della previdenza complementare: se lavoro più anni verserò più contributi alla previdenza obbligatoria quindi la necessità di un reddito aggiuntivo al pensionamento potrebbe venir meno. Iniziava, quindi, a farsi largo un dubbio: i fondi pensione servono ancora?

A questa domanda, il legislatore ha dato una serie di risposte successive che trovano sintesi e culmine proprio nella Legge di Bilancio entrata in vigore a inizio gennaio. Come primo passo, si introduce la tanto attesa parificazione fiscale tra i fondi dei lavoratori privati e quelli dei pubblici dipendenti; una disparità che penalizzava questi ultimi in modo non giustificato e che, venendo meno (comma 156), garantisce parità di trattamento fiscale a prescindere dalla tipologia di datore di lavoro. Proprio per cercare di recuperare il gap creatosi in questo periodo, il successivo comma 157, demanda alle Parti Istitutive la regolamentazione delle modalità di adesione alla previdenza complementare dei dipendenti pubblici che verranno assunti a partire dal 2019 prevedendo, già nello stesso comma, che l’adesione possa avvenire con forme di silenzio-assenso: modalità simile a quanto previsto per i dipendenti del settore privato dal decreto legislativo 5 dicembre 252 e applicato proprio nel primo semestre 2007.

La seconda risposta data dal legislatore a chi avanzava dubbi sull’utilità della previdenza complementare è riportata al comma 168 nel quale si introduce una nuova prestazione pensionistica erogabile del fondo pensione nella forma di rendita temporanea (definita come RITA: rendita integrativa temporanea anticipata). A dire il vero, RITA venne introdotta nell’ordinamento italiano dai commi 188-192 della Legge di Bilancio del 2017 e ripresa dal comma 38 della legge annuale per il mercato e la concorrenza n. 124 del 4 agosto 2017 ma, fatta questa dovuta precisazione, è proprio la legge oggetto del presente articolo che rede strutturale tale previsione. Attraverso l’opzione RITA viene data la possibilità di richiedere il proprio fondo in rendita temporanea, ai lavoratori che decidano di cessare l’attività lavorativa quando mancano cinque anni o meno prima di conseguire l’età anagrafica necessaria all’accesso alla pensione di vecchiaia ed abbiano, allo stesso tempo, maturato almeno vent’anni di contributi nei regimi obbligatori di appartenenza.

Ma non solo, viene introdotta una seconda tipologia di prestazione che permette alle persone che risultano inoccupate da più di 24 mesi di usufruire del proprio fondo pensione, sempre nella forma di rendita anticipata, qualora maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nei successivi dieci anni.

Il legislatore sta dando un messaggio chiaro: la previdenza complementare è utile se si configura come uno strumento flessibile e adattabile alle esigenze degli iscritti tempo per tempo; alla volontà e alla visione di ciascun operatore è lasciata la possibilità di declinare questa sfida in opportunità in un momento mai così caldo e interessante per questo settore della nostra economia.

Nicola Barbiero

23/1/2018

 
 

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