Compagnie di Assicurazione, lo stress test del 2022

Tra gli istituzionali italiani le Compagnie di Assicurazione, che rivestono un ruolo cruciale nell'ambito del cosiddetto welfare privato o individuale, sono tra i soggetti maggiormente patrimonializzati. Dopo un periodo di forte crescita, l'ultimo biennio si è rivelato però quantomeno complesso: come ha reagito il settore allo stress test? 

Lorenzo Vaiani

Dopo oltre un decennio di costante crescita il patrimonio delle Compagnie di Assicurazione rispetto al ramo vita Classe C, rami elementari I, IV, V è diminuito facendo segnare una flessione del 2,8%, passando dai 624,34 miliardi del 2021 ai 607 di fine 2022. Per trovare un’altra contrazione nel patrimonio di questi soggetti istituzionali occorre tornare indietro addirittura al biennio 2007-2008. In quell’occasione, per motivi ben noti, la diminuzione fu addirittura maggiore e pari al -4% (da 251,2 miliardi di euro ai 241). Più in generale, nel corso dell’ultimo anno gli attivi complessivi delle imprese assicuratrici per il comparto Vita (sia classe C che D) sono diminuiti di quasi il 5%, passando da 898,6 miliardi di euro a 856,3 miliardi.

Prendendo impropriamente a prestito il titolo di un’opera magna della letteratura contemporanea, nel corso del 2022 abbiamo dunque assistito alla “Caduta dei Giganti” o forse, più correttamente, al loro inciampo (ci perdonerà Ken Follett). 

Di come il 2022 sia stato un importante stress test per le Compagnie di Assicurazione arriva una conferma dal Decimo Report a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali che, grazie alla collaborazione di ANIA, offre una panoramica precisa e dettagliata sul settore. Sul versante dei premi raccolti, il 2022 è stato chiuso con un -6% complessivo che ha fatto scendere la raccolta a 134,7 miliardi. Tuttavia, il calo riscontrato è totalmente ascrivibile alla componente Vita, che ha fatto segnare un -10,4%, ed è stato compensato solo in parte dalla crescita registrata sul lato Danni (+6,3% sul 2021). Quando si parla di raccolta premi, e in particolar modo per il settore Vita, occorre del resto sempre tenere a mente che questa rappresenta la componente principale per valutare gli afflussi aggiuntivi che questo comparto raccoglie come forma di risparmio da parte degli individui e delle famiglie italiane.

La seconda componente dei flussi in entrata è rappresentata dai proventi legati agli investimenti. In questo caso, “l’inciampo dei giganti” è stato significativo. Infatti, la risalita dei tassi di rendimento dei titoli di Stato e la perdita di valore dei listini hanno comportato una forte riduzione delle plusvalenze nette presenti nel portafoglio delle Compagnie di Assicurazione, incidendo sul risultato netto degli investimenti. In particolare, gli introiti sono diminuiti di poco meno del 30%, passando dai 47,2 miliardi del 2021 ai 32,4 del 2022. Nuovamente, si osserva una dicotomia tra settore Danni e Vita: i proventi riconducibili al primo, infatti, sono cresciuti di oltre il 34% arrivando a 5,1 miliardi, mentre per il secondo si registra un calo del -12% e del -80% rispettivamente per la classe C e D, con conseguente diminuzione dei proventi a 23,3 e 4 miliardi.

Portando l’attenzione sul solo settore Vita, lo scorso anno gli investimenti complessivi sono stati pari a 814 miliardi di euro che per tre quarti, circa 607 miliardi, sono riconducibili alle polizze tradizionali (classe C) mentre il restante quarto (207 miliardi) è ascrivibile alla classe D, ovvero polizze linked e fondi pensione. 

In particolare, gli investimenti relativi alle polizze Vita tradizionali continuano ad avere una quota preponderante in obbligazioni, difatti poco meno dell’80% del totale investito è riconducibile a questa asset class (474,6 miliardi nel 2022) e, in particolar modo, ai titoli di Stato che hanno un’incidenza percentuale del 55% sull’intera asset allocation, vale a dire 334 miliardi di euro. Seguono poi in ordine di grandezza gli investimenti in quote di fondi comuni con oltre 95 miliardi, che incidono per quasi il 16%, e l’azionario con poco più di 31 miliardi, corrispondenti al 5,2%.

Figura 1 – Composizione degli investimenti del settore Vita, classe C, anni 2013, 2020, 2021 e 2022
(valori in miliardi di euro)

Figura 1 – Composizione degli investimenti del settore Vita, classe C, anni 2013, 2020, 2021 e 2022 (valori in miliardi di euro)

Fonte: Decimo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2022”

Rispetto all’esposizione delle diverse Compagnie sull’obbligazionario e sull’azionario, dal Report emerge come, per il 2022, l'impresa assicuratrice che detiene il maggior numero di obbligazioni e titoli a reddito fisso è Poste Vita con un ammontare pari a 110,5 miliardi, quasi un quarto dell’investimento obbligazionario totale del settore, e seguita a distanza da Intesa Sanpaolo Vita con 72,3 miliardi (15,2%) e da Generali Italia (47,1 miliardi pari al 9,9%). Da segnalare, pressoché con la stessa incidenza percentuale, anche UnipolSai Assicurazioni (23,0 miliardi) e Genertel Life (22,9 miliardi).

Sul versante dell’equity, invece, la classifica cambia in maniera sostanziale. Al primo posto, staccando di gran lunga le altre Compagnie, si posiziona Assicurazioni Generali con oltre 12,8 miliardi investiti, equivalenti al 41% del totale. Segue poi un’altra società del Gruppo Generali, ovvero Generali Italia, con 5,6 miliardi di euro (17,7%). Al terzo posto, quindi, Intesa Sanpaolo Vita che investe circa 2,9 miliardi corrispondenti al 9,3% e, infine, Alleanza Assicurazioni (1,9 miliardi) e UnipolSai Assicurazioni (1,7 miliardi).

Un focus particolare meritano poi gli investimenti in OICR, a fine 2022 sul totale di 85,8 miliardi investiti, circa il 30% era destinato in fondi di debito, poco meno di un quarto (22,6%) in fondi di asset allocation, mentre un quinto del totale confluiva in fondi immobiliari. Interessante poi il confronto tra pre e post-pandemia. Nell’ultimo triennio la crescita maggiore si rileva nei fondi infrastrutturali che hanno visto più che raddoppiare la quota di capitali a loro destinata, seguono poi in termini di crescita relativa i fondi di private equity e i fondi di asset allocation, rispettivamente cresciuti del 44% e del 40%. Sul versante opposto, invece, le contrazioni maggiori sono ascrivibili ai fondi del mercato monetario (-43%) e ai fondi azionari (-32%).

Tabella 1 - Distribuzione dei fondi di investimento OICR a fine 2022 (esclusi i contratti linked

Tabella 1 - Distribuzione dei fondi di investimento OICR a fine 2022 (esclusi i contratti linked)
Fonte: Decimo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2022”

È importante poi sottolineare come, a eccezione degli investimenti in fondi comuni tradizionali e alternativi, la restante parte degli asset è gestita direttamente dalle Compagnie. Tuttavia, nonostante il tendenziale aumento dei tassi di interesse, che fino al 2021 sono stati molto bassi e prossimi allo zero o negativi per le scadenze brevi, è immaginabile che la quota investita in OICR, soprattutto alternativi, anche ai fini di una diversificazione dei rischi, di una maggiore decorrelazione e di un sempre più crescente interesse negli investimenti sostenibili e nell’economia reale domestica, possa aumentare nei prossimi anni garantendo anche rendimenti maggiormente in linea con le passività. 

Gli investimenti della seconda componente del settore Vita, vale a dire la classe D (polizze linked e fondi pensione), come visto in precedenza sono ammontati a fine 2022 a 207 miliardi, in contrazione dell’11,1% rispetto all’anno precedente. Andando a vedere la distribuzione per asset si osserva come i fondi di investimento hanno un’incidenza prossima all’85%, che in valori assoluti corrisponde a 174,8 miliardi di euro. La seconda asset class con l’incidenza maggiore è riferibile ai titoli di Stato che pesano per quasi il 6% (13,3 miliardi), mentre la terza, ovvero l’equity, vale il 4% corrispondenti a 9,2 miliardi. 

Tornando ai fondi di investimento, dei 174,8 miliardi totali l’incidenza maggiore è detenuta dai fondi a carattere azionario che pesano per il 44%; seguono poi i fondi di debito con un’incidenza del 34% e, a maggior distanza, i fondi di asset allocation con il 10,6%. Anche in questo caso il confronto tra i dati pre e post pandemia fornisce un importante spaccato di come è mutata la distribuzione tra le diverse asset class. I fondi infrastrutturali, che fino al 2019 non erano presenti, hanno visto una crescita di oltre il 2.813% (restano pur sempre un asset marginale che pesa per lo 0,2% però in costante aumento nell’ultimo triennio). Anche i fondi relativi al mercato monetario hanno registrato un importante sviluppo, con un incremento della quota di capitali a loro destinata prossima al 70%. D’altro canto, a risentirne sono stati maggiormente i fondi immobiliari che hanno perso in termini di incidenza percentuale quasi il 90%.

Il 2022, dunque, si è rivelato un anno di stress test importante per le imprese assicuratrici che hanno subito una prima battuta d’arresto dopo oltre un decennio di costante crescita. Purtroppo, "l’inciampo dei giganti" parrebbe continuare anche per il 2023, difatti la raccolta di nuovi premi Vita è ulteriormente calata nei primi 7 mesi (-5,8% rispetto al medesimo arco temporale 2022). Quest’anno sembra pertanto destinato a essere nuovamente negativo per il settore. 

I giganti non sono caduti (per fortuna) ma, sicuramente, l'ultimo biennio (e con ogni probabilità anche l’attuale) è stato difficile. Riprendendo e parafrasando le parole del Presidente IVASS Luigi Signorini, per risollevarsi dall’inciampo sarà importante tornare a valorizzare il ruolo più propriamente assicurativo della polizza rispetto a quello di un surrogato degli investimenti puramente finanziari.

Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

31/10/2023

 
 

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