Italiani e risparmio: cento anni di cultura (ma solo un terzo investe)

I dati dell'ultima indagine Acri-Ipsos, presentata in occasione della 100esima Giornata Mondiale del Risparmio, confermano l'immagine di buoni risparmiatori che gli italiani si sono costruiti nel tempo. Molto di più si potrebbe però fare in materia di investimenti e cultura finanziaria

Melania Turconi

Lungo un secolo caratterizzato da profondi mutamenti economici, sociali e culturali, com’è cambiato nel nostro Paese l’approccio al risparmio? Questa la domanda che ha animato, lo scorso 31 ottobre, la 100esima Giornata Nazionale del Risparmio, durante la quale Acri ha presentato, in collaborazione con Ipsos, l’indagine «1924-2024: Cento anni di cultura del risparmio». Un’utile fotografia di come gli italiani gestiscano e vivano il rapporto con il denaro alla luce sia della loro situazione personale sia dei recenti scenari economico-finanziari, ma anche un’occasione per riflettere su come la cultura finanziaria dei nostri connazionali si sia evoluta attraverso le generazioni. 

Pur da sempre considerato un pilastro fondamentale della gestione finanziaria personale, il modo in cui il risparmio è percepito e approcciato dagli italiani ha in effetti subito nel tempo una trasformazione significativa. Tant’è che, mentre in passato il risparmio era un concetto legato soprattutto all’importanza di garantire sicurezza familiare contro le incertezze economiche e veniva pertanto associato in primis a virtù come prudenza e saggezza, oggi è considerato principalmente come una necessità per garantire tranquillità e stabilità economica. Una concezione radicata nel 38% degli intervistati ma ancora di più nella generazione dei cosiddetti Boomers, presso i quali il dato tocca addirittura quota 46%. Inevitabili divergenze generazionali emergono del resto anche e a maggior ragione nel confronto con i più giovani che, più orientati sul presente, sono ben consapevoli di avere obiettivi di risparmio differenti rispetto a quelli dei genitori: il 63% dei GenZ e il 64% dei Millennials dichiarano di inseguire principalmente le proprie priorità, a fronte del 56% registrato dal totale. A rafforzare tale convinzione aumento del costo della vita, un mercato del lavoro diverso rispetto al passato e, più in generale, nuovi stili di vita: tutti fattori che avrebbero inciso, secondo i rispondenti alla survey Acri-Ipsos, su una diversa capacità di gestire le proprie finanze. 

Figura 1 – Obiettivi e priorità di risparmio: generazioni a confronto

Figura 1 – Obiettivi e priorità di risparmio: generazioni a confronto

Fonte: indagine Acri-Ipsos «1924-2024: Cento anni di cultura del risparmio»

Trasversalmente alle diverse generazioni, resta comunque alta la propensione al risparmio nel nostro Paese, quando possibile.


L’attuale scenario economico: un cauto ottimismo 

Una propensione che trova forse complicità anche in uno scenario apparentemente meno problematico rispetto al recente passato. Come certificato dalla stessa Istat, dopo un 2022 segnato dall’avvio del conflitto in Ucraina, dall’impennata dell’inflazione e dell’aumento del costo dell’energia, in Italia migliora per il secondo anno consecutivo la fiducia per il clima economico. Nona caso, i dati dell’indagine Acri-Ipsos evidenziano di riflesso anche un miglioramento nel tenore di vita delle famigliepersino nel confronto con la situazione pre-pandemica. I soddisfatti per la propria situazione economica crescono così dal 56% al 64%, il che spiega tutto sommato facilmente anche la ragione per la quale le aspettative degli italiani sul futuro siano di fiducia anche rispetto alle proprie capacità personali di risparmio. A dare serenità anche l’essere riusciti a gestire bene gli ultimi difficili anni, oltre a delle attese per l’economia mondiale superiori rispetto all’ultimo biennio, per quanto non eccessivamente elevate. 

Interessante, tuttavia, rimarcare a riguardo come a un quadro di cauto ottimismo a livello globale faccia da contraltare un indebolimento della fiducia nell’Unione Europea e nell’euro, soprattutto da parte delle fasce di età più matura. Più positive le nuove generazioni e in particolare i 18-30enni, fermo restando che 1 intervistato su 6 ritiene l’uscita dall’UE un grave errore, a prescindere dall’età. 

 

Italiani, si conferma il trend: buoni risparmiatori ma poco inclini agli investimenti 

Se è vero che quasi la metà delle famiglie riesce a risparmiare, e lo fa oltretutto con meno ansie e preoccupazioni che in passato, lo è altrettanto che le scelte degli italiani rimangono stabili nel segno di una certa cautela nell’approccio agli investimenti. Insomma, in ambito finanziario, la ricerca Acri-Ipsos fotografa una nazione fin troppo prudente e dunque poco incline a investire, forse nel timore di fare il classico “passo più lungo della gamba”. Circa due terzi degli intervistati scelgono di non investire, prediligendo la presunta sicurezza percepita dalla liquidità: solo un terzo investe, e spesso solo una piccola parte dei propri risparmi, per quanto venga registrata una lieve crescita dei più propensi al rischio (9% a fronte del 7% del 2023). 

D’altro canto, per il 40% degli italiani l’accumulo di denaro è fine a sé stesso, un’indole che non necessita di ulteriori motivazioni. Solo il 60% di chi risparmia ha una progettualità specifica, la quale sembra però andare comunque di pari passo con una spiccata propensione verso la liquidità: in linea con lo scorso anno (62%), il 63% manifesta la propria preferenza nel mantenere il proprio a disposizione sul conto corrente. 

Figura 2 – Le preferenze in termini di scelte di risparmio e investimento

Figura 2 – Le preferenze in termini di scelte di risparmio e investimento

Fonte: indagine Acri-Ipsos «1924-2024: Cento anni di cultura del risparmio»

Guardando invece agli “investitori”, dalla nuova edizione dell’indagine Acri-Ipsos sembra emergere un (piccolo) ridimensionamento dell’inclinazione verso strumenti finanziari più sicuri osservata nel 2023, verosimilmente anche per effetto della discesa dei tassi di interesse sui titoli di Stato e sui tradizionali strumenti di risparmio. Nel realizzare le proprie scelte di investimento, a ogni modo, gli italiani dichiarano di guardare soprattutto alla rischiosità dell’investimento (33%), per quanto anche l’impatto positivo su ambiente e società (20%) sia ben considerato, a riprova della sempre maggiore penetrazione di finanza SRI e principi ESG. Temi particolarmente cari soprattutto alla Gen Z che superano la media complessiva con il 23%; le persone nate tra i medio-tardi anni Novanta del XX secolo e i primi anni Duemiladieci si mostrano poi più interessate delle altre ai rendimenti: il 19% lo considera l’aspetto prioritario dell’investimento, a fronte del 16% della media complessiva. 

 

Il valore del risparmio per lo sviluppo del Paese

Come evidenziato dall’indagine, il risparmio continua a confermarsi quindi un elemento centrale per gli italiani, benché nel corso degli anni sia cambiato l’approccio al concetto di accantonamento del denaro: se, in passato, si era più legati alle esigenze della famiglia, oggi si è mossi da obiettivi diversi, tra cui la realizzazione personale che può appunto anche passare dall’impatto generato dai propri risparmi su crescita e sviluppo del Paese. È in particolare la dimensione sociale a restare, secondo Acri e Ipsos, profondamente radicata nella nostra realtà. Almeno 1 italiano su 6 effettua donazioni in denaro e 1 su 2 dichiara di partecipare almeno una volta l’anno ad attività di volontariato a favore di associazioni e organizzazioni senza scopo di lucro. 

Malgrado ci sia ancora molto lavoro da fare, soprattutto sul fronte dell’educazione finanziaria (con particolare attenzione verso i più giovani), il bilancio di questi primi cent’anni si può insomma considerare timidamente positivo: buona l’attitudine al risparmio, da considerare  invece come potenziale criticità la scarsa inclinazione a “sfidare le insidie” degli investimenti. In uno scenario economico-finanziario tanto incerto, con l’incognita inflazione non ancora del tutto accantonata, accumulare soldi nel salvadanaio sarà davvero la scelta più corretta… o, forse, il rischio è maggiore? 

Melania Turconi, Itinerari Previdenziali

26/11/2024

 
 
 

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