Dalla tasso-pandemia alla febbre da inflazione?

Dopo anni di discesa dei tassi, con i conseguenti problemi sulla redditività e la solvibilità delle Compagnie soprattutto Vita, negli ultimi mesi si è assistito a un'inversione di rotta, causata da un fenomeno nuovo dalle radici antiche, la ripresa dell’inflazione

Matteo Riccardi

Nel primo semestre 2021 sono comparsi concreti timori di ripresa dell’inflazione, dopo anni in cui tale fenomeno sembrava dimenticato. Le aspettative di una rapida ripartenza dell’economia mondiale dopo la pausa forzata da crisi COVID-19, unitamente alla crescita dei prezzi delle materie prime, hanno innescato un generalizzato rialzo dei prezzi di beni e servizi, già tradottosi negli indicatori che misurano la crescita inflattiva, sia negli Stati Uniti che in Europa.

Se molti analisti ritengono che possa trattarsi di una situazione transitoria che subirà un assestamento una volta digerito lo strappo da ripartenza post-COVID-19, altri temono che la spinta inflattiva potrà trovare terreno fertile per ulteriore vigore nelle politiche monetarie delle Banche Centrali, che restano espansive in risposta alla crisi economica ancora in corso. È quindi opportuno interrogarsi sui potenziali effetti dell’inflazione sugli attivi in portafoglio delle Compagnie di Assicurazione italiane.

 

Un breve tuffo nel passato

È possibile citare due esempi storici introduttivi di crisi da inflazione, le cui conseguenze si sono pesantemente propagate nel tempo. In Italia, l’elevata inflazione degli anni Settanta ha fatto rapidamente dimenticare la spensieratezza dei gloriosi anni Sessanta; la successiva ripresa economica degli anni Ottanta è stata sospinta dalle svalutazioni competitive della lira e dall’esplosione del debito pubblico, distorsioni che ancora oggi zavorrano la nostra economia.

Emblematico è il caso dell’inflazione della Germania dei primi anni Venti del Novecento, a valle della Prima guerra mondiale e, peraltro, a ridosso di un fenomeno pandemico globale (la spagnola). Senza avventurarsi nelle teorie secondo cui l’iperinflazione favorì l’ascesa del nazismo, resta il dato che la paura dell’inflazione ha lasciato l’impronta nel DNA della Bundesbank, condizionando per decenni la politica monetaria di tutte le valute pre-euro e imponendo la linea del rigore monetario anche in occasione della nascita della BCE.

 

Impatto sulle Compagnie di Assicurazione Vita

Come sempre, l’impatto dei fenomeni finanziari sulle Compagnie assicurative va analizzato da molteplici punti di vista e raramente esistono risposte univoche. Per le Compagnie italiane, i titoli obbligazionari a lungo termine risultano spesso immobilizzati sul Bilancio civilistico. Le aspettative di inflazione determinano in prima battuta una salita con irripidimento delle curve dei rendimenti, ma il calo del valore di mercato delle obbligazioni a tasso fisso a lungo termine non dovrebbe tradursi “uno a uno” in effetti negativi sul Bilancio civilistico, grazie al paracadute delle immobilizzazioni.

Dal lato dell’ALM, un buon allineamento delle proiezioni dei flussi di cassa futuri dell’attivo e del passivo certamente aiuta ad attutire gli effetti del rischio inflazione, tenuto anche conto che i tassi minimi garantiti da riconoscere agli assicurati sono solitamente dei tassi fissi nominali (quindi non indicizzati all’inflazione). Meno favorevole può essere il caso delle Compagnie che nel recente passato abbiano aumentato troppo gli investimenti a lungo termine, per fronteggiare la discesa dei tassi.

Sul fronte Solvency II, i rischi potrebbero annidarsi nella volatilità dei fondi propri. L’aumento dei prezzi delle materie prime può tradursi in un aumento dei costi per le aziende emittenti di obbligazioni corporate e di azioni, con conseguente riduzione degli utili (quantomeno prima che l’aumento dei suddetti costi sia scaricato a valle sui prezzi finali) e da qui un calo dei prezzi degli strumenti finanziari.

Per i titoli di Stato italiani, potrebbe innescarsi una maggiore volatilità da spread, motivata dall’aumento delle proiezioni degli oneri futuri sul debito pubblico in uno scenario di rialzo dei tassi da inflazione. Esistono teorie opposte, secondo cui l’inflazione potrebbe favorire i soggetti molto indebitati (principalmente a tasso fisso), data la svalutazione in termini reali dei debiti stessi; tali teorie, seppure affascinanti, andrebbero considerate con cautela, alla luce della velocità con cui i mercati si adeguano a nuovi scenari. Sia per i titoli di Stato che per le obbligazioni corporate, occorrerà capire se le Banche Centrali intendano ridurre i programmi di acquisto sul mercato, deprimendo quindi i prezzi, nel caso in cui esse decidano che l’inflazione vada combattuta con politiche restrittive.

Esistono poi i beni reali (immobili o infrastrutture; meno diffusi sono gli investimenti in materie prime), in cui le Compagnie investono in varie forme; per definizione, essi possono proteggere dall’inflazione, almeno nel lungo periodo. Nella stessa categoria si potrebbero citare anche le obbligazioni indicizzate all’inflazione (compresi i titoli di Stato inflation-linked). Non è detto che in passato le Compagnie Vita ne avessero acquistati molti, perché, come citato sopra parlando di ALM, le passività raramente sono indicizzate all’inflazione; per il futuro, tali investimenti potrebbero diventare più diffusi. Simili possono essere le obbligazioni a tasso variabile tradizionali, purché il parametro di indicizzazione abbia movimenti correlati con l’andamento dell’inflazione.

Tornando agli attivi alternativi e illiquidi, occorrerà capire come private debt o private equity si comporteranno nel caso in cui lo scenario inflattivo dovesse prolungarsi. Gli interrogativi risiedono nella varietà di investimenti che sono raggruppate sotto queste due generiche classificazioni (e quindi nella potenziale varietà di risposte all’inflazione), nonché nella breve esperienza passata delle Compagnie italiane in tali investimenti. Da quando le Assicurazioni italiane hanno iniziato a investire in attivi alternativi non si è mai verificata una crisi da inflazione e, com'è noto, l’incertezza e l’essere pionieri nelle novità di solito non sono graditi agli investitori.

Solo nei prossimi mesi saremo in grado di valutare se effettivamente si è aperta una stagione nuova per le strategie di investimento del settore assicurativo.

 Matteo Riccardi, Direttore Finanza BPM Vita

21/7/2021

 
 

Ti potrebbe interessare anche