Quando R.I.T.A. "perde" la riduzione dell'aliquota agevolata dal 15 al 9%

Con la risposta all'interpello del 26 gennaio 2024, l'Agenzia delle Entrate mette dei paletti sul beneficio fiscale derivante dall'anzianità pregressa maturata presso un altro fondo pensione. Approfondiamo il tema

Giulia Sordi

Fin dalla sua introduzione, R.I.T.A. (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata) ha suscitato molto interesse tra gli addetti ai lavori, sia per l’innovativa formula di erogazione, sia per il regime fiscale estremamente favorevole per specifiche coorti di iscritti. La prestazione si concretizza in un'erogazione frazionata, totale o parziale, del montante accumulato in un fondo pensione da parte di un iscritto, fino al conseguimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia (67 anni - da adeguare dal 2027 agli incrementi della speranza di vita).

La R.I.T.A. è condizionata al verificarsi, alla data della richiesta, delle seguenti condizioni:

  • cessazione dell’attività lavorativa o l’iscritto risulti già titolare di una pensione anticipata o di anzianità; 
     
  • raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia entro i 5 anni successivi (attualmente, dunque, attivabile a partire dai 62 anni d’età); 
     
  • almeno 20 anni di contribuzione nei regimi obbligatori di appartenenza; 
     
  • almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.

Oppure, in alternativa:

  • cessazione dell’attività lavorativa; 
     
  • inoccupazione, successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo superiore a 2 anni;
     
  • raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia entro i 10 anni successivi (oggi, richiedibile dai 57 anni d’età); 
     
  • almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare (3 anni se il lavoratore si sposta in altro Stato membro).

In sintesi, l’iscritto avente i requisiti sopra indicati può attivare una rendita temporalmente limitata che, volendo, consente di rientrare interamente del capitale maturato nel fondo pensione, andando in deroga a quanto stabilito dall’articolo 11 “Prestazioni”, articolo 3 del D.L. 252/2005 (“Le prestazioni pensionistiche in regime di contribuzione definita e di prestazione definita possono essere erogate in capitale, secondo il valore attuale, fino ad un massimo del 50 per cento del montante finale accumulato, e in rendita”). 

Tuttavia, l’appeal che gravita attorno a R.I.T.A. è senz’altro concentrato sul particolare regime fiscale riconosciuto all’iscritto: l’intero montante è soggetto a tassazione agevolata pari al 15% che può ridursi fino a un minimo del 9% in base agli di iscrizione, a prescindere dal periodo di maturazione delle contribuzioni. Ricordiamo che, nelle prestazioni pensionistiche “classiche” (erogazione in forma di capitale o in rendita vitalizia), ai fini della determinazione del relativo imponibile, le somme sono suddivise in importi maturati: 

  • fino al 31 dicembre 2000; 
     
  • tra l'1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2006; 
     
  • successivamente all'1 gennaio 2007 e, solo quest’ultimi, beneficiano dell’aliquota sostitutiva 15-9%.

Tabella 1 – Schema esemplificativo periodi imponibiliTabella 1 – Schema esemplificativo periodi imponibili

Fonte: elaborazione a cura dell'autore

Non c’è dunque da sorprendersi come le uscite dal sistema derivanti da R.I.T.A. siano state pari a 1,9 miliardi di euro nel 2023, di cui la maggior parte concentrata nei fondi preesistenti che contano anzianità contributive più elevate (Relazione COVIP per l’anno 2023).

Attenzione tuttavia: l’Agenzia delle Entrate, lo scorso gennaio, ha pubblicato una risposta a un interpello con il quale fornisce uninterpretazione alla totale applicabilità, per RITA, di quanto disciplinato dagli articoli 11 e 14 del D.L. 252/2005. In particolare, si fa riferimento al meccanismo di riduzione dell’aliquota sostitutiva del 15% di uno 0,3% per “ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari”. Tale formulazione consente, nei confronti di altre richieste di prestazione, di poter “vantare” nel conteggio dell’anzianità contributiva anche gli anni maturati presso altri fondi pensione, senza necessariamente procedere con il trasferimento delle singole posizioni in un unico fondo.

Tabella 2 – Meccanismo di riduzione dell’aliquota “agevolata”Tabella 2 – Meccanismo di riduzione dell’aliquota “agevolata”
Fonte: elaborazione a cura dell'autore

A titolo di esempio, in caso di prestazione pensionistica finale, l’iscritto a due fondi pensione - il fondo A anzianità = 2 anni; fondo B anzianità = 18 - potrebbe richiedere l’applicazione dell’aliquota agevolata pari al 14,1% (15% - 0,3% x 3 anni successivi al 15°) a entrambi i fondi pensione (con alcune cautele sul timing delle richieste).

L’Agenzia delle Entrate, mediante la disamina della normativa di riferimento e di quanto stabilito dalla precedente risoluzione n.9/2022, giunge alla conclusione che, con esclusivo riferimento a R.I.T.A, la definizione dell’aliquota sostitutiva è da basarsi unicamente in ragione dell’anzianità di iscrizione al singolo fondo pensione. Di conseguenza, tornando all’esempio sopra citato, per poter beneficiare della minore tassazione agevolata su entrambi i fondi pensione – sia nel fondo A che nel fondo B – l’iscritto dovrà necessariamente valutare il trasferimento di una delle due posizioni a favore dell’altra. 

Novità rilevanti anche sul fronte governativo: il testo provvisorio del decreto legislativo di riforma delle imposte indirette riguarda anche R.I.T.A. Ma su questo, al prossimo approfondimento.

Giulia Sordi, Specialista Previdenza complementare

19/6/2024 

 
 
 

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