L'Italia che invecchia anche dopo COVID-19

Diminuiscono le nascite e aumentano, a causa della pandemia di COVID-19, i decessi: nel 2020 la popolazione italiana cala dello 0,7% ma continua a invecchiare, con un'età media salita a 45,5 anni. Ecco alcuni dei principali spunti sulla demografia del Paese emersi dall'ultimo Censimento Istat

Mara Guarino e Melania Turconi

A inizio dicembre è stato pubblicato dall’Istituto Nazionale di Statistica il Censimento della Popolazione italiana relativo al 2020: al 31/12/2020, data di riferimento di questa terza edizione, la popolazione italiana contava 59.236.213 residenti, in calo dello 0,7% rispetto al 2019.

 

Come la pandemia ha influenzato la dinamica della popolazione italiana

Un calo attribuibile prevalentemente alla dinamica demografica recessiva registrata tra l’1 gennaio e il 31 dicembre 2020 (-362.507 unità), cui si sono sommati gli effetti di alcuni aggiustamenti statistici sul conteggio della popolazione abitualmente dimorante (-42.768 unità). Sul banco degli imputati COVID-19: il nuovo record negativo delle nascite (405mila) e l’elevato numero di decessi (740mila), uniti a una contrazione del saldo migratorio, aggravano infatti – come si legge nel report pubblicato dall’Istat – una dinamica naturale negativa che comunque già da tempo caratterizza il nostro Paese. Con il risultato che, nel 2020, il deficit di sostituzione naturale tra nati e morti ha fatto segnare un valore di -335mila unità,  inferiore solo a quello record (in negativo) del 1918, anno in cui l’influenza spagnola contribuì a determinare quasi la metà degli oltre 1,3 milioni di decessi contati in quell’anno. 

Se la denatalità, che mostra peraltro un calo generalizzato lungo tutta la Penisola ma comunque più accentuato al Nord-Ovest (-4,3%) e al Sud (-3,8%) trova comunque spiegazioni in fattori – come progressiva riduzione della popolazione in età feconda, posticipazione della maternità, difficoltà di conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa - che, irrisolti, stanno accompagnando il calo delle nascite ormai da un decennio a questa parte, è fuor di dubbio che le statistiche sui decessi siano invece fortemente condizionate dalla pandemia e, in particolare, dalle morti causate direttamente e indirettamente da SARS-CoV-2. La stessa Istat, nel suo Censimento, sottolinea infatti un eccesso di mortalità - +16,7% rispetto al 2019 – più marcato in alcune aree del Paese, come il Nord-Ovest (+30,2%) e in particolare la Lombardia (+35,6% rispetto al 2019 e nettamente al di sopra anche della media nazionale). Con i suoi 746.146 decessi, il 2020 è l’anno peggiore della storia italiana del Dopoguerra.

Nonostante le misure di contenimento dei contagi sui flussi migratori, specie internazionali, cresce invece la componente straniera della popolazione, la cui incidenza si attesta a 8,7 stranieri ogni 100 censiti: in questo caso però, precisa l’Istituto, la ragione è da individuare prevalentemente nella diversa metodologia adottata rispetto agli anni precedenti (2019 e 2018).

 

COVID-19 non arresta l’invecchiamento ma cala la speranza di vita 

Dal Censimento Istat emergono però anche alcune considerazioni interessanti sulla composizione della popolazione italiana, sempre più agée malgrado l’impatto particolarmente severo della pandemia nei confronti degli over 65 potesse lasciar immaginare una dolorosa inversione di tendenza. Al contrario, complici la discesa delle nascite e un tasso di fecondità delle cittadine italiane ai minimi storici, la struttura per età si conferma anche nel 2020 molto squilibrata a favore della componente anziana della popolazione: rispetto all’anno precedente per entrambi i generi scende leggermente il peso percentuale delle classi 25-29, 35-39, 40-44 e 75-79 anni, mentre aumenta (sempre di poco) quello delle classi 55-59, 60-64 e 70-74 anni. Nel 2020, per ogni bambino sotto i 6 anni di età si contano 5,1 anziani a livello nazionale. 

Si innalza di conseguenza l’età media, che sale da 45 a 45,4 anni, seppur con alcune significative variazioni a livello geografico: con un’età media di 42,8 anni (erano 42 nel 2019), la Campania è la regione più giovane d’Italia, mentre la Liguria – anche nel 2020 l’età media è di 48,7 anni – si conferma quella più anziana. 

Figura 1 – Piramide delle età e genere della popolazione residente (anni 2019 e 2020)

Figura 1 – Piramide delle età e genere della popolazione residente (anni 2019 e 2020)

Fonte: “Popolazione residente e dinamica demografica. Anno 2020”, Istat

D’altra parte, la speranza di vita alla nascita scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Più penalizzati gli uomini, per i quali cala a 79,7 anni, vale a dire 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno. Analogamente, in calo anche la speranza di vita a 65 anni, che si riduce a 19,9 anni (18,2 per gli uomini, 21,6 per le donne).

 


Nascite e mortalità: quali le stime sul 2021? 

In attesa di dati definitivi, la crisi sanitaria sembra aver accentuato il calo dei nati anche nell’anno appena concluso: se già nel 2020 la diminuzione si è rilevata più accentuata proprio nei mesi in cui si cominciavano a contare le nascite concepite all’inizio dell’ondata pandemica, vale a dire novembre (-8,3% rispetto a novembre 2019) e dicembre (-10,7%), le stime provvisorie di gennaio-settembre 2021 contano già un calo dei nuovi nati per oltre 12mila unità

Per quanto riguarda invece la mortalità, l’ultimo Report sulla mortalità totale della popolazione residente realizzato congiuntamente dall’Istat e dall’Istituto Superiore di Sanità (anno 2020 e gennaio-aprile 2021) evidenzia come, a partire da marzo 2021, si comincino a osservare gli effetti positivi della campagna vaccinale nei confronti dei soggetti più fragili. Se da un lato l’eccesso di decessi, rispetto al dato medio dello stesso mese del periodo 2015-2019, continua ad essere attribuibile per quasi il 90% ai morti di 65 anni e più, dall’altro va rilevato come rispetto al picco di marzo 2020 il calo più significativo riguardi gli over 80: il crollo della mortalità in questa classe anagrafica spiega da solo il 70% della diminuzione dei decessi totali osservata tra marzo 2020 e marzo 2021, mentre un altro 26% è dovuto alla minore mortalità all’interno della fascia 65-79 anni. 

Malgrado alcuni chiari segnali di miglioramento rispetto ai primi mesi di pandemia, tra nuove ondate, varianti e scenari socio-sanitari ancora incerti, i numeri restano però severi e da tenere sotto attento controllo: è ancora presto quindi per capire quale Italia ci lascerà in eredità il nuovo coronavirus. 

Mara Guarino e Melania Turconi, Itinerari Previdenziali 

7/1/2022

 
 
 

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