La revisione di Solvency II e la posizione dell'industria assicurativa italiana

Dalla sua entrata in vigore nel 2016, Solvency II ha dimostrato il suo valore: ecco perché l'attuale (e necessario) processo di revisione deve essere condotto salvaguardando gli obiettivi della regolamentazione, vale a dire protezione degli assicurati e stabilità finanziaria delle imprese 

Edoardo Marullo Reedtz

Rappresentando, in termini di volume investito, il principale investitore istituzionale europeo, le imprese di assicurazione possono e devono rivestire un ruolo fondamentale nei mercati finanziari; sono in grado, infatti, di produrre effetti benefici diversificati, agendo con logiche anticicliche e con strategie sostenibili e di lungo termine, il tutto sorretto dalla solidità finanziaria che contraddistingue il business model assicurativo. Proprio in virtù delle caratteristiche appena descritte, è quindi necessario che le imprese di assicurazione possano muoversi in un contesto prudenziale che, attraverso una corretta calibrazione dei rischi propri dell’attività assicurativa, possa produrre sani incentivi di risk management piuttosto che alimentare strozzature o arbitraggi regolamentari tra categorie di attivi e/o di prodotti.

Più in generale, l’industria assicurativa europea può svolgere un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi relativi alla Capital Market Union e di quelli relativi al Green Deal. Questi obiettivi sono divenuti ancor più urgenti e necessari con l’avvento della crisi pandemica degli ultimi anni; se consideriamo le sfide che il settore ha dovuto affrontare proprio nell’ultimo periodo, è fuori dubbio che agli obiettivi comunitari già in programma, ne vadano aggiunti di nuovi (come, ad esempio, quelli legati all’assistenza sanitaria e al cosiddetto “protection gap”). Un quadro prudenziale efficiente dovrà quindi anche tenere in considerazione obiettivi più generali, formulando risposte adeguate. 

Partendo dalle considerazioni appena effettuate è perciò facile comprendere perché la revisione di Solvency II è da considerarsi un passo cruciale per il riequilibrio di un quadro regolamentare altamente complesso ed estremamente impattante per l’industria assicurativa europea. Nel settembre 2021 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di proposte di modifica della regolamentazione Solvency II, entrata in vigore l’1 gennaio 2016, contenente una proposta legislativa per modificare la Direttiva Solvency II (Direttiva 2009/138/CE, Level 1) ora all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio per la consueta procedura di codecisione. Le misure proposte sono il prodotto di un percorso che è durato oltre due anni e in cui la Commissione si è avvalsa anche della consulenza tecnica di EIOPA, tramite due consultazioni e tre studi di impatto che hanno condotto all’Opinion EIOPA pubblicata il 17 dicembre 2020. 

Il testo della proposta contiene alcune misure particolarmente degne di attenzione per quanto riguarda il settore assicurativo italiano e i suoi investimenti; tra queste, spiccano le possibili modifiche da apportare alla modalità di calcolo del Volatility Adjustment - lo strumento volto ad attutire gli impatti della volatilità artificiale presente nei mercati finanziari e che, fino a oggi e proprio nei momenti più critici, ha dimostrato di non funzionare adeguatamente. Esse si accompagnano ad altre proposte di rilievo come quelle legate al meccanismo di estrapolazione della curva dei tassi risk-free utilizzata dalle imprese per l’attualizzazione delle riserve tecniche, quelle legate alla necessità di riflettere l’esistenza di tassi di interesse negativi nel relativo sottomodulo di rischio, quelle connesse al ribilanciamento del Risk Margin e quelle legate alla necessità di rendere finalmente accessibile il sottomodulo di rischio che dovrebbe riflettere la ridotta rischiosità delle strategie azionarie di lungo termine delle imprese. Nei piani della Commissione europea c’è, inoltre, l’intenzione di rafforzare le misure in tema di proporzionalità e semplificazione - con la definizione di una nuova categoria di imprese a basso profilo di rischio - e di reportistica, gli strumenti di natura macroprudenziale presenti nel framework normativo in tema, soprattutto, di ORSA, principio della persona prudente e gestione della liquidità. 

Il numero e la pervasività degli interventi in programma porteranno quindi a una profonda evoluzione del quadro regolamentare, soprattutto per quanto riguarda le imprese italiane. È senza dubbio da considerarsi positivo che la Commissione europea abbia espressamente considerato la necessità di una ricalibrazione dei requisiti patrimoniali basati sul rischio e di intervenire sulle misure per la valutazione delle passività a lungo termine, per la mitigazione degli eccessi della volatilità di breve termine e il rafforzamento del principio di proporzionalità. Si tratterebbe di un’evoluzione che, ad esempio, potrebbe finalmente consentire alle Compagnie italiane di beneficiare appieno, così come gli altri Paesi europei, del Volatility Adjustment senza essere ingiustamente penalizzate da errate calibrazioni introdotte sin dalla sua entrata in vigore nel 2016 e mai corrette. È perciò fondamentale che i progressi fatti dalla Commissione in termini, ad esempio, di attivazione della componente nazionale (attraverso una rimodulazione di parametri di attivazione) o di rescaling dei pesi del portafoglio, non siano vanificati da altre modifiche proposte per il Volatility Adjustment, come l’introduzione di una nuova metodologia per il calcolo dello spread corretto per il rischio; quest’ultima avrebbe l’effetto di introdurre un forte elemento di prociclicità in una misura, per definizione, anticiclica. 

Altrettanto importante è che vengano implementate opportune modifiche ai criteri per l’attribuzione di un trattamento “agevolato” agli attivi azionari di lungo periodo, per consentirne l’accessibilità nel maggior numero di Paesi europei possibile. Pur essendo, infatti, già riconosciuto il carattere “meno rischioso” di tale tipologia di attivi all’interno del framework Solvency II - nonché previsto da alcune modifiche apportate agli Atti Delegati nel 2019 – a oggi quasi nessuna Compagnia europea riesce ad accedervi a causa di criteri eccessivamente restrittivi o non in linea con le caratteristiche di business nazionali. Infine, ma non ultima in ordine di importanza, la nuova metodologia di calcolo per la valutazione dei requisiti prudenziali per il rischio di tasso di interesse, se non rivista alla luce di alcune importanti considerazioni, rischierebbe di penalizzare le Compagnie di Assicurazione in maniera ingiustificata. Se da un lato, infatti, l’andamento dei tassi di interesse negli ultimi anni mostra come sia realistica ed economicamente giustificata l’introduzione nel framework normativo di uno “scenario di shock con tassi negativi” (cosa, a oggi, non considerata), non lo è altrettanto l’assenza di un limite inferiore al livello dei tassi raggiungibili in tali scenari. Ciò non tiene conto, infatti, delle peculiarità del business assicurativo e, più in generale, dell’efficiente funzionamento dei mercati finanziari. 

Più in generale, Solvency II ha dimostrato il suo valore e raggiunto molti obiettivi sin dalla sua entrata in vigore, l’1 gennaio 2016. L’attuale processo di revisione dovrebbe perseguire una giustificata riduzione, sia in termini quantitativi sia in termini di volatilità, dei requisiti patrimoniali; ciò spesso implica una modifica dell’approccio estremamente prudenziale adottato finora dal legislatore. Questo può esser fatto salvaguardando, al tempo stesso, gli obiettivi chiave della regolamentazione, ossia la protezione degli assicurati e la stabilità finanziaria delle imprese.

Edoardo Marullo Reedtz, Head of Solvency Department ANIA

30/5/2022 

 
 

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