Osservatorio sul mercato del lavoro 2020 "Il lavoro sommerso in Italia"
Secondo le ultime rilevazioni Istat riferite al 2018, il peso delleconomia sommersa sui conti pubblici nazionali può essere quantificato in 211 miliardi di euro, pari all11,9% del PIL. A incidere significativamente su questo dato, per un valore pari ad almeno 76 miliardi di euro, anche lampio ricorso al lavoro irregolare, soprattutto nei settori dei servizi alla persona, del commercio alloggio e ristorazione, delle riparazioni, delle costruzioni e dellagricoltura, con effetti inevitabilmente contradditori.
Se, infatti, da una parte il lavoro sommerso contribuisce in misura significativa agli introiti dei redditi familiari, alla produzione e alla redistribuzione del reddito trovando terreno fertile tra famiglie in difficoltà o in azienda e settori che faticano a competere nel rispetto delle regole, dallaltra sottrae preziose risorse al welfare state, penalizza i livelli di produttività del Paese e rende estremamente difficile la formazioni di quelle economie di scala necessarie alla crescita di organizzazioni più evolute nellerogazione dei servizi, con ricadute virtuose anche sul fronte delloccupazione. Quali i provvedimenti finora tentati per contrastare il fenomeno e quali, invece, le possibili soluzioni non ancora sperimentate?
Tenendo conto anche degli attuali orientamenti su uneventuale riforma fiscale, per la quale sembra al momento prevalere lipotesi di una riduzione delle aliquote IRPEF, lOsservatorio curato da Alberto Brambilla e Natale Forlani per il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali pone quindi laccento sullimportanza di analizzare i dati per comprendere fino in fondo le caratteristiche del lavoro sommerso italiano e implementare più efficaci misure di contenimento. Come incentivi volti a stimolare la modernizzazione delle imprese (a integrazione potenziale delle attività ispettive), politiche fiscali che favoriscano il contrasto di interessi evitando al contempo lerogazione incontrollata di sussidi a pioggia che possano innescare fenomeni di dipendenza da ammortizzatori sociali e prestazioni pubbliche o, ancora, con la promozione del welfare aziendale e, più in generale, di politiche salariali e di regolazione dei rapporti di lavoro.