Come investono le Compagnie di Assicurazione? La "mappa" del settore Vita

Il Nono Report sugli investitori istituzionali curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali offre una dettagliata panoramica del portafoglio attuale e delle scelte di investimento delle Compagnie di Assicurazione al 2021: le principali linee di tendenza riguardanti il comparto Vita 

Mara Guarino

Alla fine del 2021 gli attivi gestiti dalle Compagnie di Assicurazione italiane del comparto Vita, comprendente sia la classe C (polizze tradizionali) sia la classe D (polizze unit e index linked e fondi pensione), sfioravano i 900 miliardi, in crescita del 5,9% rispetto alla fine del 2020. Di questi, la grande maggioranza è rappresentata da investimenti, per un totale di 857 miliardi (il 95% del totale attivi) di cui 624 ascrivibili alla classe C e 233 alla classe D. Questi alcuni dei numeri emersi dal Nono Report Itinerari Previdenziali dedicato agli investitori istituzionali italiani, “categoria” nella quale le Compagnie di Assicurazione, al di là della loro natura privatistica, rientrano a pieno titolo tanto per la funzione sociale che esercitano quanto per la natura dei loro investimenti. 

 

Gli investimenti del settore assicurativo: obbligazioni e titoli a reddito fisso 

Premessa indispensabile a farsi è che l’analisi degli investimenti effettuata, in collaborazione con ANIA, dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali all’interno del Report fa principalmente riferimento ai patrimoni previdenziali di risparmio afferenti alle polizze tradizionali Vita dei rami I, IV e V che compongono la cosiddetta classe C e che rappresentano essenzialmente il welfare individuale, cui si aggiungono gli investimenti a copertura delle polizze unit/index linked (ramo III) e a fondi pensioni (cosiddetta classe D). Tutti prodotti accomunati da durate contrattuali particolarmente lunghi, da un minimo di 3-5 anni fino a oltre 30, e per i quali gli assicuratori hanno dunque necessità di distribuire i propri attivi in investimenti con duration corrispondenti, che trovano solitamente la loro massima collaborazione in titoli di Stato. 

Tendenza che trova appunto conferma anche nella pubblicazione: anche nel 2021 l’investimento prevalente del settore assicurativo è stato quello obbligazionario e nei titoli a reddito fisso, con oltre 487 miliardi (oltre il 70%) investiti in titoli di Stato. La crescita rispetto all’anno precedente è dell’1,6%. Segue l’acquisto di quote di fondi comuni, con 99 miliardi di investimenti e una crescita del 4,1% rispetto al 2020; mentre azoni e quote, con poco più di 31 miliardi rappresentano il 3,5% del totale, risulta quasi trascurabile il peso degli investimenti in terreni e fabbricati. 

Tabella 1 – Composizione dell’attivo delle imprese di assicurazione – settore Vita

       Tabella 1 – Composizione dell’attivo delle imprese di assicurazione – settore Vita

Fonte: Fonte: Nono Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2021”


Il focus sugli investimenti delle prime 20 Compagnie di Assicurazione (settore Vita)

Scendendo ancora più nel dettaglio e focalizzando l’attenzione sul solo patrimonio Vita di classe C, il Nono Report evidenzia come nell’ultimo decennio sia cresciuto in media di circa 30 miliardi l’anno, passando da dai 354 miliardi del 2012 ai 624 del 2021: a contribuire a questo incremento (per oltre 190 miliardi) soprattutto la parte investita in obbligazioni, che nel 2021 rappresentava il 78,1% del totale degli investimenti. Bene anche gli investimenti in quote di fondi comuni, cresciuti nello stesso periodo del 420% e quindi per oltre 80 miliardi, arrivando a sfiorare a fine 2021 il 16% in termini di peso sul totale degli investimenti. Per quanto riguarda invece gli investimenti relativi a polizze linked (classe D), sono invece i fondi di investimento a prevalere, assommando circa l’85% del totale attivi; seguono quindi titoli di Stato (6%), equity (4%) e obbligazioni (3%).

Tabella 2 - Composizione investimenti dal 2012 al 2021 – settore VITA, classe C

Tabella 2 - Composizione investimenti dal 2012 al 2021 – settore VITA, classe CFonte: Fonte: Nono Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2021”

Cambiando la prospettiva, il Report indaga poi anche le scelte di investimento delle prime venti imprese assicurative Vita italiane in funzione del totale attivo della classe C: uno spaccato di grande interesse nella misura in cui tale Compagnie detenevano, alla fine dello scorso anno, uno stock di attivi per 596 miliardi e rappresentano quasi il 90% dell’intero comparto. Uno slittamento di punto di vista cui non corrispondono però variazioni sostanziali nei trend già rilevati, tanto che, anche in questo caso, con riferimento al totale mercato, l’investimento prevalente avviene in forma diretta ed è rappresentato dalle obbligazioni e dai titoli a reddito fisso, che rappresentano circa il 73% del totale.  Mentre si “fermano” invece al 5% del totale azioni e quote di partecipazioni in società, si conferma comunque rilevante il ruolo rivestito dalle quote di fondi comuni di investimento, con oltre 91 miliardi investiti dalle 20 principali Compagnie operanti in Italia. In crescita rispetto al 2020 le quote dei fondi alternativi (4,3%), fondi infrastrutturali (4,2%) e di private equity (3,5%); in flessione la quota di fondi del mercato monetario (7,0%). D’altro canto, secondo il Nono Report, nonostante il tendenziale aumento dei tassi di interessemolto bassi quando non addirittura negativi fino al 2021, è immaginabile che la quota di investimenti in fondi comuni tradizionali e, e ancora di più alternativi, possa crescere ulteriormente nei prossimi anni così da garantire anche rendimenti maggiormente in linea con le passività, favorendo da una parte la diversificazione del rischio e andando incontro dall’altra a una sempre maggiore sensibilità nei confronti di sostenibilità e sostegno all’economia reale domestica.  


Il confronto con il resto d’Europa (a valori correnti)

Altrettanto interessante è poi il confronto delle politiche di investimento delle Compagnie di Assicurazione Vita italiane con le “corrispondenti” imprese europee (includendo anche polizze linked e “miste”), effettuato in questo caso non a valori di bilancio ma a valore corrente, così come attualmente previsto da Solvency II.  Per l’Italia, il valore degli investimenti valutati appunto secondo i principi contabili Solvency II è di 1.044 miliardi di euro, in crescita del 3,2% rispetto all’anno precedente: di questo totale, 811 miliardi (-0,5% rispetto al 2020) sono relativi a contratti assicurativi vita e danni (il valore degli investimenti del ramo danni è pari a circa 186 miliardi) escluse le polizze linked, mentre i restanti 233 miliardi (+18,5% rispetto al 2020) si riferiscono al comparto linked del settore Vita. La gestione diretta del portafoglio è pari al 71% circa del totale investimenti, composta da acquisto diretto di titoli di Stato (italiani ed esteri), titoli obbligazionari corporate, partecipazioni strategiche e azioni; la parte di investimenti gestita indirettamente attraverso delega è riferita a tutti gli investimenti in OICR, dunque fondi comuni tradizionali e alternativi che costituiscono il 29,5% del totale nel 2021. 

Più precisamente, la quota di investimenti in OICR tradizionali è pari all’82% di cui, la maggior parte investita in obbligazioni corporate, con diversificazione tra investment grade (intorno al 27%), high yield (5%), emerging market (6%) e, in minor misura, da titoli governativi (circa 9%) e per il 12% circa in monetari; dal punto di vista della diversificazione geografica è prevalente l’investimento in Paesi extra-europei con più del 69% per le linee obbligazionarie, circa il 77% per l’esposizione azionaria e per la quasi totalità degli investimenti in fondi bilanciati. Comunque in aumento la quota dei fondi alternativi, pari per il 2021 a un valore di quasi 56 miliardi, rappresentativo del 5,3% del portafoglio totale (il valore percentuale era di 4,4% nel 2020): un’evoluzione, che secondo la stessa ANIA, dimostrerebbe come le Compagnie abbiano già iniziato a posizionare i loro portafogli verso la transizione energetica, come risulta dall’aumento dell’allocazione in infrastrutture (+37% rispetto al 2019) e credito illiquido (private debt). Da segnalare in ogni caso come, nell’ambito dei fondi alternativi, la quota principale sia costituita dai fondi immobiliari (oltre il 37% al 2021) e dai fondi liquid alternatives, quindi strategie molto decorrelate rispetto alle asset class tradizionali, il cui peso supera il 32% a fine 2021. 

Figura 1 - Gli investimenti delle Compagnie europee IVQ 2021

Figura 1 - Gli investimenti delle Compagnie europee IVQ 2021

Fonte: Fonte: Nono Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2021”

Scelte che, tutto sommato, pongono le Compagnie non distanti da quelle europee, seppur con alcune significative differenze che meritano di essere evidenziate. Anche nel resto d’Europa, infatti, spiccano i titoli a reddito fisso, ma con differenti livelli di esposizione tra obbligazioni societarie e governative: se, a fine 2021, l’esposizione media in titoli di Stato nazionali era pari a poco più del 15%, in Italia l’investimento in titoli di Stato nazionali, per quanto in progressiva riduzione negli ultimi anni, è ancora superiore e pari al 30,7%. Predominante e superiore al dato italiano (29,5%) la quota di fondi di investimento nei portafogli delle Compagnie svedesi (58,8%), irlandesi (55,3%), danesi (43,8%), tedesche (39,6%), francesi (33,8%) e olandesi (33,3%); quanto agli strumenti azionari, in media pari a circa il 14%, incluse le partecipazioni in imprese collegate, la quota maggiore è detenuta dalle imprese di assicurazione svedesi (23,1%), seguite dalle tedesche (22,6%), dalle irlandesi (18,2%), dalle danesi (17,7%), dalle italiane (11,6%) e dalle francesi (8,6%). 

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

29/9/2022

 
 

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