Previdenza integrativa, attenzione a guardare solo al rendimento

Come evidenziano anche i rendimenti registrati dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali, il 2022 ha messo a dura prova anche le performance delle diverse soluzioni di previdenza complementare: il quadro però cambia se si guarda al lungo periodo (e non solo...) 

Leo Campagna

Nel 2022 le performance dei mercati finanziari sono state le peggiori da molti decenni. Non tanto, o meglio non soltanto, per gli investimenti azionari ma anche, e soprattutto, per quelli obbligazionari, scivolati in territorio negativo a doppia cifra in quasi tutti i segmenti del reddito fisso. Un contesto nel quale hanno sofferto inevitabilmente anche gli strumenti di previdenza complementare. Per esempio i fondi pensione negoziali censiti dal Comparatore dei Fondi di Itinerari Previdenziali hanno perso in media l’8,8%, i fondi pensione aperti il -10,5% e le unit linked collegate ai PIP il -13,7%: risultati che si confrontano con la rivalutazione annua 2022 del TFR pari a +8,3%.

La sensibile divergenza di rendimento 2022 tra i vari strumenti della previdenza integrativa e il TFR condiziona anche i rendimenti aggregati degli ultimi 5 anni, come si legge nella relazione sui principali dati statistici a fine 2022 a cura della COVIP. Dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2022, a fronte di una rivalutazione media annua del 3,3% del TFR, i fondi pensione negoziali evidenziano un misero +0,4% medio annuo, gli aperti un +0,2% medio annuo e le unit linked dei PIP uno 0,6%. Sulla distanza dei 10 anni, invece, la previdenza integrativa evidenzia ancora un vantaggio.

In particolare, dal 31 dicembre 2012 al 31 dicembre 2022 la rivalutazione media annua del TFR è stata del +2,4%; valore che si confronta con il +2,2% dei fondi pensione negoziali, con il 2,5% dei fondi aperti e con il 2,9% delle unit linked dei PIP. Ancora più evidente il vantaggio se a essere prese in esame fossero le linee a indirizzo azionario, quelle più indicate per un orizzonte di investimento decennale: in questo caso, il rendimento medio anno dei fondi pensione negoziali azionari ammonta a +4,7%, al 4,9% nell’ambito dei fondi pensione aperti azionari e al 4,7% per le unit linked azionarie dei PIP.

I lavoratori farebbero bene tuttavia a non fermarsi alle sole performance nel confronto con il TFR. Ad esempio, in caso di adesione alla previdenza complementare di settore, il datore di lavoro contribuisce con un versamento annuale che oscilla di solito tra l’1 e il 2% (e in diversi casi arriva anche al 4%-5%) dello stipendio del dipendenti: versamenti che, nel caso di opti per il TFR in azienda, non vengono percepiti. Inoltre, non va dimenticato che il trattamento fiscale sia dei rendimenti sia della rendita finale delle diverse forme di previdenza integrativa è tendenzialmente più vantaggioso di quello applicato alle liquidazioni del TFR.

  Leo Campagna      

17/2/2023

 
 

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